Per le Olimpiadi in aumento gli abusi contro i diritti umani
Pechino (AsiaNews/Hrw) –Una censura più stretta sui media e su internet, attivisti detenuti, repressione delle minoranze tibetana e uighuri, sacerdoti in carcere, abusi continui su lavoratori e migranti, la polizia che disperde con la forza pacifiche proteste… A un anno dall’inizio delle Olimpiadi di Pechino, Human Rights Watch denuncia che in Cina non c’è maggior rispetto dei diritti umani. A Pechino ieri sono arrestati per ore gli attivisti di Reporters Sans Frontiéres che hanno protestato, durante una conferenza stampa sui Giochi, che non c’è la promessa libertà di stampa, che la censura sui media è aumentata, che i giornalisti esteri debbono chiedere il permesso per lasciare la loro base (a Pechino o a Shanghai) e potranno muoversi con maggiore libertà solo da agosto ad ottobre 2008.
Gli attivisti sono stati privati dei documenti e trattenuti per ore dalla polizia in un parcheggio, poi rilasciati senza spiegazioni. Brad Adams, direttore per l’Asia di Hrw, dice che “il tentativo del governo cinese di intimidire e imprigionare i giornalisti esteri che fanno il loro lavoro, mostra il disprezzo degli ideali olimpici”.
Scegliendo Pechino per i 29mi Giochi Olimpici, il Comitato olimpico internazionale (Cio) ha detto che questo avrebbe lasciato “un’eredità unica per la Cina e per lo sport”. Ma ormai tutti si chiedono se le Olimpiadi saranno un evento per la popolazione o solo una vetrina per chi comanda. Hrw ricorda gravi violazioni dei diritti umani, alcune causate proprio dalle Olimpiadi.
Espropri forzati e scuole sbarrate. Per realizzare gli avveniristici impianti sportivi e rifare interni quartieri, a Pechino e in altre città sono state espropriate e cacciate con la forza decine di migliaia di persone, spesso senza adeguato indennizzo o una nuova abitazione. Interi quartieri sono stati sventrati. Per abbellire la città sono state chiuse decine di scuole non autorizzate per figli di operai migranti, che spesso non hanno altre possibilità di istruzione.
Abusi dei diritti dei lavoratori. Migliaia di migranti lavorano anche di notte per le nuove opere, per paghe minime senza giorni di riposo né assicurazione sul lavoro.
Repressione delle minoranze etniche. Non ha soste l’annichilamento dei buddisti tibetani e degli uighuri dello Xinjiang, anche tramite la continua emigrazione nelle regioni di etnici han che occupano posti di potere e commerci. Nello Xinjiang c’è una politica di repressione e di terrore verso gli islamici uighuri, con condanne a morte e immediate esecuzioni, giustificate quale lotta contro il terrorismo. Nel Tibet monaci e suore sono imprigionati con l’accusa di separatismo.
Controllo sulla libertà religiosa. La professione di una fede religiosa è ammessa solo all’interno delle organizzazioni religiose ufficiali, controllate dallo Stato. Per chi non vi aderisce sono frequenti il carcere e periodi di “rieducazione”.
Pena di morte. Il dato ufficiale è “segreto di Stato”, ma si stimano esserci almeno 10mila esecuzioni capitali l’anno. La pena di morte è prevista per almeno 68 reati, molti dei quali ideologici. Spesso gli accusati non possono avere adeguata difesa, i processi avvengono a porte chiuse, molte condanne sono basate su “confessioni” estorte con la tortura.
Persecuzioni contro attivisti per i diritti umani. Minacce, carcere e arresti domiciliari “illegali” sono frequenti per chi difende i diritti umani o critica il governo. Hrw teme che le Olimpiadi potranno significare, per costoro, arresti “preventivi” da settimane e mesi prima.
Collaborazione con governi violenti. Pechino ha stretti rapporti con governi boicottati dall’intero mondo democratico perché violano i diritti elementari della popolazione. Tra essi il Sudan criticato per il massacro nel Darfur, il Myanmar la cui giunta militare reprime qualsiasi libertà civile.
Adams commenta che “il governo cinese non deve sprecare questa occasione unica di dimostrare al mondo l’effettiva volontà di migliorare il rispetto dei diritti”.
Anche Amnesty International ha pubblicato un rapporto che denuncia la perdurante persecuzione contro media e attivisti dei diritti e la violazione dei diritti umani, con “la polizia che usa il pretesto dei Giochi per effettuare maggiori detenzioni senza processo”.
Alle molte accuse Jiang Xiaoyu, vicepresidente del Comitato organizzatore dei Giochi, risponde soltanto la “ferma opposizione alla politicizzazione delle Olimpiadi, perché non corrisponde allo spirito olimpico”.