Pericolosi risvolti politici nella "guerra delle moschee" in Iraq
Il maggior partito sunnita ha annunciato che non prenderà parte ad una riunione indetta dal presidente Talabani per vedere come fermare gli scontri provocati dalla distruzione, ieri, della cupola d'oro di Samarra
Baghdad (AsiaNews/Agenzie) Sta assumendo pericolosi risvolti politici "la guerra delle moschee", come viene chiamata la rivolta degli sciiti iracheni che, secondo informazione di oggi, in 24 ore ha visto portare negli ospedali i corpi di 80 vittime, incendiare o attaccare decine di moschee da 30 a 90, secondo diverse fonti e sedi di gruppi politici sunniti. Il maggior partito sunnita iracheno, il Fronte dell'Accordo, ha infatti annunciato oggi che non prenderà parte ad una riunione indetta dal presidente Jalal Talabani per vedere come fermare gli scontri provocati dalla distruzione, ieri, della cupola d'oro della moschea di Samarra, quarto luogo santo degli sciiti e capolavoro dell'architettura islamica. L'assenza dei sunniti, secondo un portavoce governativo, è stata motivata per il fatto che "il governo non si e' preoccupato di garantire la sicurezza ai nostri luoghi di culto e alle nostre sedi".
Il timore che gli estremisti possano far precipitare il Paese nella guerra civile è stato espressamente evocato da Talabani. Il capo dello Stato ha lanciato alla popolazione un appello a "mantenere il sangue freddo" ed a chiamato all'unità "per bloccare il piano dei takfiri (estremisti sunniti), mentre il capo del governo, Ibrahim al-Jaafari ha invitato la popolazione ad "impedire ai terroristi di rompere l'unità nazionale". Anche la guida spirituale degli sciiti iracheni, il grande ayatollah Ali al Sistani, ha compiuto una rara, anche se silenziosa apparizione televisiva. In un comunicato egli ha chiesto di protestare, ma ha "vietato" attacchi alle moschee. I timori di guerra civile trovano eco nella stampa: il quotidiano internazionale Al Sharq Al Awsat, titola in prima pagina "Iraq: un fuoco confessionale con le moschee come combustibile", il libanese Al Mustaqbal scrive che "la sedizione confessionale si profila sull' Iraq", mentre l'altro quotidiano arabo internazionale Al Hayat , sostiene la necessità di "tagliare la testa del serpente prima che diffonda il suo veleno confessionale in tutto il Paese".
E mentre il consigliere per la sicurezza nazionale Mouaffak al-Roubai ha accusato Al Qaeda di aver organizzato l'attentato contro la moschea, estremisti sunniti e sciiti criticano pesantemente le forze di sicurezza che, dal canto loro, annunciano di aver catturato a Samara 10 persone che indossavano divise della polizia. I sunniti sostengono che tra le file della polizia ci sono gli squadroni della morte che li uccidono, lo sciita Moqtada al Sadr, rientrato precipitosamente da una visita in Libano, ha mandato suoi uomini a pattugliare le strade di Baghdad ed ha promesso "vendetta" contro gli attivisti sunniti. Non a caso tra gli uccisi dalla furia sciita ci sono 10 egiziani e sauditi che erano nel carcere di Bassora con l'accusa di terrorismo. "Non ci contenteremo ha detto al Sadr di condannare e protestare: noi agiremo contro questi attivisti; se il governo non farà il suo lavoro, di proteggere il popolo iracheno, noi siamo pronti a farlo".
Il governo ha annunciato tre giorni di lutto nazionale, mentre Al Sistani ne ha proclamati sette, così come la guida suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei, che ha parlato di "un crimine politico" ed ha chiesto agli sciiti iracheni di non attaccare le moschee sunnite "per non aiutare i nemici dell'islam". Scontata l'accusa che il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha rivolto ad Usa e Israele di essere i responsabili dell'attentato di Samarra.
06/02/2007