Pechino: la crisi del debito euro è come la “peste nera”
Il Quotidiano del Popolo critica la politica economica dei Paesi europei. Per riproporre come migliore il modello economico e sociale della Cina. Intanto a Pechino emergono contrasti su come gestire la crisi: la China Construction Bank indica i suoi successi per avere agito in modo non conforme alle direttive di Pechino.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La crisi “mortale” dei Paesi europei per il debito estero danneggerà l’economia cinese, commenta oggi il Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Partito comunista cinese, in un raro articolo di critica. A fronte della crescente crisi finanziaria globale, Pechino indica come responsabile il sistema politico ed economico occidentale e democratico e vi contrappone il proprio modello.
Il giornale dice che la crisi del debito estero “si è diffusa per i Paesi europei come la Morte Nera del 14mo secolo”, la grave pandemia di peste che devastò l’Europa. Questa crisi “non avrà forti conseguenze sulle nostre riserve di valuta estera come quella del debito estero Usa”, perché le riserva cinesi in euro sono molto inferiori di quelle in dollari. Ma “porterà a un declino della domanda reale, che nel lungo termine colpirà l’economia reale del nostro Paese”, diminuendo la domanda di merci e, quindi, di esportazioni cinesi.
La Cina ha riserve in valuta estera per 3mila miliardi di dollari, per il 25% circa in euro e per oltre mille miliardi in dollari Usa. Gli scambi commerciali con i 27 paesi della zona euro sono stati di 395 miliardi di euro nel 2010, +13,9% rispetto al 2009. Le esportazioni cinesi in Europa sono state di 281,9 miliardi di euro.
Il commento, che indica dati pacifici ma è raro per il suo criticismo, è firmato dall’ex dirigente della Banca centrale cinese Zhang Zhixiang e da un esperto della China Development Bank Zhang Chao, soggetti “non politici” ma di massimo livello economico.
In precedenza il premier Wen Jiabao e gli altri leader avevano sempre espresso totale “fiducia” sulla capacità degli Stati europei di superare questi problemi. Wen, durante la visita a giugno in Germania, ha mostrato la piena disponibilità della Cina a comprare il debito di Paesi europei in difficoltà.
Invece l’articolo invita l’Europa a “riformare le restrizioni istituzionali allo sviluppo economico, e mostrare una attitudine responsabile riguardo ai collegamenti con altri Paesi e per lo sviluppo economico della loro regione e per la stabilità globale finanziaria ed economica”.
Il commento arriva pochi giorni prima dell’incontro tra il presidente cinese Hu Jintao e quello francese Nicolas Sarkozy. La Francia è Paese leader in Europa e si prevede che i colloqui riguarderanno anzitutto i problemi della finanza mondiale.
Intanto ieri il vicepresidente Usa Joe Biden, nell’ultimo giorno della visita in Cina, parlando agli studenti dell’università di Chengdu ha assicurato che gli Stati Uniti sono del tutto in grado di onorare i loro impegni esteri, nonostante le critiche ricevute dalle agenzie internazionali di rating. Ha inoltre indicato come la crescita della Cina al rango di potenza mondiale sia uno “sviluppo positivo” per gli Usa e per il mondo e ha evitato richiami a questioni come diritti umani e democrazia.
Analisti osservano che Pechino, consapevole della sua grande liquidità, cerca di ottenere il riconoscimento di un crescente ruolo mondiale, al punto di proporre il suo modello di sviluppo economico (fondato sul dominio del partito unico) come più efficiente e affidabile rispetto a quelli democratici e occidentali.
Peraltro, al di là della rigida censura mediatica, emergono punti di frizione nella leadership cinese. Ieri notte la China Construction Bank, seconda maggior banca di prestiti cinese, ha comunicato che nel 1° semestre 2011 i profitti sono saliti del 31%, a 92,8 miliardi di yuan (14,5 miliardi di dollari) rispetto al 2010, come conseguenza dei maggiori finanziamenti erogati. Il dato appare in controtendenza, rispetto alle indicazioni di Pechino che da anni incita le banche a diminuire i prestiti per diminuire il denaro circolante e frenare la robusta inflazione, come pure per timore che molti prestiti siano difficili da recuperare, anche perché usati da governi locali per costruire lussuose sedi e per acquistare veicoli e altre spese non necessarie.
