Per combattere la tbc, per la prima volta Pyongyang apre ad una delegazione cattolica
di Joseph Yun Li-sun
Per la prima volta in assoluto, il regime ha concesso ad una delegazione prettamente cattolica il permesso di visitare gli ospedali del popolo che curano i malati di tubercolosi. Otto di queste strutture sono sostenute dalla Chiesa, mentre si studia la possibilità di aprire in collaborazione altri Centri di ricerca, per frenare l’avanzamento del contagio. Al momento, il 10% della popolazione ha la tbc.
Seoul (AsiaNews) – Per la prima volta in assoluto dalla sua presa di potere, il governo comunista nordcoreano ha concesso ad una delegazione cattolica la possibilità di visitare gli ospedali pediatrici dedicati alla cura della tubercolosi ed interagire con medici e pazienti.
Lo conferma ad AsiaNews p. Gerald Hammond, uno dei cinque membri della delegazione, che racconta: “Dal primo al 12 maggio siamo stati in Corea del Nord, per portare aiuti medico-sanitari. Abbiamo visitato Pyongyang, Nampo, e la provincia sud-orientale di Pyengan. Sono sicuro che aver avuto il permesso di compiere questo viaggio è stato un dono divino”.
Il sacerdote, superiore dei missionari Maryknoll in Corea, continua: “Il ministero della Salute ci ha permesso di visitare 17 ospedali del popolo, pediatrici, dedicati alla cura della tbc. Al momento, otto di questi sono sostenuti materialmente dalla Chiesa cattolica”. Infatti, nonostante la repressione della libertà religiosa operata dal regime di Pyongyang, questi ospedali “ricevono ed usano le nostre medicine: sulle scatole vi sono i simboli del cattolicesimo ed il nome delle istituzioni che le hanno inviate, in coreano ed in inglese”.
Oltre al rappresentante dei Maryknoll, che opera anche con la Caritas coreana ed è conosciuto molto bene in Corea del Nord, erano presenti i rappresentanti del Catholic Relief Service, dei superiori degli Istituti religiosi coreani e della Eugene Bell Foundation.
Il cambio di rotta del regime, che ha concesso il permesso di visita, pur consapevole del fatto che fra i visitatori vi erano dei sacerdoti, ha due spiegazioni: “Da una parte, vi è una reale apertura del governo nei confronti degli stranieri, anche cattolici. Dall’altra vi è la grande preoccupazione nei confronti dell’espandersi di questa malattia infettiva, che al momento affligge il 10% dell’intera popolazione nordcoreana”. Di questi, il 30% è oramai “resistente ai vaccini: solo con un’adeguata terapia, moderna e prolungata nel tempo, si può sperare di salvarli”.
Proprio per questo, il ministero della Salute ha discusso con la delegazione della possibilità di continuare la cooperazione: “Abbiamo parlato di un Centro per lo studio della tbc da aprire a Pyongyang: questo sarebbe gestito da personale di entrambe le Coree, con i mezzi della Chiesa”.
Per la popolazione, gli ospedali del popolo sono l’unica risorsa sanitaria accessibile: questi “hanno personale preparato e strutture adeguate alla cura, ma mancano equipaggiamenti e medicinali: il nostro impegno cerca di aggiornare le conoscenze mediche locali, ma anche garantire la sopravvivenza dei pazienti”.
Questo impegno, conclude p. Hammond, “rientra in quello che io chiamo ‘apostolato dell’essere presenti’. Anche se in Corea del Nord non vi è libertà religiosa, è molto importante avvicinarsi alla popolazione ed anche al governo, in modo da poter divenire con il tempo un interlocutore credibile ed accettato. Il nostro impegno rappresenta il segno tangibile dell’interesse del Papa per la Corea, e mira a non far sentire abbandonata la popolazione, una delle più sofferenti al mondo”.
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