Per una centrale a carbone, il governo riduce in miseria Norochcholai,
di Melani Manel Perera
Lo denuncia un gruppo interreligioso di cattolici e musulmani che ha svolto una giornata di preghiera comune come forma di protesta. La centrale avrebbe un impatto ambientale disastroso sul territorio e già molte famiglie soffrono degli sfratti ordinati dal presidente: le nuove abitazioni, fornite dal governo, crollano e sono isolate da ogni servizio di base.
Colombo (AsiaNews) – Per soddisfare il fabbisogno energetico del Paese il governo dello Sri Lanka sta portando avanti progetti controversi, che espongono il territorio ad un alto rischio inquinamento e illudono la popolazione in un futuro migliore e in uno sviluppo, che si rivela solo una falsa promessa. Anzi getta numerose famiglie in una condizione ancora più misera di quella in cui vivevano. È dura la condanna delle autorità religiose cattoliche e musulmane, che a Norochcholai, nel distretto di Puttalam, a nord di Colombo, continuano la loro battaglia contro la costruzione di una centrale energetica a carbone. In un’ultima iniziativa di protesta il Gruppo interreligioso si è riunito in una giornata di preghiera comune al santuario di S. Anna a Talawila lo scorso 24 novembre. Oltre 1500 persone erano presenti a questa manifestazione pacifica, tutti convinti che “l’insistenza con cui il presidente Mahinda Rajapakse cerca di concludere il progetto della centrale a Norochcholai, riveli la malvagità che si cela invece dietro il suo apparente impegno umanitario”.
Una joint venture tra governo cingalese e una compagnia cinese prevede la costruzione a Norochcholai di una centrale a carbone, la cui realizzazione costerebbe 450 milioni di dollari. La centrale, da 300 MW, sarà la prima a carbone nel Paese. Ma le emissioni della combustione di carbone in centrali elettriche rappresentano la più grande fonte artificiale di anidride carbonica, che secondo la maggior parte degli studiosi del clima è causa primaria del riscaldamento globale. Una centrale a carbone, durante il suo funzionamento, emette inoltre più radioattività di quella di una centrale nucleare di pari potenza.
P. Sarath Iddamalgoda, membro della “Alleanza per la protezione delle risorse naturali e dei diritti umani”, spiega ad AsiaNews: “Da anni combattiamo contro questo progetto e il presidente stesso è intervenuto più volte per metterci a tacere. È venuto qui a fare alla gente promesse di un futuro migliore grazie alla centrale, ma solo per guadagnare consensi al progetto”. Gli abitanti, però, hanno capito la realtà: 81 famiglie sono state sfrattate dalle loro terre di origine per fare spazio ai lavori, e trasferite in aree dove non possono soddisfare nemmeno i loro bisogni primari. “Le difficoltà di trasporti, accesso a strutture sanitarie e scolastiche sono enormi”, denuncia lo stesso sacerdote. Le nuove case in cui sono state trasferite queste persone, inoltre, non rispettano gli standard di sicurezza e le mura stanno già iniziando a cedere.
“Per non contare i danni al territorio e all’economia della popolazione, che vive della terra e del mare”, aggiungono alcuni abitanti, che hanno partecipato all’incontro di preghiera: le piogge acide che seguiranno all’attivazione della centrale distruggeranno intere coltivazioni e la pesca verrà compromessa. “Il governo ha il dovere di salvaguardare i contadini e i pescatori – ricorda suor Christine Fernando, anche lei a Talawila – quando pensa a mega-progetti come questo deve prima di tutto rispettare al dignità e i diritti della sua gente”.
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