Pechino attacca: “Il Nobel a Liu va ritirato, la Commissione chieda scusa”
Pechino (AsiaNews) - Per i cinesi, la Norvegia e il comitato che ha assegnato il Nobel al dissidente Liu Xiaobo “dovrebbero ritirare il premio e chiedere scusa alla Cina”. Lo afferma un sondaggio pubblicato questa mattina sul Global Times, l’edizione inglese del governativo Quotidiano del popolo, dove si sostiene che 6 cinesi su 10 vogliono il ritiro del premio e le scuse di Oslo. I numeri sono chiari, ma contraddittori fra di loro: sull’argomento premio Nobel, infatti, la stampa cinese non ha ancora pubblicato alcuna notizia. Inoltre, sempre secondo il sondaggio, il 75% degli intervistati non sa chi ha vinto il Nobel.
In ogni caso, il 43,6% degli interpellati è convinto che la ragione principale dell’assegnazione del premio al dissidente cinese in carcere va imputato alla volontà dei Paesi occidentali di fare pressioni sulla Cina. Per il 31,5%, il premio è un tentativo del comitato del Nobel di imporre in Cina valori occidentali. Il sondaggio è stato realizzato dal Global Poll Center per conto del quotidiano cinese: tra venerdì e sabato sono stati interpellati i cittadini di Pechino, Shanghai e Guangzhou.
Per il 57% dei cinesi, il governo dovrebbe tenere Liu ancora in carcere fino alla fine della sua pena, mentre il 17,3% crede che il dissidente debba essere rilasciato fra qualche di tempo per permettergli di lasciare la Cina; soltanto il 9% chiede il rilascio immediato di Liu per permettergli di andare a Oslo a ritirare il premio. Secondo il sondaggio, però, il 75% degli intervistati non sa chi abbia vinto il premio Nobel quest’anno. L’editoriale che accompagna il sondaggio accusa inoltre l’Occidente di “voler provocare un serio scontro ideologico con la Cina”.
Per Ni Feng, direttore dell’Institute of American Studies all’Accademia cinese di Scienze sociali, “il sondaggio dimostra come ai cinesi del premio Nobel e di Liu Xiaobo non interessi nulla, mentre interessa il prezzo delle case e gli stipendi”.
Il governo cinese, evidentemente, la pensa in maniera diversa. Pur cercando di tenere bassa l’allerta interna riguardo al premio, infatti, Pechino ha lanciato da una settimana una tornata di repressione contro i dissidenti interni. A denunciarlo oggi sono i parenti delle persone uccise nella sanguinosa repressione delle proteste di piazza Tiananmen del 1989, che hanno condannato la polizia cinese per i rastrellamenti dei sostenitori del premio Nobel Liu Xiaobo. Tra questi c’è anche la leader delle “Madri di Tiananmen”, Ding Zilin.
Zhang Xianling, portavoce del gruppo, dichiara: “Condanniamo con forza il governo per aver privato Ding Zilin della libertà. È un crimine: protestiamo con decisione e chiediamo al governo di liberarla il più presto possibile, dandole la possibilità di contattare i suoi amici”. I membri del gruppo non sono riusciti a contattare Ding e suo marito Jiang Peikun per quattro giorni, perché i loro telefoni non sono raggiungibili. Alcuni pensano che i due siano nella cittadina di Wuxi, nel sudest del Paese, dove hanno una casa.
Secondo Hu Yong, professore dell'univrsità di Pechino che analizza l’impatto di internet nella società, “il Nobel a Liu Xiaobo arriva in un momento cruciale nella storia del Paese. La blogosfera è impazzita dopo l’annuncio, e questo dimostra come – nonostante la censura del governo – internet e soprattutto Twitter stiano diventando i nuovi strumenti per la comunicazione di massa”.
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