Petraeus: "Il ritiro delle truppe Usa inizierà nel luglio 2009"
Baghdad (AsiaNews) – Le truppe americane potrebbero lasciare l’Iraq dal luglio del 2009. Lo riferisce il generale David Petraeus in un’intervista al quotidiano britannico Financial Times, sottolineando che ciò sarà possibile solo se “le condizioni lo permetteranno”.
Il capo delle forze armate Usa nel Golfo ribadisce il miglioramento generale del livello di sicurezza nel Paese, nel quale gli attacchi giornalieri si sono ridotti “a meno di cinque, in una metropoli di sette milioni di abitanti”. Egli ricorda il “cambio radicale” che si è registrato in Iraq dal suo insediamento nel febbraio del 2007, aggiungendo che “oggi è evidente un senso di speranza che non si respirava 19 mesi fa”.
A dispetto di un certo ottimismo di fondo, il gen. Petraeus non nasconde le “numerosissime sfide” che ancora vanno affrontate – e risolte – a partire dalla giurisdizione amministrativa del territorio di Kirkuk, ricco di risorse petrolifere, le tensioni tra le varie etnie, i proclami di al Qaeda il cui potenziale “è stato ridotto”, ma resta sempre “una minaccia” per la sicurezza, perché capace di sferrare “attacchi letali”.
Riferendosi all’Afghanistan, egli traccia le differenze fra i due Paesi e riconosce che non è necessario adottare “le stesse strategie” utilizzate in Iraq: “Ci sono limiti evidenti in Afghanistan – dice il generale Usa – che non si registrano in Iraq, Paese nel quale infrastrutture e zone operative sono molto più vaste ed è più facile assorbire il dispiegamento di un vasto numero di militari in un periodo minore di tempo”. “Logistica, infrastrutture, trasporti e, forse, anche gli obiettivi dei due governi sono differenti” afferma Petraeus, sottolineando le diverse condizioni operative fra Afghanistan e Iraq.
In questi giorni cinque battaglioni americani inviati in Iraq all’inizio del 2007 stanno lasciando il Paese; il numero dei soldati Usa dovrebbe quindi scendere a 140mila, rispetto ai 158mila degli ultimi mesi.
Segnali postivi arrivano anche dal Fondo monetario internazionale (Fmi), che sottolinea un “miglioramento nell’economia” e a una “diminuzione dell’inflazione”, grazie a un "maggior livello generale di sicurezza".