Petrolio curdo in Iran: è polemica fra Baghdad e Erbil
Accuse reciproche fra governo centrale e quello del Kurdistan sul petrolio venduto a Teheran.La costituzione non è chiara su chi è responsabile delle operazioni di esplorazione, trivellazione, raffinazione ed export.
Baghdad (AsiaNews/Agenzie) – E’ di nuovo il petrolio ad accendere le tensioni, mai del tutto sopite, tra il governo curdo e quello centrale di Baghdad. Stavolta non si tratta dei soliti contratti di estrazione siglati in modo autonomo da Erbil, né di dispute sulla distribuzione degli introiti derivati dall’industria petrolifera nel nord Iraq. Al centro di un rimpallo di accuse, che va avanti da una settimana, vi sono denunce di presunto contrabbando di petrolio e raffinati dalla regione semiautonoma del Kurdistan al vicino Iran.
Secondo recenti rivelazioni del New York Times - che cita in modo anonimo funzionari curdi e arabi nella capitale irachena - ogni anno, greggio e prodotti raffinati per centinaia di milioni di dollari arrivano in Iran attraverso la regione curda. Ogni giorno, senza l’autorizzazione ufficiale di Baghdad, oltre mille autocisterne varcano il confine fra i due Paesi, nella provincia di Sulaimaniya. A sostenere il business - di cui beneficerebbero i due maggiori partiti curdi (il KDP del presidente del Kurdistan Massud Barzani e il PUK del presidente iracheno Jalal Talabani) – sarebbero 70 mini-raffinerie, in gran parte illegali, sparse in tutta la regione del nord, ma anche nelle zone sotto il controllo curdo delle vicine province di Ninive e Kirkuk.
Secondo alcuni funzionari curdi, invece, il contrabbando di petrolio verso Teheran passerebbe dalle zone meridionali. Il ministro curdo delle Risorse naturali, Ashti Horami, parla di “100mila barili di petrolio che ogni giorno vanno in Iran”. Entrambi i governi smentiscono ogni accusa, mentre il ministro iracheno del Petrolio Husain al-Shahristani annuncia l’apertura di un’inchiesta per accertare i fatti.
In Iraq convivono con difficoltà due dicasteri del Petrolio: quello che fa capo al governo centrale e retto da Shahristani e quello del Kurdistan, di cui è responsabile Horami. Fin dall’inizio i due ministeri hanno mostrato differenti posizioni sul tema cruciale del petrolio. Baghdad sostiene che esplorazione, trivellazione, raffinazione ed export sono attività che cadono sotto la sua giurisdizione.
Erbil non è d’accordo: parla di un suo diritto garantito dalla Costituzione irachena, che a riguardo non è molto chiara. Il Kurdistan ha così sviluppato diversi giacimenti, firmando contratti con una ventina compagnie straniere, che il governo centrale ha dichiarato però illegali.
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