11/04/2006, 00.00
NEPAL
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Più di 80 mila nepalesi fuggono in India per evitare fame e violenza

di Prakash Dubey

A causa di scioperi e coprifuoco non possono più guadagnarsi da vivere. Le strade sono controllate dai maoisti e dalle forze pubbliche. Per passare il confine i profughi attraversano le foreste.

Kathmandu (AsiaNews) – Circa 80 mila persone hanno già raggiunto il confine indo-nepalese dopo 1400 km di viaggio: fuggono in India, verso luoghi sicuri, per "tornare a guadagnarsi da vivere". Lo ha detto oggi ad AsiaNews Anil Kumar, operatore sociale nella città di Birganj, nella parte sud del Nepal. Lo sciopero nazionale lanciato il 6 aprile dai partiti d'opposizione, arrivato oggi al sesto giorno, comincia infatti a provocare gravi disagi a tutta la popolazione.

"I poveri e chi vive sul lavoro quotidiano, come i piccoli venditori ambulanti, sono le prime vittime dello sciopero e del coprifuoco, in vigore anche di giorno", ha dichiarato Kumar. "Molti di loro vengono dai villaggi himalayani o sono di origine indiana, e vivono nella parte sud del Nepal. Per poter tornare a guadagnarsi da vivere sono fuggiti in India. ".

Kumar ha aggiunto che i nepalesi sono andati in India con mezzi di fortuna come biciclette, trattori e altri piccoli veicoli, e sono passati attraverso le foreste. "Non c'era traffico su autostrade e su le principali strade del paese, che sono controllate dai soldati e dai ribelli maoisti. Le zone rurali sono invece libere e praticabili. La maggior parte della gente va in bicicletta, ma sono passate per le foreste anche alcune jeep private e piccoli autobus. Queste persone non hanno alternativa, devono riparare in India".

Sameer Vajpayee, un giornalista che lavora a Triveni, città del Nepal al confine con l'India, aggiunge che molte di queste persone hanno parenti che vivono o lavorano in India. "Quindi sarà facile avere un lavoro o perlomeno cibo per sopravvivere fino a che l'anarchia e i disordini non finiranno". "Inoltre  - continua - i nepalesi non hanno bisogno né di un passaporto né di un visto o un permesso di soggiorno per vivere e lavorare in India".

Vajpayee avverte però che se non finirà presto lo sciopero e non si tornerà alla normalità "ne risentirebbe non solo l'economia del Nepal, ma anche quella dell'India. Ci sarebbe un esodo di massa di nepalesi in cerca di rifugio in India, e questo creerebbe problemi per New Delhi, che dovrebbe provvedere a sfamare migliaia di rifugiato sul suo territorio. Ci troveremmo davanti una situazione pericolosa".

Kumar, l'operatore sociale, spiega che fra la gente il panico è aumentato a causa della violenza con cui le forze di sicurezza hanno gestito lo sciopero e le proteste organizzate dai partiti.

"Purtroppo  - egli dice - i soldati entrano nelle capanne dei poveri e li picchiano con l'accusa di cercare i ribelli maoisti. D'altra parte le stesse persone sono vittime dei maoisti che li attaccano per estorcere soldi, nonostante il reddito medio sia molto basso, in media 50 rupie (quasi un dollaro) al mese a persona. Con queste premesse è facile capire che in molti non hanno altra opzione che riparare in India".

Intanto il governo del Nepal continua con la sua politica di repressione. Nella scorsa settimana oltre 10 mila persone sono state catturate. Molte sono state rilasciate, ma oltre 3 mila rimangono in detenzione, accusate di essere maoiste. Tre persone sono morte a causa degli scontri, e si stima che vi siano almeno 350 feriti.

Vajpayee aggiunge che la dichiarazione dei maoisti di unirsi allo sciopero "è pericolosa. I maoisti potrebbero prendere le redini dello sciopero a danno delle forze a favore della democrazia. In modo ironico di questo ne beneficerebbero le forze del governo monarchico: avrebbero infatti carta bianca dalla comunità internazionale, in testa Usa ed India, nella lotta contro i maoisti. Il futuro non sembra sorridere alle masse del paese".

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