Per sconfiggere i talebani, indispensabile il sostegno degli afghani
Ne sono convinti i responsabili NATO in Afghanistan, come pure analisti locali: procedere con una reale ricostruzione del Paese, che tocchi le infrastrutture, ma anche il tessuto sociale è necessario, perché la popolazione non ceda alla propaganda degli estremisti. La sanguinosa offensiva talebana solleva pesanti interrogativi tra la gente comune, che non si sente protetta da Stato e forze internazionali. Parroco di Kabul: chi conosce l'Afghanistan sa che il cammino vero della ricostruzione è ancora in salita.
Kabul (AsiaNews) La ricostruzione dell'Afghanistan nei prossimi sei mesi è fondamentale per mantenere il sostegno della popolazione contro l'insorgenza talebana. Ne è convinto il generale David Richards, comandante delle truppe ISAF (International Security Assistance Force) guidate dalla NATO. Con lui concordano anche gli esperti locali contattati da AsiaNews: "La sconfitta degli estremisti dipende dall'appoggio degli afghani alle operazioni del governo e della forza internazionale". La popolazione infatti diventa sempre più "scettica" sull'efficacia della presenza di militari stranieri, mentre aumentano kamikaze, attentati ed intimidazioni. Oggi due kamikaze contro un convoglio di soldati a guida Usa e un gruppo di militari israeliani, a Khost, provincia sudorientale dell'Afghanistan, hanno ferito 16 persone.
Il generale Richards, impegnato in un tour in Pakistan per "scambi" di informazioni, ha detto ieri che se nei prossimi sei mesi non si verificheranno cambiamenti sul piano sicurezza, il 70% degli afghani potrebbe passare dalla parte dei talebani. Avendo dimostrato la nostra capacità militare ha dichiarato il comandante ora dobbiamo concentrarci sulla reale ricostruzione e lo sviluppo del Paese, che garantirà un futuro migliore a questa popolazione.
Lo stesso governo afghano si è reso conto dell'importanza di mostrare i risultati dei suoi sforzi alla popolazione e ha istituito di recente le Afghan Development Zone (ADZ): si individua una zona ancora in mano ai telabani, si combattono e sconfiggono e si occupa quell'area con forze militari afghane sostenute dall'Isaf che danno il via alla ricostruzione. Prima la strategia era quella di cacciare i talebani, ma subito dopo ritirare anche l'esercito dal territorio.
Dal centro del Paese fonti di AsiaNews raccontano di una progressiva "insofferenza" della popolazione ad una presenza militare, che non garantisce la sicurezza sperata. "In Afghanistan dicono le fonti l'opinione pubblica si interroga su due questioni: il governo e la comunità internazionale riusciranno ad impedire il ritorno dei talebani? Perché il loro impegno è fallito, nonostante l'ingente quantità di forze dispiegate?".
Con questi presupposti il rischio che la propaganda talebana attecchisca è molto alto. Un analista del posto spiega che "la psicologia degli afghani è permeata dalla religione islamica: quello che dice il mullah è dogma. Anche se si tratta di leader religiosi estremisti che mescolano politica e religione".
Secondo p. Giuseppe Moretti, parroco dell'unica chiesa in Afghanistan, all'interno dell'ambasciata italiana, "dire che non si fa nulla per la ricostruzione è una bugia, ma dire che i risultati sono straordinari è un'esagerazione". "L'intero Paese sostiene Moretti - deve essere oggetto di una ricostruzione prima di tutto qualitativa, poi quantitativa: c'è bisogno allora di ricostruire il tessuto sociale, la classe dirigente, le scuole e gli ospedali". E proprio questi sono gli obiettivi della guerriglia: si calcola che ormai centinaia di scuole siano state bruciate soprattutto nel sud e di conseguenza migliaia di bambini non possono andare a lezione. "I militari possono lavorare per la sicurezza - dice il religioso, da anni nel Paese e nello stesso tempo realizzare opere che diano alla popolazione la prova concreta delle promesse di rinascita su cui avevano confidato".
Chi conosce il posto, continua p. Moretti, sa però che "il cammino della ricostruzione è pari alla struttura morfologica dell'Afghanistan: alte montagne, zone impervie, freddo, mancanza di strade". A questo vanno aggiunti corruzione dilagante, gli ingenti interessi legati al traffico della droga e il continuo rifornimento di uomini e mezzi, che passa tra Pakistan e Afghanistan.
Gli stessi generali afghani sostengono che se il contingente straniero si ritirasse i talebani occuperebbero il Paese in poche settimane. "Non si può rimanere in eterno - avverte Moretti - altrimenti la gente avrebbe di sicuro la sensazione di subire un'occupazione, ma in questo momento la presenza militare, al di là della lotta ai talebani, è indispensabile per dare forza e sicurezza al progetto di ricostruzione".