Plenum: lo stato di diritto "garantito" dal Partito comunista cinese
Pechino (AsiaNews) - Il Partito comunista cinese è il "cuore" e la garanzia dello stato di diritto nel Paese; la leadership del Partito è la "fondamentale garanzia" verso un sempre maggiore rispetto della legge e della costituzione: sono queste le solenni conclusioni del Quarto Plenum del 18mo Comitato centrale del Partito comunista cinese, che dal 20 al 23 ottobre si è radunato nell'hotel Jinxi a Pechino per mettere a fuoco il valore della costituzione e del sistema legale nel Paese.
Un comunicato emesso alla fine dell'incontro afferma che il Pcc vuole attuare uno stato di diritto "con caratteristiche cinesi" e costruire una nazione sotto "uno stato di diritto socialista".
A questo scopo, l'Assemblea nazionale del popolo (il parlamento cinese) viene incaricata di vigilare sull'applicazione della costituzione. Attraverso uno speciale comitato, l'Anp garantità maggiore indipendenza ai giudici e cercherà di limitare l'influenza di governatori locali su casi giudiziari e su tribunali. Coloro che cercano di influenzare l'operato delle corti saranno denunciati pubblicamente.
E' la prima volta nella storia del Partito che si esige libertà per i giudici dall'ingerenza dei capi locali. Le cronache della Cina sono piene di petizioni, rivolte familiari, rivolte sociali a causa di casi giudiziari che danno ragione a priori ai governatori locali.
Nonostante ciò, molti analisti si domandano se questo porterà davvero a un rispetto della legge e dei diritti delle persone.
Il cuore della questione è se il Partito come tale è sotto la costituzione e sotto la legge. Con le indicazioni di questo Plenum si contrasta l'operato di membri del Partito alla base o nei quadri intermedi, ma non si capisce quanto la leadership stessa sottostia allo stato di diritto. Nel comunicato si afferma che la leadership è la "garanzia" dell'attuazione delle leggi e della costituzione.
All'inizio della sua salita al potere, alla fine del 2012, Xi Jinping aveva affermato che "nessuna organizzazione o individuo ha lo speciale diritto di essere sopra la costituzione e la legge, e ogni violazione della costituzione e della legge deve essere investigata". I liberali del Partito avevano sperato che queste parole avrebbero portato a una divisione dei poteri al vertice e a una sottomissione del Partito alle leggi. In realtà in seguito i giornali ufficiali hanno stigmatizzato queste posizioni come "costituzionalismo" e come un tentativo di attentare alla leadership del Partito inserendo una "democrazia di tipo occidentale", da escludere del tutto.
Il comunicato del Plenum non risolve il nodo, anzi ribadisce il carattere "cinese" di questo stato di diritto, che pone il monopolio del potere nelle mani del Partito.
In qualche modo, dunque, questo affermare il ruolo della legge e ponendo la leadershiop come garante, rafforza ancora di più il potere dei vertici, minacciando però i singoli membri a seguire la legge, per evitare la crisi del Partito soffocato dalla corruzione e dalle ingiustizie.
Quasi a dare l'esempio, cinque alti membri - Li Dongsheng, Jiang Jiemin, Wang Yongchun, Li Chuncheng e Wan Qingliang - insieme al generale Yang Jinshan sono stati espulsi dal Partito.
Tutti loro sono accusati di corruzione e saranno perseguiti. I primi quattro sono legati all'inchiesta attorno all'operato di Zhou Yongkang, ex capo della Sicurezza, sul cui destino il Plenum non si è pronunciato, forse per una divisione interna.
Li Dongsheng, Jiang e Yang erano membri del Comitato centrale. I loro posti sono stati occupati da Ma Jiantang, capo dell'Ufficio nazionale di Statistiche; Wang Zuo'an, responsabile dell'Ufficio affari religiosi; Mao Wanchun, membro del Comitato permanente dello Shaanxi.
Secondo lo statista Bao Tong, l'unico modo per fermare la corruzione così diffusa fra i quadri, è necessario limitare il potere assoluto del Partito.
24/10/2016 14:27
28/03/2019 08:35