Per uscire dalla crisi. Qualche suggerimento
di Maurizio d'Orlando
Tutti parlano della crisi economica, ma pochi osano indicare qualche passo per avanzare verso una via d’uscita. Alcune proposte in positivo: tornare a emettere lire (senza staccarsi dall’euro), imitando americani e svizzeri; ridurre la spesa pubblica; tassare le merci cinesi finché lo yuan non viene rivalutato. Ma soprattutto è ora di sostenere l’innovazione creativa e privata, garantendo tasse ridotte e la difesa dei brevetti (Seconda parte. La prima è stata pubblicata ieri, 20 Settembre 2011).
Milano (AsiaNews) – Una caratteristica di questa crisi che sta inglobando il mondo è il gran numero di analisi e di preoccupazioni. Le proposte in positivo – senza cercare inutili capri espiatori – sono invece poche e caratterizzate da timidezza e balbettii nel cercare una qualche via d’uscita.
Si può mettere in atto qualche cosa dal punto di vista operativo? La risposta è sì. La soluzione che chi scrive propone è basata su due proposte di breve termine ed una di lungo periodo.
a) per il breve termine
1. proposta per evitare una situazione d’insolvenza per il debito pubblico italiano
L’Italia è un paese del G7 e non si vede perciò perché non potrebbe fare quello che già fanno Usa, Giappone e Gran Bretagna: emettere propria valuta avente corso legale per saldare con essa i titoli del debito pubblico che vengono a scadenza e per i quali non sia possibile reperire liquidità in euro sui mercati finanziari. Come ha chiarito Greenspan relativamente al dollaro e come ha minacciato di fare la Banca Nazionale Svizzera, l’Italia potrebbe emetterne a propria discrezione. Poiché la Banca d’Italia è una banca di diritto privato e per i trattati istitutivi della Banca centrale europea non può emettere euro che nella misura determinata dalla Bce, l’emissione della nuova lira italiana sarebbe sottoforma di “Biglietti di Stato”, emessi dal Tesoro. Il rapporto potrebbe essere di parità, uno a uno con l’euro, con cui potrebbe convivere, nel senso che in Italia verrebbero ad esserci due monete aventi corso legale. Potrebbe essere opportuno restringere la circolazione della nuova lira al solo territorio nazionale. In tal caso si avrebbe quell’effetto espansivo sull’economia del paese che era alla base del concetto di spesa in deficit utilizzato quando il debito pubblico, a partire dagli anni ‘60 è andato accumulandosi. Chi ha comprato titoli in euro sapeva dell’ammontare del debito pubblico italiano e delle finalità di stimolo economico sul territorio nazionale per i quali era stato contratto. Gli viene dunque restituito il suo alle condizioni originarie, la spesa sul territorio o per il pagamento delle imposte. Non sarebbe perciò né un’insolvenza sul debito sovrano, né un abbandono dell’euro che verrebbe mantenuto nelle transazioni correnti. Mediante la proposta di emissione di una nuova lira l’Italia avrebbe maggiore flessibilità sociale per conseguire i propri impegni (di pareggio di bilancio e riduzione del debito pubblico), evitando così il rischio di uno scontro sociale. La soluzione adottata per l’Italia potrebbe essere estesa ad altri Paesi secondo le modalità e le esigenze del caso. Il principio dovrebbe essere quello del pareggio di bilancio e la conversione del debito eccessivo pregresso in valuta spendibile sul territorio del Paese
2. ridurre la spesa pubblica
Il provvedimento di cui al punto precedente (1.) va inteso come misura provvisoria e non esonererebbe l’Italia – come molti altri Paesi del mondo – dal conseguire il pareggio di bilancio, anche senza ridurre sensibilmente l’erogazione dei servizi pubblici. È possibile perché, in Italia come altrove, lo spreco nella spesa pubblica è elevato ed eliminare questo scandalo è un dovere verso i propri connazionali ed il resto del mondo. È possibile e doveroso, in Italia come altrove, ridurre l’irresponsabilità della spesa pubblica, soprattutto quella sanitaria e delle pensioni elargite non sulla base dei contributi versati ma prelevandole dalle nuove generazioni. È possibile ed anche opportuno tagliare i costi della politica, ormai in proporzioni ben maggiori di quelli della corte reale prima della Rivoluzione Francese. Molti non se ne sono resi conto, ma tutte le istituzioni moderne, in tutto il mondo rischiano la stessa fine della Monarchia francese e dell’Ancien Régime: essere travolte dal debito e da meccanismi di spese automatici ed incontrollabili. Il partito realista, quello di Corte, e della spesa fu il migliore alleato dei rivoluzionari repubblicani.
