Per Natale, 5 condanne a morte di uiguri per le proteste di luglio nello Xinjiang
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Altre 5 condanne a morte contro uiguri per le proteste del luglio 2009 in Xinjiang. Ma Pechino cerca di impedire che la notizia sia diffusa dai media nazionali e mondiali.
Hou Hanmin, direttore dell’Ufficio informazioni del governo dello Xinjiang, ha spiegato che “il 22 e 23 dicembre sono stati processati 22 imputati in 5 diversi giudizi”. Ma Xinchun, portavoce del governo municipale di Urumqi, ha confermato esserci state 5 condanne a morte con sospensione per due anni (dopo i quali spesso la condanna è commutata in ergastolo), 8 ergastoli e 4 condanne al carcere per 10 anni o di più. Mancano notizie precise sui condannati, ma secondo l’agenzia Radio Free Asia i nomi appaiono essere tutti uiguri.
Hou non ha specificato le accuse, comunque tutte connesse con le proteste del luglio 2009, e ha detto solo che sono state pubblicate sui giornali dello Xinjiang. Ma dal luglio 2009 internet è oscurato nella regione e i siti web dei giornali locali sono inaccessibili da fuori.
Le proteste sono esplose nella capitale Urumqi il 5 luglio 2009, legate a dissidi etnici tra gli autoctoni uiguri e i cinesi Han che ormai sono la maggioranza della regione e ne occupano i posti chiave politici ed economici, grazie a una forte politica di immigrazione favorita da Pechino con vantaggi economici e di altro tipo. Le proteste, all’inizio pacifiche (nella foto: una manifestazione del 5 luglio), sono degenerate in scontri etnici fra la popolazione musulmana e i cinesi han. Gli han a loro volta due giorni dopo hanno scatenato una dura rappresaglia. Il bilancio ufficiale è di circa 200 morti e migliaia di feriti.
Con queste condanne, salgono a 22 le sentenze capital per le protestei, di cui almeno 9 sono già state eseguite. Fonti ufficiali annunciano che ci saranno altri processi contro le persone ritenute responsabili delle proteste.
La scorsa settimana la Cambogia ha annunciato che rimanderà in Cina 20 uiguri che sono fuggiti dallo Xinjiang dopo le proteste e che hanno chiesto lo status di rifugiati al rappresentante dell’Onu a Phnom Penh. La decisione accoglie le insistite richieste di Pechino, ma è stata molto criticata dagli Stati Uniti. Sempre la settimana scorsa il vicepresidente cinese Xi Jinping, in visita in Cambogia, ha siglato aiuti finanziari al Paese per 1,2 miliardi di dollari, tra cui la costruzione di strade e il restauro di tempi buddisti.