Wilson Li, economista di Shenzhen, osserva che occorre focalizzare “la qualità dei crediti, piuttosto che il loro aumento”, perché una crisi globale rischia di rendere difficile il recupero di molti crediti.
Il giornale dice che la crisi del debito estero “si è diffusa per i Paesi europei come la Morte Nera del 14mo secolo”, la grave pandemia di peste che devastò l’Europa. Questa crisi “non avrà forti conseguenze sulle nostre riserve di valuta estera come quella del debito estero Usa”, perché le riserva cinesi in euro sono molto inferiori di quelle in dollari. Ma “porterà a un declino della domanda reale, che nel lungo termine colpirà l’economia reale del nostro Paese”, diminuendo la domanda di merci e, quindi, di esportazioni cinesi.
La Cina ha riserve in valuta estera per 3mila miliardi di dollari, per il 25% circa in euro e per oltre mille miliardi in dollari Usa. Gli scambi commerciali con i 27 paesi della zona euro sono stati di 395 miliardi di euro nel 2010, +13,9% rispetto al 2009. Le esportazioni cinesi in Europa sono state di 281,9 miliardi di euro.
Il commento, che indica dati pacifici ma è raro per il suo criticismo, è firmato dall’ex dirigente della Banca centrale cinese Zhang Zhixiang e da un esperto della China Development Bank Zhang Chao, soggetti “non politici” ma di massimo livello economico.
In precedenza il premier Wen Jiabao e gli altri leader avevano sempre espresso totale “fiducia” sulla capacità degli Stati europei di superare questi problemi. Wen, durante la visita a giugno in Germania, ha mostrato la piena disponibilità della Cina a comprare il debito di Paesi europei in difficoltà.
Invece l’articolo invita l’Europa a “riformare le restrizioni istituzionali allo sviluppo economico, e mostrare una attitudine responsabile riguardo ai collegamenti con altri Paesi e per lo sviluppo economico della loro regione e per la stabilità globale finanziaria ed economica”.
Il commento arriva pochi giorni prima dell’incontro tra il presidente cinese Hu Jintao e quello francese Nicolas Sarkozy. La Francia è Paese leader in Europa e si prevede che i colloqui riguarderanno anzitutto i problemi della finanza mondiale.
Intanto ieri il vicepresidente Usa Joe Biden, nell’ultimo giorno della visita in Cina, parlando agli studenti dell’università di Chengdu ha assicurato che gli Stati Uniti sono del tutto in grado di onorare i loro impegni esteri, nonostante le critiche ricevute dalle agenzie internazionali di rating. Ha inoltre indicato come la crescita della Cina al rango di potenza mondiale sia uno “sviluppo positivo” per gli Usa e per il mondo e ha evitato richiami a questioni come diritti umani e democrazia.
Analisti osservano che Pechino, consapevole della sua grande liquidità, cerca di ottenere il riconoscimento di un crescente ruolo mondiale, al punto di proporre il suo modello di sviluppo economico (fondato sul dominio del partito unico) come più efficiente e affidabile rispetto a quelli democratici e occidentali.
Peraltro, al di là della rigida censura mediatica, emergono punti di frizione nella leadership cinese. Ieri notte la China Construction Bank, seconda maggior banca di prestiti cinese, ha comunicato che nel 1° semestre 2011 i profitti sono saliti del 31%, a 92,8 miliardi di yuan (14,5 miliardi di dollari) rispetto al 2010, come conseguenza dei maggiori finanziamenti erogati. Il dato appare in controtendenza, rispetto alle indicazioni di Pechino che da anni incita le banche a diminuire i prestiti per diminuire il denaro circolante e frenare la robusta inflazione, come pure per timore che molti prestiti siano difficili da recuperare, anche perché usati da governi locali per costruire lussuose sedi e per acquistare veicoli e altre spese non necessarie.
Wilson Li, economista di Shenzhen, osserva che occorre focalizzare “la qualità dei crediti, piuttosto che il loro aumento”, perché una crisi globale rischia di rendere difficile il recupero di molti crediti.
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