Pechino e Tokyo si scoprono meno nemici
Tokyo (AsiaNews) - Procede il movimento di riconciliazione tra Giappone e Cina: i passi di avvicinamento tra i due colossi dell’Asia orientale sono sia a livello politico, con il significativo previsto scambio di visite tra i premier Wen Jiabao e Shinzo Abe, sia a livello sociale, mentre erano già eccellenti sul piano economico.
Il merito principale appare dover essere attribuito alla nuova diplomazia asiatica instaurata dal nuovo primo ministro giapponese Shinzo Abe. Fino a pochi mesi fa le relazioni tra i due colossi dell’Asia, ottime a livello economico, erano disastrose a livello diplomatico. Le ripetute visite al santuario nazionalista Yasukuni da parte del predecessore di Abe, l’ex primo ministro Junichiro Koizumi, e la diversa percezione della storia dei rapporti tra i due Paesi, ne erano la causa. Il 14 gennaio, invece, in occasione del summit delle nazioni dell’Asia, tenutosi nell’isola di Cebu (Filippine), Abe si è incontrato con il premier cinese Wen Jiabao in un colloquio che è stato definito cordiale e positivo.
E’ il frutto delle decisioni prese da Abe che fin dall’inizio del suo mandato ha posto le premesse per un cammino di effettivo avvicinamento con la Cina sia a livello politico che psicologico. All’inizio di ottobre, a sole due settimane dalla sua elezione, ha fatto una visita lampo a Pechino ed a Seoul, interrompendo la tradizione che dava la precedenza a Washington.
Non si è trattato di una semplice visita di cortesia, ma di un incontro al vertice accuratamente preparato dalle due diplomazie. Il premier giapponese ha incontrato il collega Wen e il presidente Hu Jintao.
Kazuo Ogoura, professore di scienze politiche all’università Aoyama (Tokyo), ritiene che “quella visita ha rappresentato un efficace contributo per allentare le tensioni tra Tokyo e Pechino e, a lungo termine, ha aiutato a porre le fondamenta su cui realizzare forti relazioni”. L’evidenza di tale giudizio è contenuto in un paragrafo storico della dichiarazione congiunta. In questa frase si legge che “dalla fine della seconda guerra mondiale il Giappone ha seguito il cammino di una nazione pacifica e democratica, contribuendo in questo modo a mantenere la pace globale e a costruire relazioni di amicizia con la Cina”. Nella dichiarazione si dice espressamente che la Cina condivide questa percezione. Non si è fatto alcun accenno esplicito alle visite al santuario Yasukuni, per non mettere in imbarazzo il nuovo premier giapponese e questi, da parte sua, durante la feste di capodanno ha mostrato sufficiente sensibilità diplomatica: al posto del santuario contestato ha visitato, il sacrario dedicato all’imperatore Meiji.
Circa la diversa percezione della storia i due leader si sono accordati di separarne la discussione dall’agenda politica e affidarla a una commissione mista composta da 10 ricercatori e storici da una parte e dall’altra.: i risultati della ricerca congiunta saranno resi pubblici entro la fine del 2008. Dopo la prima sessione tenutasi in dicembre, Abe ha detto: “è molto significativo che la storia sia discussa da accademici sulla base della loro competenza. Ciò è positivo per ambedue le nazioni”.
L’atmosfera di riconciliazione che ha caratterizzato l’incontro di ottobre a Pechino è stata concretamente confermata nel colloquio di Cebu. In questa occasione Wen ha assicurato Abe che la Cina avrebbe impegnato la sua influenza diplomatica su Pyongyang per risolvere il problema dei rapimenti di cittadini giapponesi da parte dei nord-coreani, promessa che il governo cinese non aveva mai fatta finora. Inoltre ha accettato l’invito di compiere una visita in Giappone nel prossimo mese di aprile ed ha invitato Abe a tornare in Cina, quest’anno. Gli analisti ritengono che la visita del premier a Tokyo è il preludio di quella del presidente Hu Jintao. Dal 2002 non si hanno visite di Stato a livello di vertici.
L’atmosfera delle relazioni sembra radicalmente migliorata anche a livello popolare. La China Central Television sta mandando in onda una serie di documentari storici dal titolo “Il sorgere delle grandi potenze”. Nell’autunno scorso ha introdotto quello sul Giappone con queste parole: “Circa 150 anni fa, il Giappone, nazione-isola, si è trovata a dover affrontare una fatale crisi data dalla minaccia dei colonialisti occidentali.. Il Giappone ha trasformato questa crisi in una opportunità storica di sbarazzarsi del vecchio (modo di vivere) e rigenerarsi. In questo modo ha edificato la prima nazione moderna dell’Asia”. La trasmissione ha attirato l’attenzione di molto pubblico. “Questo programma televisivo, scrive l’editorialista dell’Asahi, segnala la nuova volontà della Cina di giudicare il Giappone così com’è. Questo era impensabile solo pochi anni fa quando le dimostrazioni antigiapponesi infuriavano nelle maggiori città della nazione”.
Ora sono persino molto aumentati i giovani cinesi che desiderano studiare il giapponese. Nel mese di dicembre i postulanti per gli esami di profinciency hanno superato i 200.000; nessuna altra nazione ne ha così tanti
Anche da parte dei giovani giapponesi c’e’ impegno per conoscere i coetanei cinesi. Particolarmente efficace è risultato il sistema di teleconferenze realizzate da due prestigiose università di Tokyo, la Waseda e la Keio, per favorire discussioni tra i loro studenti e quelli delle università di Pechino e Tsinghua in Cina. In queste conferenze televisive gli studenti, da una parte e dall’altra, discutono argomenti di vita di ogni giorno sia in giapponese che in cinese. Kazuko Sunaoka, la docente di lingua cinese che ha iniziato questo programma alla Waseda, ha detto che “gli studenti delle due nazioni, attraverso queste conversazioni, spesso scoprono che hanno molto in comune”.