05/12/2012, 00.00
CINA
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Per frenare scandali e corruzione, il Pcc vieta fiori e banchetti

di Chen Weijun
La nuova Commissione centrale del Politburo si riunisce e lancia una nuova campagna moralizzatrice per riguadagnare la stima della popolazione: basta allo sperpero di denaro pubblico per i tappeti rossi e le composizioni floreali in onore dei leader in viaggio. Ma il problema è la corruzione dilagante che colpisce a ogni livello il Partito e i suoi membri. Il Guangdong approva un regolamento anti-tangenti che non prevede meccanismi di controllo.

Pechino (AsiaNews) - Per cercare di riguadagnare la stima e la fedeltà della popolazione, il Politburo cinese ha annunciato ieri una stretta nell'uso di denaro pubblico e il rilancio di una nuova immagine "sottotono" rispetto ai fasti dell'ultimo decennio. Basta con tappeti rossi, banchetti sfarzosi e persino composizioni floreali: d'ora in avanti, i leader comunisti dovranno essere frugali e rispettosi dei beni pubblici. La mossa fa parte della nuova campagna moralizzatrice del presidente eletto Xi Jinping, che ha improntato la propria carriera (nonostante sia un "principino") proprio sul ritorno alle origini dell'apparato comunista.

Il tentativo, in realtà, punta a frenare l'ira sempre maggiore del popolo. Schiacciato da una disparità fra ricchi e poveri che si allarga sempre di più, e al terzo anno di rallentamento economico, il cittadino medio cinese ha iniziato a guardare con maggiore irritazione agli scandali e alla corruzione che negli ultimi anni sono divenuti la cifra del Partito comunista. Che ora, con il documento approvato ieri dai 7 membri della nuova Commissione permanente del Politburo, cerca di riguadagnare terreno.

"Saremo molto chiari - si legge nel testo - nella nostra determinazione per migliorare lo stile di lavoro e per risolvere i problemi che le masse avvertono di più. Lo stile dei funzionari comunisti, in particolar modo i più importanti fra loro, ha un impatto importante sullo stile del Partito, del governo e dell'intera società. Primi fra tutti devono essere i membri del Politburo: se vuoi che il popolo faccia qualcosa, fallo tu per primo; se vuoi che il popolo non faccia qualcosa, allora evitalo tu per primo".

Secondo diversi analisti questo documento, pubblicato appena due settimane dopo la transizione al potere, riflette la volontà della nuova leadership di riconquistare la fiducia popolare. Eppure, sottolineano molti, ci vorrà del tempo per capire se le misure saranno davvero messe in pratica. Inoltre è da vedere se rimarranno "al sicuro" i grandi dirigenti comunisti, una pratica fino a oggi assicurata almeno ai membri del Comitato permanente del Politburo.

Negli ultimi mesi, infatti, una serie di scandali e di rivelazioni finanziarie ha colpito in maniera dura l'immagine dei vertici più alti del Partito e del Paese. Il primo ministro Wen Jiabao - in carica fino a marzo, quando cederà la poltrona a Li Keqiang - è finito nel mirino del New York Times: il quotidiano americano ha pubblicato un dettagliato rapporto che dimostra come la famiglia del premier ha proprietà per un valore di 2,7 miliardi di dollari. Il governo cinese ha rigettato una parte delle accuse, ma il grosso dell'articolo è considerato attendibile.

Persino la famiglia del nuovo leader Xi Jinping è caduta nella tentazione. Secondo Bloomberg, i familiari del presidente hanno accumulato una fortuna che vale almeno 1 miliardo di dollari. Tuttavia, lo stesso quotidiano economico spiega che nel giro di affari "non entra in maniera diretta il leader comunista, sua moglie o la figlia".

A questi vanno aggiunti l'ex ministro delle Ferrovie Liu Zhijun, rimosso lo scorso anno per aver accettato tangenti; l'ex segretario di Chongqing caduto in disgrazia, Bo Xilai, che insieme alla moglie Gu Kailai ha accumulato circa 136 milioni di dollari in azioni e proprietà; Li Chungcheng, vice segretario del Sichuan e promosso alla Commissione centrale del Partito, arrestato ieri e messo sotto inchiesta per corruzione.

Nonostante il regime abbia oscurato il NYTimes e Bloomberg e cerchi di indirizzare i media nazionali nel dare le notizie relative alla corruzione, il grande pubblico cinese ha saputo attraverso internet di questi scandali e si è scagliato contro i propri leader. Usando pseudonimi e frasi di circostanza, sui siti di micro-blogging ci si chiede in maniera ironica "come abbiano fatto la mamma di Wen Jiabao (novantenne) o il cognato di Xi Jinping (disoccupato) ad accumulare milioni e milioni di dollari".

Ora le nuove direttive del Politburo cercano di calmare questa rabbia. Ma il vero problema del Paese - spiega il professor Ho-Fung Hong, docente presso l'università Johns Hopkins - "non è tanto la spesa per i fiori o per i pranzi, ma l'accaparramento da parte dei funzionari pubblici di fondi e di azioni che appartengono allo Stato. Se sono seri in questa lotta alla corruzione, il primo passo concreto dovrebbe essere l'emanazione di nuove leggi che impongono a tutti i dirigenti di dichiarare quanti soldi hanno e come li hanno ottenuti".

Ad aprire le danze sarà la provincia meridionale del Guangdong, che ha annunciato un nuovo regolamento che impone ai funzionari di dichiarare al pubblico quanto possiedono. Huang Xianyao, capo del settore disciplinare locale, spiega: "Dal prossimo anno, i funzionari che vengono promossi dovranno dichiarare la ricchezza personale e familiare, dare informazioni su azioni e su investimenti privati e provare di aver avuto una vita politica pulita". Tuttavia, come ammette il professor Peng Peng dell'Accademia di Scienze sociali di Guangzhou, "non è previsto alcun meccanismo per capire se quello che dichiarano sia vero o meno".

 

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