Pechino deve liberarsi dalla politica ridicola dell'Associazione Patriottica
Roma (AsiaNews) - Le ordinazioni illecite avvenute in Cina alcune settimane fa sembrano aver mandato in briciole i timidi segnali di dialogo con il Vaticano, iniziati l'anno scorso alla morte di Giovanni Paolo II. Con una Cina sempre più ingolfata in tensioni sociali, ci domandiamo come mai Pechino abbia voluto aprire un altro fronte che sta riversando sul Paese le critiche della comunità internazionale, non ultima quelle del cancelliere tedesco Angela Merkel, che vede nella mancanza di libertà religiosa un elemento che conferma la debolezza e fragilità del sistema-Cina.
Un ultimo intoppo sulla questione "ordinazioni" è emerso in questi giorni a Zhouzhi (Shaanxi), dove mons. Wu Qinjing, ordinato dal defunto arcivescovo di Xian, Antonio Li Duan, non viene riconosciuto dal governo, che definisce la sua ordinazione "illegale". In realtà le autorità locali avevano pensato di mettere al suo posto un altro sacerdote, Zhao Yinshen, famoso per il suo fiuto negli affari e per aver fatto favori al governo. L'unico problema è che nessuno dei cattolici lo rispetta.
Eppure, proprio in questi giorni il Ministero degli esteri ha detto ancora una volta che "la Cina è sincera nel desiderio di migliorare i rapporti col Vaticano". Nello stesso tempo, il pomeriggio del 19 maggio l'Ufficio governativo per gli affari religiosi (Uar) ha chiamato a Pechino 19 giovani vescovi, ordinati nell'ultimo anno. A presiedere l'incontro vi era Liu Yandong, direttore del Fronte Unito e membro del Comitato Centrale del Partito comunista. È anche apparso Michele Fu Tieshan, vescovo patriottico di Pechino ormai molto malato, per parlare delle ordinazioni (illecite) avvenute a Kunming e Wuhu; presente anche Wang Zoar, vice-direttore dell'Uar per i cattolici. Il fine dell'incontro - tenuto segretissimo - era quello di istruire i giovani vescovi sulla politica religiosa del governo e riaffermare la volontà di proseguire con la politica delle nomine e delle ordinazioni "indipendenti" da Roma.
Un simile incontro, con alte personalità del governo, sembra confermare i timori e le analisi di quanti dicono che la mossa delle ordinazioni illecite era voluta dal governo centrale. Bisogna dire che se è così, Pechino si è davvero coperta di ridicolo. Via via che ci giungono notizie sulle ordinazioni del 30 aprile e del 3 maggio, si scopre che l'Associazione Patriottica ha faticato non poco a trovare vescovi disposti a ordinare i nuovi candidati: ha diramato notizie false dicendo che "c'era il permesso del papa" e ha dovuto strappare dal letto della sua malattia - facendolo curare da una troupe specializzata di medici - l'89enne vescovo Bernardino Dong Guangqing che, raggirato, ha ordinato il nuovo vescovo di Kunming seduto su una sedia a rotelle!
Anche nel caso di Wuhu vi sono state pressioni dell'AP sul candidato e sul governo locale per attuare un gesto disapprovato da tutti i cattolici cinesi, ufficiali e sotterranei.
In realtà, quel che appare evidente non è il coinvolgimento della leadership nelle questioni religiose, ma il fatto che essa "lasci fare" ai quadri intermedi dell'AP e dell'Uar una politica anti-Santa Sede senza contrastarli. È ormai da anni che la politica del governo centrale verso la Chiesa è in balia dell'AP.
Proprio mentre nel '99 correvano voci di un avvicinamento fra Cina e Vaticano, l'AP ha programmato per il 6 gennaio 2000 l'ordinazione di 12 nuovi vescovi. Sette di loro hanno poi rifiutato la nomina, essendo venuti a conoscere che non vi era l'approvazione della Santa Sede; i 5 rimasti sono stati isolati e ingannati per fare accettare loro l'ordinazione. Alla cerimonia, svoltasi a Pechino nella cattedrale dell'Immacolata Concezione di mattino presto, hanno partecipato solo alcuni prelati patriottici, fra cui Fu Tieshan, arcivescovo di Pechino e Liu Yuanren, arcivescovo di Nanchino, non riconciliati con il Vaticano. Sacerdoti, fedeli e altri vescovi invitati sono rimasti assenti. Perfino i seminaristi del seminario nazionale di Pechino hanno disertato la cerimonia. In una lettera al loro rettore avevano espresso il loro dispiacere per l'ordinazione avvenuta senza il consenso del Vaticano. Le ordinazioni illecite del 2000 sono servite ad allontanare i timidi tentativi di dialogo di cui si parlava nel '99.
La prova di forza delle scorse settimane è motivata ancora dal tentativo di distruggere l'avvicinamento fra Pechino e Santa Sede. In caso di relazioni diplomatiche, sia il governo che il Vaticano vogliono fare a meno dell'AP. In molte regioni la tensione fra i segretari dell'AP e i fedeli, sotterranei e ufficiali, è tale da mettere in crisi il progetto di "società armoniosa" e vicina al popolo che Hu Jintao sta perseguendo. Da parte vaticana e della Chiesa ufficiale e sotterranea si fa sempre più strada l'idea di accettare l'iscrizione delle comunità e dei vescovi presso l'Ufficio affari religiosi governativo, senza però aderire all'AP, che lavora per una chiesa nazionale e indipendente da Roma.
Vari analisti hanno giustificato la mossa della Cina, come una "contromossa" alla nomina del card. Zen a cardinale, avvenuta in febbraio. Il card. Zen è molto conosciuto per essere paladino della libertà della Chiesa e difensore dei diritti dell'uomo in Cina e ad Hong Kong. In realtà le "contromosse" cinesi datano da molto prima e hanno tutte la firma dell'AP. Esse risalgono proprio ai tentativi di dialogo fra Cina e Vaticano iniziati verso la fine del pontificato di Giovanni Paolo II, quando personalità del governo cinese hanno "promesso" che avrebbero inviato vescovi al Sinodo e hanno invitato le Missionarie della Carità di Madre Teresa ad aprire una casa a Qingdao: erano importanti segni di disgelo. Ma subito in luglio-agosto è iniziata una campagna dell'AP per "mettere in riga" sacerdoti e vescovi della Chiesa ufficiale, ricordando loro l'ubbidienza all'AP e il metodo "elettivo" senza avallo della Santa Sede per le nomine episcopali. E mentre si bloccava l'andata delle suore di Madre Teresa in Cina che ancora adesso attendono il permesso ufficiale e si proibiva ai vescovi invitati dal papa di giungere a Roma per il Sinodo sull'Eucaristia, si imprigionavano decine di sacerdoti della Chiesa sotterranea, quasi a ritornare ai tempi d'oro del maoismo.
In mezzo a tante difficoltà, il frutto di tutto questo sembra essere un rafforzamento dell'unità della Chiesa cinese. Ne è testimonianza la campagna di preghiera lanciata dai vescovi sotterranei per i sacerdoti della Chiesa ufficiale "perché siano forti e fedeli al papa" di fronte alle pressioni dell'AP. La campagna, cui ha aderito anche AsiaNews, ha trovato sostegno e accoglienza non solo in Cina, ma in tutto il mondo.