14/07/2022, 12.50
SUDEST ASIATICO
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Pochi immigrati, ripresa a rischio in Malaysia e Thailandia

di Steve Suwannarat

Il blocco del flusso dall'Indonesia legato a un contenzioso sul reclutamento rischia di mettere in ginocchio i produttori malesi di olio di palma. Ma anche a Bangkok la Camera di commercio stima una carenza di almeno 500mila lavoratori stranieri nella fase post-Covid.

Bangkok (AsiaNews) - La ripresa economica di Paesi a forte propensione manifatturiera e agricola nel Sud-Est asiatico rischia di essere compromessa o comunque rallentata dalla scarsità di manodopera, conseguenza della difficoltà di disporre di un numero adeguato di immigrati. Le restrizioni ai movimenti transfrontalieri dovute alla pandemia, le nuove situazioni che questa ha creato per diversi ambiti produttivi e leggi inadeguate oppure superate ne sono la causa. Il problema tocca in particolare due Paesi, Thailandia e Malaysia, al secondo e sesto posto quanto a dimensioni economiche nella regione, tradizionalmente dipendenti dall’immigrazione.

La comunicazione del 13 luglio con cui l’Indonesia ha fermato provvisoriamente il flusso di suoi migranti per lavoro verso la Malaysia avrebbe alla base il mancato rispetto degli accordi di reclutamento tra i due Paesi. Un contenzioso che si ripresenta periodicamente, accanto alla problematica di molti immigrati che arrivano in Malaysia dal vicino arcipelago senza i regolari documenti. Il provvedimento rischia ora di mettere in ginocchio la produzione di olio di palma, di cui la Malaysia è il secondo produttore mondiale (dopo l’Indonesia), in cui la mancanza di manodopera è stimata in 1,2 milioni di individui. Sono ben 20mila le aziende malaysiane, per metà nel comparto agricolo, ad aver fatto richiesta di personale straniero, richiesto soprattutto ai tradizionali fornitori di manodopera: Indonesia, Bangladesh e Nepal.

Sotto accusa sarebbe soprattutto il sistema di reclutamento online per le lavoratrici domestiche, anche in passato sospettato di essere aperto allo sfruttamento e al reclutamento illegale da parte del racket. In particolare, secondo le autorità indonesiane, la prassi ancora usata non terrebbe conto di un accordo dello scorso aprile per meglio tutelare questa categoria particolarmente vulnerabile.

Anche la Thailandia - Paese importatore di manodopera per alimentare i settori edilizio, agricolo, della pesca e del turismo, ma anche esportatore di manodopera per diverse tipologie d’impiego - subisce una situazione nuova, con una carenza rilevata dalla Camera di commercio nazionale di oltre 500mila immigrati, pari ad almeno un quinto della sua attuale forza lavoro straniera in maggioranza proveniente da Myanmar, Cambogia e Laos. Lo stesso ente ha rilevato che sarebbero 3-4 milioni i lavoratori necessari alla ripresa dell’economia, ma al momento, conferma il Dipartimento per l’Occupazione del ministero del Lavoro sarebbero appena 2,5 milioni quelli registrati nel Paese.

La speranza è che il loro numero salga a almeno tre milioni entro l’anno, con maggiori facilitazioni concesse alla regolarizzazione di molti stranieri presenti illegalmente. Tra questi molti immigrati dal Vietnam, dando loro la possibilità di risiedere e lavorare in Thailandia fino a febbraio 2025.

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