Occorre perciò andare oltre l’obbligo del pareggio di bilancio, una proposta di modifica costituzionale presentata a Parlamento dal governo Berlusconi. L’Italia come ha già fatto l’Ungheria, dovrebbe impegnarsi anche, mediante un vincolo inserito anche questo nella Costituzione, a conseguire perlomeno un dimezzamento del debito pubblico. Sarebbe un doveroso segno di responsabilità nei confronti del resto del mondo.
3. proposta per evitare le distorsioni valutarie
Poiché i dirigenti comunisti cinesi ormai da molti anni non intendono liberalizzare il tasso di cambio della propria valuta, si propone l’introduzione di un dazio doganale basato sul differenziale tra il potere di acquisto interno dello yuan ed il tasso di cambio fissato dal governo cinese. I dirigenti cinesi non avranno in tal modo alcuna ragione per persistere su di una strada che comporta un sicuro esito di contrazione violenta ed infausta dopo la fase di espansione drogata dal traino delle esportazioni sottocosto. Gradatamente saranno perciò indotti ad una crescita interna meno violenta, ma più sana e solida nel medio e lungo periodo, che privilegi il benessere di vaste fasce di popolazione che non sono minimamente toccate dall’euforia delle esportazioni. Per le economie degli altri Paesi sarà il ripristino di condizioni di equità nei prezzi e nella concorrenza. Per il mondo intero sarà un innalzamento dell’efficienza, perché le distorsioni valutarie comportano una cattiva allocazione, uno spreco nell’impiego delle risorse umane, una non necessaria compressione dei salari di molti per soddisfare i consumi parassitari di pochi, e delle risorse materiali, un consumo di materie prime maggiore di quello possibile altrimenti a parità di livelli produttivi e funzionali.
b) per il medio - lungo termine
La crisi attuale è anche una crisi tecnologica, nel senso di scarsa innovazione. Può sembrare paradossale, perché ogni giorno vengono introdotti nuovi prodotti e ritrovati e nuovi strumenti di produzione. Questa però è innovazione incrementale e quello che invece manca è l’innovazione radicale. Ad esempio, quasi tutto il trasporto terrestre e navale si basa ancora su motori, ciclo benzina e diesel, scoperti nel 1800. Anche il motore a reazione nel trasporto aereo ha più di settant’anni. Lo stesso si può dire relativamente ai motori elettrici ed a tanti altri comparti. Non mancano viceversa tecnologie altamente innovative, frutto di una spesa per la ricerca, che non manca. Occorre perciò permettere all’innovazione radicale di svilupparsi. Due sono le ragioni e due i possibili meccanismi di stimolo della creatività umana.
1. L’innovazione radicale nasce molto più naturalmente nelle imprese padronali perché necessita di una prospettiva di lungo termine che in certi casi abbraccia più generazioni. Viceversa il modello di sviluppo attuale privilegia le imprese quotate gestite da dirigenti, che non hanno difficoltà a reperire capitali ed opportunità. È ovviamente logico che queste aziende abbiano un orizzonte temporale molto breve: il risultato della trimestrale e del prezzo di borsa. La soluzione consiste nell’introdurre una complessa serie di tutele e di misure di stimolo per le imprese di famiglia. Tra queste va valutata l’abolizione delle imposte di successione sulle attività produttive, o forme di ridotta tassazione.
