Per i problemi climatici Pechino suggerisce la strategia del figlio unico per tutto il mondo
Il governo cinese propone il controllo della popolazione come arma globale per risolvere i cambiamenti del clima. Il capo delegazione cinese chiede maggiore impegno agli Usa nel taglio nelle emissioni di carbonio. I leader europei approvano un piano triennale da sei miliardi di euro, da destinare ai Paesi in via di sviluppo. Prima bozza ufficiale di accordo fra i partecipanti al summit Onu.
Copenhagen (AsiaNews/Agenzie) – Pechino sbandiera il controllo della popolazione come strategia di “grande successo” nella salvaguardia dell’ambiente. La politica del figlio unico, sottolineano fonti governative, andrebbe adottata dall’intera comunità internazionale. Il capo-delegazione cinese alla conferenza Onu sul clima, in corso nella capitale danese, invita inoltre il presidente Usa Barack Obama ad aumentare il taglio dei gas serra. I leader europei, intanto, hanno lavorato tutta la notte per raggiungere un accordo sugli aiuti da destinare ai Paesi in via di sviluppo. Un piano da sei miliardi di euro spalmati in tre anni, per contribuire alla lotta contro il surriscaldamento globale.
La Cina difende la politica di pianificazione familiare perché ridurrebbe il surriscaldamento globale. Secondo Pechino, il figlio unico e il controllo delle nascite sono parte di una strategia globale per risolvere i problemi climatici e vanno adottate dall’intera comunità internazionale. Essa prevede aborti forzati e sterilizzazioni contro la volontà delle donne. Una strategia di “grande successo”, a detta del governo, nonostante le palesi violazioni dei diritti umani. “Non dico che quello che abbiamo fatto sia giusto al 100% – ha dichiarato Zhao Baige, vice-ministro cinese responsabile dell’applicazione della pianificazione familiare – ma siamo nella giusta direzione”.
Il capo della delegazione cinese al summit Onu sul clima, intanto, chiede al presidente Usa Barack Obama un maggiore impegno nel taglio dei gas serra. Egli si dice anche disponibile a discutere un obiettivo comune da raggiungere entro il 2050, nel caso in cui le nazioni ricche offriranno più denaro e un taglio nelle emissioni di carbonio. Xie Zhenhua ha sottolineato che la riduzione deve essere “almeno del 40%” entro il 2020, rispetto ai livelli del 1990.
Il successo del summit danese dipende molto da un possibile accordo fra Stati Uniti e Cina, che insieme producono il 40% delle emissioni mondiali di carbonio. Il delegato cinese ribadisce che ai Paesi poveri o in via di sviluppo vanno garantiti aiuti “sufficienti, supplementari e sostenibili” nel settore della tecnologia e delle risorse finanziarie.
Nel frattempo l’Unione europea è pronta a stanziare sei miliardi di euro, in tre anni, per aiutare i Paesi in via di sviluppo a promuovere tecnologie ed energie pulite. I leader dei 27 Paesi membri della Ue, riuniti a Bruxelles, avrebbero trovato un accordo; rimangono i dubbi sui contributi forniti dalle nazioni dell’Est.
In una conferenza stampa congiunta, il premier britannico Gordon Brown e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno promesso aiuti per 1,7 miliardi di euro, per il “fast start” (avvio rapido).
In mattinata i partecipanti al summit sul clima hanno raggiunto un accordo sulla prima bozza ufficiale. Il testo fissa a 1,5/2 gradi Celsius l’innalzamento di temperatura massimo consentito sul pianeta. Essa costituisce un punto di partenza per le trattative dei prossimi giorni, alle quali parteciperanno tutti i leader mondiali.
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