Per il Ministero della giustizia, la “ragazza di Qatif” ha provocato i violentatori
Una lunga dichiarazione ufficiale afferma che la giovane era sposata e quindi è un’adultera, era in automobile con un uomo che non è suo parente - il che è vitato - e, secondo coloro che l’hanno assalita, era “in una condizione indecente”.
Riyadh (AsiaNews) – E’ un adultera ed ha “provocato l’attacco” dei suoi violentatori perché era “in una condizione indecente” la giovane saudita che è stata condannata alla prigione ed a ricevere 200 frustate. E’ quanto sostenuto dal Ministero saudita della giustizia in una dichiarazione ufficiale riportata sabato dall’agenzia saudita SPA.
Il Ministero difende la sentenza ed afferma che nel Paese la giustizia è esercitata sulla base “del libro di Dio e degli insegnamento del profeta Maometto”.
Chiamata “la ragazza di Qatif”, la diciannovenne saudita, rapita da un gruppo di uomini e violentata, si era vista condannare da un tribunale a sei mesi di carcere ed a 90 frustate, perché era in automobile con un uomo che non è suo parente, cosa vietata dalla legge. La sentenza, emanata lo scorso anno, aveva condannato i sei violentatori a pene tra uno e cinque anni di prigione.
Pena troppo mite, per l’avvocato della vittima, Abdul Rahman al-Lahem, per un reato teoricamente punibile con la pena di morte, mentre era troppo dura quella comminata alla ragazza. In appello, i violentatori hanno visto le loro condanne aumentate: dovranno scontare tra due e nove anni di prigione. Anche la ragazza, però, si è vista aggravare la pena, anche per aver tentato di fare pressioni sul tribunale attraverso la stampa. La stessa corte ha anche ritirato all’avvocato della giovane il permesso di esercitare la professione.
Di fronte ai commenti stupiti e scandalizzati della stampa occidentale, ma anche di altri Paesi arabi, la lunga dichiarazione del Ministero della giustizia vorrebbe spiegare l’accaduto e le ragioni della condanna. Si comincia con il “rammarico” per le “false”ed “errate” notizie diffuse dalla stampa e si precisa che “la donna è sposata” ed era stata lei, “da casa del marito, a chiamare col telefonino l’uomo per invitarlo ad un proibito incontro privato”. “E’ salita sulla sua auto ed insieme sono andati in una zona oscura dove sono rimasti per un certo tempo”. In tale zona sono stati visti dagli imputati che hanno riferito che “la donna era in una condizione indecente”. La ragazza “sapeva che vedersi in privato con un compagno illegale è religiosamente proibito e commettendo tale atto ha violato il matrimonio”.
A suo carico viene anche indicato il fatto che né lei, né il giovane che era con lei hanno denunciato l’accaduto al momento, ma solo quasi tre mesi dopo, quando il marito della giovane, con una e-mail le chiedeva cosa fosse accaduto e denunciava il tradimento.
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