Poliziotti cinesi condannati a meno di tre anni: hanno torturato a morte un giovane
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il governo centrale cinese ha condannato a meno di tre anni di galera quattro agenti di polizia, riconosciuti colpevoli di aver torturato fino alla morte uno studente liceale della provincia settentrionale dello Shaanxi. Il caso del giovane, l’arresto e la cortissima condanna dei colpevoli hanno scatenato un nuovo dibattito interno sulla condizione delle carceri in Cina. La notizia del rilascio dei quattro poliziotti è stata confermata ieri notte dall’agenzia di stampa governativa Xinhua.
I quattro – fra cui un capo della polizia locale – sono stati condannati con l’accusa di abuso di potere: l’uso della tortura, da loro ammesso, serviva ad ottenere dallo studente una confessione. Il giovane 19enne Xu Gengrong, infatti, era stato fermato il 1° marzo 2009 perché ritenuto coinvolto nell’omicidio di una studentessa. Dopo sette giorni in cella, è morto a causa delle violenze subite.
Il governo locale ha cercato di insabbiare l’accaduto. La famiglia di Xu, infatti, ha preteso di vedere il cadavere e ha scoperto dei chiari segni di tortura sul corpo: per convincerli a tacere, i dirigenti comunisti locali hanno versato al padre di Xu 1.200 euro per le spese del funerale ed ha promesso alcuni “benefici” a tutta la famiglia. Il 28 marzo, l’autopsia ha dichiarato che la causa della morte era stata “un attacco cardiaco, provocato dall’affaticamento”.
I familiari non si sono arresi: hanno riesumato il cadavere del giovane, lo hanno messo in una bara ibernante e hanno chiesto ufficialmente nuove indagini. La seconda autopsia ha evidenziato abrasioni sul corpo, traumi ossei e un’emorragia cerebrale. Inoltre, secondo i medici gli agenti hanno impedito a Xu di bere per lungo tempo, dato che sono stati trovati nello stomaco soltanto 10 millilitri di liquido.
La popolazione locale si è unita alla famiglia per chiedere giustizia, e un’indagine interna ha accusato sei membri della polizia di aver ucciso il giovane. Ora però il verdetto ha riaperto le polemiche, anche perché fra gennaio e marzo 2009 sono morte in prigione 15 persone. Di queste, 7 sono state picchiate a morte; 3 si sono suicidate e 2 sono morte per “incidenti”. Sugli altri 3 casi sono ancora in corso delle indagini.
Un’inchiesta delle Nazioni Unite nelle carceri cinesi ha definito l’uso della tortura in Cina “ancora ampiamente diffuso”. Pechino ha promesso un intervento centrale per cercare di fermare gli abusi di potere da parte delle forze di polizia locale, ma rimangono altissimi i sospetti sulle “confessioni” con cui vengono poi condannate a pene detentive personalità religiose e attivisti per i diritti civili.