Pechino e New Delhi: alla ricerca di una difficile alleanza
New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – Inizia domani la visita di 3 giorni del premier indiano Manmohan Singh in Cina. Singh incontrerà il premier Wen Jiabao e il presidente Hu Jintao e fonti ufficiali già hanno annunciato che saranno siglati almeno 5 accordi, tra cui la cooperazione tra due grandi ditte ferroviarie statali. Ma tutti si chiedono come potranno evolversi, nel medio periodo, i rapporti tra i due maggiori Stati mondiali, le cui economie sono in rapida crescita.
Nei giorni scorsi Priya Ranjan Dasmunshi, ministro indiano al Commercio, ha annunciato che ci saranno accordi anche in materia immobiliare, gestione del territorio, medicina tradizionale e studi geologici. I rapporti tra i due Stati sono ripresi da pochi anni, dopo la guerra di confine del 1962 che non è ancora conclusa: New Delhi accusa la Cina di occupare 38mila chilometri quadrati di suo territorio, mentre Pechino reclama l’intero Stato indiano dell’Arunachal Pradesh, esteso 90mila chilometri quadrati e con oltre un milione di abitanti. Inoltre l’India lamenta che Pechino è poco trasparente in campo militare e la Cina vede con sospetto le esercitazioni militari navali svolte a settembre da India, Stati Uniti, Giappone e Australia nell’Oceano indiano. La Cina è uno stretto alleato militare del Pakistan, tradizionale rivale dell’India, mentre New Delhi dà rifugio ai profughi tibetani che Pechino definisce terroristi e traditori secessionisti.
Nei giorni scorsi Singh ha ripetuto che “la Cina è il nostro più grande vicino e in molti campi il rapporto con la Cina è una necessità imperativa”. Da sole, le 2 Nazioni hanno un terzo della popolazione mondiale.
Anche se Pranab Mukherjee, ministro indiano degli Esteri, ha avvisato di non attendersi grandi novità da questo viaggio, è un dato di fatto che gli scambi commerciali tra i due Paesi sono cresciuti da 1,8 miliardi di dollari nel 1999 ai 20 miliardi previsti quest’anno e la Cina è ora il primo partner commerciale di New Delhi. Peraltro l’India già lamenta che Pechino compra materie prime, anzitutto ferro, ed esporta manifatture che potrebbero ostacolare la crescita dell’industria interna indiana. New Delhi nel 2007 ha avuto un disavanzo commerciale di oltre 9 miliardi verso Pechino e fonti ufficiali hanno già ammonito che simile “deficit è tollerabile solo per un periodo limitato”, prospettando una politica protezionista e il rischio di una guerra commerciale. Per di più Singh ha bisogno di risultati concreti e non può trascurare la sua immagine interna, dopo che la coalizione di governo ha subito varie sconfitte elettorali nel 2007, problema invece sconosciuto nella non democratica Pechino.
Ma Jiali, professore dell’Accademia cinese per i rapporti internazionali contemporanei, dice che “l’India non ci vede più come un nemico. Ci possono considerare un rivale, ma almeno non una minaccia”. La rivalità è radicata nelle due popolazioni: anche se insieme hanno oltre 2,3 miliardi di abitanti, nel 2006 solo 67mila cinesi sono stati in India per turismo e circa 400mila indiani in Cina, soprattutto commercianti e studenti. Nel 2006 solo 200 cinesi hanno studiato in università dell’India.
Comunque tutti gli esperti concordano che i due Stati, con l’ambizione comune di essere una superpotenza mondiale, possono avere solo vantaggi da una cooperazione pacifica. La domanda di tutti è in quale modo e con quali tempi si evolverà questo rapporto.
Il professor Ma ritiene che ognuno dei due popoli possa imparare molto dall’altro. “La Cina – dice – vuole costruire una società armoniosa. Certo possiamo imparare qualcosa dall’esperienza dell’India, che ospita culture diverse e che pratica tolleranza su convinzioni e religioni differenti”. (PB)
17/08/2007