Pechino “non ha alcuna pietà” per gli esuli nordcoreani
Seoul (AsiaNews) - Il governo cinese "continua come al solito con la politica dei rimpatri forzati dei nordcoreani trovati sul proprio territorio. Non è vero che Pechino abbia cambiato idea, anzi se possibile la situazione è peggiorata". Kim Yong Hwa, direttore dell'Associazione per i diritti umani dei rifugiati coreani, smentisce la possibilità di un cambiamento di rotta da parte delle autorità comuniste.
La notizia era stata diffusa lo scorso 18 aprile dallo Yomiuri Shimbun: secondo il quotidiano nipponico, alcuni dirigenti cinesi avevano confermato l'intenzione del proprio governo di fermare i rimpatri forzati. Secondo un accordo fra Pechino e Pyongyang, tutti i nordcoreani fermati sul territorio cinese devono essere rimandati a casa: qui li aspettano anni di lavori forzati o persino la morte, dato che la fuga dal Paese è considerata alto tradimento.
Secondo Kim "il governo cinese sta continuando come al solito nella sua durezza. L'unica eccezione riguarda donne coreane che siano sposate con uomini cinesi: data la carenza di donne in Cina per la politica del figlio unico, chiudono un occhio. In ogni caso, parlare di miglioramento della situazione è del tutto sbagliato".
Una fonte del DailyNK, che vive nella provincia nordcoreana di Yangkang, racconta: "Qui tutti vorrebbero fuggire, ma sappiamo bene cosa ci aspetta se veniamo scoperti. Il numero dei rimpatri non viene mai comunicato in maniera ufficiale, ma l'unico motivo che ci trattiene qui è la durezza delle autorità cinesi".
Al momento, la situazione al confine sembra peggiorare. Kim Jong-un, terzogenito ed erede del dittatore defunto Kim Jong-il, ha infatti ordinato agli agenti della National Security Agency - i servizi segreti di Pyongyang - di riprendere dai militari il controllo del confine. Si tratta di una scelta politica adottata anche dal padre nei primi tempi del suo regime, che mira ad assicurare il minor numero possibile di fughe dal Paese.
27/02/2017 08:58
24/02/2017 08:40