Pechino: Ancora linea dura contro il Dalai Lama
Sempre proibite le foto del capo spirituale; monasteri e vocazioni sotto controllo.
Lhasa (AsiaNews) Il Dalai Lama potrà tornare nella sua patria solo se rinuncia ad ogni aspirazione di indipendenza del Tibet; la Cina si impegna nel dialogo solo con il rappresentante ufficiale del Dalai Lama e non con lui direttamente. Queste sono alcune delle dure affermazioni di Xiao Bai, vice-sindaco di Lhasa, in un'intervista alla Reuters: un segnale che forse i dialoghi fra gli inviati del leader tibetano in esilio e Pechino sono già finiti.
La Cina aveva cercato contatti col Dalai Lama nel '79. Nel '93 il dialogo è stato sospeso e poi ripreso nel maggio 2003, con la visita a Pechino del fratello del Dalai Lama.
" Possiamo parlare col Dalai Lama ha detto Xiao solo se davvero egli rinuncia al principio dell'indipendenza del Tibet, abbandona le sue attività di divisione e afferma pubblicamente che il Tibet è parte integrante della Cina e che Taiwan è una provincia della Cina".
"Abbiamo comunicazioni solo con il rappresentante personale del Dalai Lama", ha continuato Xiao, attaccando il governo tibetano in esilio a Dharamshala (India). Il timore di Pechino è che il ritorno del Dalai Lama, la sua presenza fisica su luogo cinese, potrebbe catalizzare una nuova ondata di manifestazioni contro Pechino, sull'esempio di quanto è avvenuto negli anni '80, conclusasi con la legge marziale nell'89 e la soppressione violenta dei moti tibetani.
Pechino è così nervosa che nella regione è bandita ogni fotografia del 69enne Dalai Lama.
Molti tibetani implorano turisti di procurare loro una foto del Dalai Lama, nelle regioni più lontane dalla capitale, piccole fotografie del leader sono appese agli angoli degli altari, nei templi. Xiao ha escluso che il bando sulle fotografie venga tolto in tempi brevi: "Se non rinuncia alle sue attività di divisione [indipendentiste ndr] l'esposizione delle sue foto in pubblico sarà proibite".
Pur dall'esilio, il Dalai Lama continua ad esercitare una grande influenza "sul tetto del mondo". Coscienti di questo, le autorità cinesi di Lhasa, hanno deciso di limitare il numero delle vocazioni che possono entrare nei monasteri intorno alla capitale. Zhao Baoyun, vice direttore dell'Ufficio per gli Affari religiosi ed etnici di Lhasa afferma: "Il Dalai Lama ha una discreta influenza in Tibet, specialmente nei tre monasteri maggiori", cioè Sera, Drepung e Ganden.
A Ganden sono permessi 500 monaci; a Sera 600, a Drepung che una volta contenva fino a 10 mila monaci sono permessi solo 700 monaci. Per contrastare l'influenza del Dalai Lama ha precisato Zhao - tutti i religiosi ricevono un'educazione patriottica. "Pensiamo che i monaci e le monache abbiano capito che in Tibet possono godere piena libertà religiosa", ha detto Zhao, "e noi siamo ormai capaci di mantenere la sicurezza".
02/11/2018 11:08