12/01/2010, 00.00
INDIA
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Più forte dello tsunami: il giubileo della Chiesa nelle Andamane

di Nirmala Carvalho
Il 16 e 17 gennaio 2010 si chiudono le celebrazioni per i 25 anni di vita della diocesi di Port Blair e di episcopato del vescovo locale. Mons. Dias: l’onda anomala “madre di tutte le sfide”, ma la ricostruzione è avvenuta “a tempo di record”. Evangelizzazione e dialogo interreligioso le sfide di una realtà isolata dal Paese.
Port Blair (AsiaNews) – “Ho nel cuore un senso di profonda gratitudine verso Dio, che mi è rimasto accanto in questi 25 anni. La Vergine Maria cantava ‘l’anima mia magnifica il Signore’ e queste parole, insieme alla devozione per la Madonna, esprimono ciò che sento”. Nel 2009 mons. Alex Dias, primo vescovo di Port Blair, ha celebrato il Giubileo d’argento della diocesi e i 25 anni di episcopato, segnati dalla tragedia dello tsunami che il 26 dicembre 2004 ha devastato la città e una larga parte delle isole Andamane e Nicobare. “Un’esperienza scioccante – racconta ad AsiaNews – chiese, scuole, conventi, farmacie e ospedali spazzati via. Ma, grazie a Dio, siamo riusciti a ricostruire a tempo di record”.
 
Le prime tracce della presenza cristiana nella zona risalgono al 1690. P. Angelo, francescano portoghese della missione di Pegu, dal sud della ex-Birmania si trasferisce a Car Nicobar e avvia l’opera di evangelizzazione. Secoli dopo, il 15 dicembre 1965, due sacerdoti della Società dei Missionari di San Francesco Saverio si stabiliscono a Port Blair e fondano una comunità locale, aprendo due parrocchie. Un’opera che si conclude con l’erezione, il 18 agosto 1984, della diocesi locale, affidata alla cura pastorale di mons. Alex Dias.
 
Nei 25 anni di vita, la diocesi ha registrato una continua crescita: dalle iniziali cinque parrocchie, oggi ve ne sono 14; aumentato anche il numero dei sacerdoti, che da 15 sono passati a 45; da tre a 10 congregazioni di suore, fra cui le Missionarie della carità di Madre Teresa, la prima ad accogliere la richiesta di aiuto del prelato al quale ha risposto: “Vescovo, le affido cinque suore; lei, per favore, mi dia vocazioni”. I cattolici sono circa 40mila (su un totale di poco superiore ai 100mila abitanti) e si suddividono in quattro gruppi: le comunità adhivasi, tamil, malayalee e i gruppi tribali.
 
La cerimonia di apertura del Giubileo d’argento della diocesi si è tenuta il 18 gennaio 2009 e, a un anno di distanza, il 16 e il 17 gennaio 2010 è in programma la chiusura. “È una realtà completamente diversa – spiega il vescovo – da tutte le altre diocesi del Paese. Le più vicine sono Calcutta o Chennai, distanti due ore di aereo da Port Blair. I mezzi di comunicazione sono scarsi, in molti casi inesistenti. Quando lascio la curia per le visite pastorali, solo al rientro vengo a saper ciò che è successo durante la mia assenza”.
 
La missione si svolge a contatto con le popolazioni tribali e le diverse etnie stanziate sull’isola, ma – precisa mons. Dias – l’apostolato “abbraccia anche i fedeli delle altre religioni”. Ospedali, farmacie e scuole “sono aperti a tutti” e “manteniamo aperti i canali di contatto” attraverso incontri ecumenici e il dialogo interreligioso.
 
Il prelato ricorda i primi anni di vita della diocesi, costellati di difficoltà perché “dovevo costruire tutto, dalla casa del vescovo alle chiese, i presbiteri, le scuole, i conventi, i centri pastorali”. Una sfida vinta grazie al sostegno dei Missionari di san Francesco Saverio, verso i quali “provo un profondo senso di gratitudine”. L’obiettivo, però, era la nascita del clero locale, per “garantire stabilità” alla vita della diocesi. “La crescita nel numero di parrocchie – racconta – comporta anche maggiore lavoro” e attenzione verso “le fasce più deboli, e in special modo le donne”. Per questo egli ha promosso in prima persona l’opera dei laici e la cura dei giovani, attraverso momenti formativi e attività di animazione diocesana.
 
Nei 25 anni di episcopato mons. Dias ha dovuto affrontare anche la tragedia dello tsunami, che egli definisce “la madre di tutte le sfide”. “Il terremoto e la successiva onda anomala – ricorda – hanno causato una devastazione indescrivibile, vite e proprietà distrutte”. “Avevamo appena iniziato a guardarci alle spalle con soddisfazione – aggiunge – per il lavoro svolto” quando lo tsunami ha “spazzato via chiese, conventi, scuole, i terreni erano completamente ricoperti dall’acqua”.
 
“A cinque anni di distanza – conclude mons. Dias – il Signore ha confermato le parole dette ai suoi discepoli: ‘Sono con voi, sino alla fine dei tempi’. Chiese e conventi sono stati ricostruiti a tempo di record”, grazie anche “all’opera instancabile” dei sacerdoti e ai progetti di riabilitazione “avviati con il contributo di molte associazioni ed enti caritativi”.
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