Pechino vuole schedare 17 milioni di bloggers
Secondo il presidente della Società governativa per Internet, comunicare i dati reali degli utenti è una scelta obbligata. Al vaglio la proposta di impedire la pubblicazione di opinioni sotto pseudonimo.
Pechino (AsiaNews) Il governo di Pechino vuole schedare i diversi milioni di cinesi che usano Internet per pubblicare le loro opinioni sotto pseudonimo e costringerli così a sottostare alla censura centrale. Lo riportano oggi i media statali.
Secondo il nuovo sistema, attualmente al vaglio dei legislatori, gli utenti potranno continuare ad usare i loro nomi di fantasia per scrivere sui blog [diari virtuali ndr], ma saranno costretti a registrare i loro dati reali presso gli uffici governativi locali.
Per Huang Chengqing, capo della Società cinese di Internet (Sci), richiedere il vero nome è "una scelta obbligata" se il Paese vuole sviluppare nella maniera più adeguata la sua comunità di scrittori virtuali. Il fiunzionario governativo sottolinea che "vi è bisogno di un uso bilanciato di Internet, che deve essere libero ma responsabile". La Sci è l'organizzazione governativa che si occupa dello sviluppo del nuovo sistema di controllo.
La Cina ha 17 milioni di scrittori virtuali ed oltre 123 milioni di utenti Internet. Il numero, secondo stime ufficiali, è destinato a raggiungere i 150 milioni entro il 2008.
Secondo la Xinhua, alcuni scrittori virtuali "usano il loro anonimato per disseminare informazioni false ed irresponsabili: rappresentano una cattiva influenza per il popolo". Il governo, tuttavia, "si rende conto che la decisione di schedare i bloggers rappresenta un argomento che crea problemi alla privacy ed alla libertà di espressione".
Diversi gruppi per i diritti umani hanno spesso criticato la Cina per la censura che opera sui contenuti che ritiene "pericolosi", come le informazioni sulla situazione dei diritti umani nel Paese e la democrazia in stile occidentale. Al momento è proibita la ricerca di parole come diritti umani, democrazia, Taiwan e Dalai Lama
Inoltre, molti fra i maggiori motori di ricerca internazionali si sono attirati il biasimo della comunità mondiale per aver risposto in maniera positiva alle richieste del regime di censurare i propri contenuti e per aver fornito alle autorità i mezzi per individuare quegli utenti che hanno usato la rete come mezzo di libera espressione.
Grazie all'aiuto di Yahoo!, ad esempio, il governo ha potuto arrestare diversi cyber-dissidenti fra cui Li Zhi, condannato nel 2003 ad otto anni di carcere per "aver fomentato la sovversione tramite Internet".