Pena di morte, a Jakarta è scontro politico sulla moratoria
Jakarta (AsiaNews) - Feroci polemiche politiche alimentano un dibattito che si trascina da tempo fra favorevoli e oppositori, dopo che nei giorni scorsi il ministro indonesiano degli Esteri, ha chiesto di abolire la pena di morte nel Paese. Attivisti, esperti anti-crimine e membri della società civile difendono ciascuno la propria posizione, in una materia controversa perché unisce la lotta al crimine con il principio inderogabile del rispetto dei diritti umani. Un confronto serrato rischia di degenerare in uno scontro frontale, con la parte favorevole alla pena capitale che punta il dito contro il presidente e la Corte suprema, colpevoli di aver commutato nell'ultimo periodo in ergastolo alcune condanne a morte comminate nei confronti di figure di primo piano del narcotraffico.
Nelle scorse settimane esponenti della società civile, inquirenti e membri della sicurezza hanno reagito con sdegno e ira alla notizia dell'atto di clemenza del presidente Susilo Bambang Yudhoyono per un gruppo di trafficanti di droga. In precedenza, era stata la Corte suprema a salvare alcuni esponenti legati al narcotraffico, mentre il problema della droga - spaccio e consumo - si fa sempre più grave nel Paese mietendo vittime soprattutto fra i giovani. Per questo una fetta consistente della società civile chiede pene esemplari e giudica una sconfitta la commutazione della condanna a morte in ergastolo.
Di recente il ministro degli Esteri Marty Natalegawa ha annunciato che abolirà la condanna a morte, in accordo con i movimenti internazionali che premono per una moratoria della pena capitale. Egli ha aggiunto che "97 Stati su 140 Paesi membri delle Nazioni Unite" hanno "dichiarato ufficialmente l'abolizione della pena capitale" e Jakarta sta valutando la possibile moratoria, per un provvedimento che costituisce un "ostacolo" palese alla tutela "dei diritti umani".
Secondo i dati forniti da attivisti e associazioni pro diritti umani, nel 2011 in tutto il mondo si sono registrate almeno 5mila esecuzioni capitali, con un leggero calo rispetto all'anno precedente, che ha visto 5.946 condanne a morte. Fra i "Paesi-boia" col maggior numero di esecuzioni vi sono la Cina, seguita da Iran e Arabia Saudita, anche se Pechino ha registrato - almeno a livello ufficiale - un calo passando da 5mila nel 2010 ai 4mila circa dello scorso anno. La macchina della morte continua a colpire anche in Giappone, unica nazione democratica e sviluppata che assieme agli Stati Uniti, applica ancora la pena capitale. Se a Tokyo il boia era rimasto fermo nel 2011, è tornato a colpire nel marzo 2012 con la sentenza a carico di due omicidi.
L'Asia è il continente in cui si registra la quasi totalità delle esecuzioni capitali: nel 2011, nel continente, vi sono stati 4.931 giustiziati (il 98,6% del totale), in calo rispetto al 2010, con un dato superiore ai 5.800.
10/06/2022 13:05
25/03/2016 09:46
03/02/2023 12:48