2. Occorre una maggiore semplicità e tutela dei brevetti, soprattutto per le persone fisiche. Una soluzione può essere la possibilità di chiedere la citazione in giudizio del trasgressore nella giurisdizione in cui il brevetto è registrato, con esecutività giudiziale nel Paese e luogo dove il diritto è stato violato.
Si può mettere in atto qualche cosa dal punto di vista operativo? La risposta è sì. La soluzione che chi scrive propone è basata su due proposte di breve termine ed una di lungo periodo.
a) per il breve termine
1. proposta per evitare una situazione d’insolvenza per il debito pubblico italiano
L’Italia è un paese del G7 e non si vede perciò perché non potrebbe fare quello che già fanno Usa, Giappone e Gran Bretagna: emettere propria valuta avente corso legale per saldare con essa i titoli del debito pubblico che vengono a scadenza e per i quali non sia possibile reperire liquidità in euro sui mercati finanziari. Come ha chiarito Greenspan relativamente al dollaro e come ha minacciato di fare la Banca Nazionale Svizzera, l’Italia potrebbe emetterne a propria discrezione. Poiché la Banca d’Italia è una banca di diritto privato e per i trattati istitutivi della Banca centrale europea non può emettere euro che nella misura determinata dalla Bce, l’emissione della nuova lira italiana sarebbe sottoforma di “Biglietti di Stato”, emessi dal Tesoro. Il rapporto potrebbe essere di parità, uno a uno con l’euro, con cui potrebbe convivere, nel senso che in Italia verrebbero ad esserci due monete aventi corso legale. Potrebbe essere opportuno restringere la circolazione della nuova lira al solo territorio nazionale. In tal caso si avrebbe quell’effetto espansivo sull’economia del paese che era alla base del concetto di spesa in deficit utilizzato quando il debito pubblico, a partire dagli anni ‘60 è andato accumulandosi. Chi ha comprato titoli in euro sapeva dell’ammontare del debito pubblico italiano e delle finalità di stimolo economico sul territorio nazionale per i quali era stato contratto. Gli viene dunque restituito il suo alle condizioni originarie, la spesa sul territorio o per il pagamento delle imposte. Non sarebbe perciò né un’insolvenza sul debito sovrano, né un abbandono dell’euro che verrebbe mantenuto nelle transazioni correnti. Mediante la proposta di emissione di una nuova lira l’Italia avrebbe maggiore flessibilità sociale per conseguire i propri impegni (di pareggio di bilancio e riduzione del debito pubblico), evitando così il rischio di uno scontro sociale. La soluzione adottata per l’Italia potrebbe essere estesa ad altri Paesi secondo le modalità e le esigenze del caso. Il principio dovrebbe essere quello del pareggio di bilancio e la conversione del debito eccessivo pregresso in valuta spendibile sul territorio del Paese
2. ridurre la spesa pubblica
Il provvedimento di cui al punto precedente (1.) va inteso come misura provvisoria e non esonererebbe l’Italia – come molti altri Paesi del mondo – dal conseguire il pareggio di bilancio, anche senza ridurre sensibilmente l’erogazione dei servizi pubblici. È possibile perché, in Italia come altrove, lo spreco nella spesa pubblica è elevato ed eliminare questo scandalo è un dovere verso i propri connazionali ed il resto del mondo. È possibile e doveroso, in Italia come altrove, ridurre l’irresponsabilità della spesa pubblica, soprattutto quella sanitaria e delle pensioni elargite non sulla base dei contributi versati ma prelevandole dalle nuove generazioni. È possibile ed anche opportuno tagliare i costi della politica, ormai in proporzioni ben maggiori di quelli della corte reale prima della Rivoluzione Francese. Molti non se ne sono resi conto, ma tutte le istituzioni moderne, in tutto il mondo rischiano la stessa fine della Monarchia francese e dell’Ancien Régime: essere travolte dal debito e da meccanismi di spese automatici ed incontrollabili. Il partito realista, quello di Corte, e della spesa fu il migliore alleato dei rivoluzionari repubblicani.
