Pechino – Usa: al via il summit sui diritti umani. Con qualche ipocrisia
di Wang Zhicheng
Si aprono oggi in Cina due giorni a porte chiuse per discutere della situazione delle libertà individuali nel Paese. In agenda il caso di Ai Weiwei e la recente ondata di repressione contro i cristiani protestanti. Attivisti per i diritti umani: “Incontri ipocriti e spesso inutili. Washington deve usare il suo peso per ottenere qualcosa di concreto”. E fra due settimane partono i colloqui sull’economia.
Pechino (AsiaNews) - Rappresentanti ufficiali del governo cinese ed americano si incontrano oggi per un meeting di due giorni a porte chiuse per parlare di diritti umani. Ma diversi attivisti che combattono da anni contro le violazioni ai diritti umani avvertono: “Questi incontri producono scarsissimi risultati. Speriamo che Washington voglia davvero porre l’accento sulle violazioni e non sia soltanto un’occasione per fare bella figura”.
La delegazione cinese sarà guidata dal dirigente del ministero degli Esteri Chen Xu, mentre per gli Stati Uniti sarà presente l’assistente Segretario di Stato con la delega ai diritti umani e ai lavori forzati Michael Posner. Un documento pubblicato da Foggy Bottom recita: “I dialoghi si concentreranno sullo sviluppo della situazione dei diritti, incluso il recente fenomeno negativo fatto di sparizioni forzate e detenzioni illegali”.
Da parte sua, Pechino ha ribadito il proprio ritornello: “La Cina – ha dichiarato il portavoce governativo Hong Lei – si oppone all’utilizzo dei diritti umani come uno strumento che le altre nazioni usano per interferire negli affari interni del nostro Paese”.
I dialoghi nel campo dei diritti umani fra i due Paesi sono stati sospesi per molti anni durante la prima e la seconda amministrazione Bush. Sono ripresi nel 2008, ai margini delle elezioni presidenziali, ma fino ad ora non hanno prodotto risultati concreti. In agenda per il summit di oggi dovrebbe esserci il caso di Ai Weiwei, noto artista e attivista per i diritti umani arrestato alcune settimane fa, e i raid contro i fedeli cristiani protestanti compiuti nelle maggiori città cinesi.
Alcuni analisti credono che la recente campagna di repressione sia stata lanciata da Pechino per evitare una “ rivoluzione dei gelsomini”, simile a quella in corso in Medioriente e Africa settentrionale; altri pensano che sia un modo per la nuova classe politica cinese di dimostrare la propria forza. In ogni caso, la Cina sembra più preoccupata del solito e, attraverso i propri organi di stampa, ha sottolineato con forza la propria differenza dai governi arabi sotto assedio in questi giorni.
Tuttavia, i gruppi che operano sul campo per la difesa dei diritti umani in Cina sono scettici. Renée Xia, direttore internazionale del Chinese Human Rights Defender, spiega: “Questi incontri a porte chiuse, fra rappresentanti di governi con idee molto diverse sulla questione, sono spesso inconcludenti. Il governo americano può e deve usare questi incontri per chiedere conto alla Cina dei propri crimini contro le libertà individuali”.
“Sospetta”, secondo le Ong, anche la tempistica del meeting: “A meno di due settimane da oggi si aprirà il Dialogo strategico ed economico fra Cina e Stati Uniti a Washington, un’occasione per rinegoziare i tassi di interessi sul debito estero americano in mano a Pechino. Anche se gli Usa usano questi incontri per ottenere una forma di pressione, devono cercare di ottenere il massimo”.
Mao Yushi, economista liberale che vive nella capitale cinese, è invece ottimista: “Ogni voce straniera contro le violazioni è bene accetta, soprattutto oggi che la situazione in Cina sembra la peggiore da anni. Certo, le “coincidenze” economiche ci sono: ma ben vengano, se servono a liberare delle persone”.
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