Occorre perciò andare oltre l’obbligo del pareggio di bilancio, una proposta di modifica costituzionale presentata a Parlamento dal governo Berlusconi. L’Italia come ha già fatto l’Ungheria, dovrebbe impegnarsi anche, mediante un vincolo inserito anche questo nella Costituzione, a conseguire perlomeno un dimezzamento del debito pubblico. Sarebbe un doveroso segno di responsabilità nei confronti del resto del mondo.
3. proposta per evitare le distorsioni valutarie
Poiché i dirigenti comunisti cinesi ormai da molti anni non intendono liberalizzare il tasso di cambio della propria valuta, si propone l’introduzione di un dazio doganale basato sul differenziale tra il potere di acquisto interno dello yuan ed il tasso di cambio fissato dal governo cinese. I dirigenti cinesi non avranno in tal modo alcuna ragione per persistere su di una strada che comporta un sicuro esito di contrazione violenta ed infausta dopo la fase di espansione drogata dal traino delle esportazioni sottocosto. Gradatamente saranno perciò indotti ad una crescita interna meno violenta, ma più sana e solida nel medio e lungo periodo, che privilegi il benessere di vaste fasce di popolazione che non sono minimamente toccate dall’euforia delle esportazioni. Per le economie degli altri Paesi sarà il ripristino di condizioni di equità nei prezzi e nella concorrenza. Per il mondo intero sarà un innalzamento dell’efficienza, perché le distorsioni valutarie comportano una cattiva allocazione, uno spreco nell’impiego delle risorse umane, una non necessaria compressione dei salari di molti per soddisfare i consumi parassitari di pochi, e delle risorse materiali, un consumo di materie prime maggiore di quello possibile altrimenti a parità di livelli produttivi e funzionali.
b) per il medio - lungo termine
La crisi attuale è anche una crisi tecnologica, nel senso di scarsa innovazione. Può sembrare paradossale, perché ogni giorno vengono introdotti nuovi prodotti e ritrovati e nuovi strumenti di produzione. Questa però è innovazione incrementale e quello che invece manca è l’innovazione radicale. Ad esempio, quasi tutto il trasporto terrestre e navale si basa ancora su motori, ciclo benzina e diesel, scoperti nel 1800. Anche il motore a reazione nel trasporto aereo ha più di settant’anni. Lo stesso si può dire relativamente ai motori elettrici ed a tanti altri comparti. Non mancano viceversa tecnologie altamente innovative, frutto di una spesa per la ricerca, che non manca. Occorre perciò permettere all’innovazione radicale di svilupparsi. Due sono le ragioni e due i possibili meccanismi di stimolo della creatività umana.
1. L’innovazione radicale nasce molto più naturalmente nelle imprese padronali perché necessita di una prospettiva di lungo termine che in certi casi abbraccia più generazioni. Viceversa il modello di sviluppo attuale privilegia le imprese quotate gestite da dirigenti, che non hanno difficoltà a reperire capitali ed opportunità. È ovviamente logico che queste aziende abbiano un orizzonte temporale molto breve: il risultato della trimestrale e del prezzo di borsa. La soluzione consiste nell’introdurre una complessa serie di tutele e di misure di stimolo per le imprese di famiglia. Tra queste va valutata l’abolizione delle imposte di successione sulle attività produttive, o forme di ridotta tassazione.
2. Occorre una maggiore semplicità e tutela dei brevetti, soprattutto per le persone fisiche. Una soluzione può essere la possibilità di chiedere la citazione in giudizio del trasgressore nella giurisdizione in cui il brevetto è registrato, con esecutività giudiziale nel Paese e luogo dove il diritto è stato violato.
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