Pechino apre alla cooperazione spaziale (in concorrenza con Washington)
Anche altri Paesi potranno prendere parte alla missione Chang'e 8 che nel 2026 porrà le basi per la stazione lunare cinese. Intanto verranno raddoppiati da 3 a 6 i moduli della stazione spaziale di Pechino. Mosse che mirano a costruire alleanze per avere più voce in capitolo sul tema caldissimo delle normative internazionali sulle attività nello spazio.
Baku (AsiaNews/Agenzie) - La Cina ha aperto alla comunità internazionale la possibilità di prendere parte alla sua missione lunare Chang’e 8. La notizia è stata annunciata dall’Agenzia Spaziale Cinese (Csna) durante il Congresso Astronautico Internazionale, ospitato per la sua 74esima edizione nella capitale azera.
Le missioni Chang’e, che prendono il nome dalla dea della Luna della tradizione cinese, hanno come scopo l’esplorazione del satellite naturale del nostro pianeta e sono iniziate nel 2007, con l’ingresso nell’orbita lunare della sonda Chang’e 1. Chang’e 8 seguirà Chang’e 7 nel 2026. Le due missioni, che hanno il compito di studiare possibili risorse nel polo sud della Luna, saranno fondamentali per la futura costruzione dell’International Lunar Research Station (Ilrs), la base lunare sponsorizzata dalla Cina, che Pechino ha ipotizzato per i primi anni 30.
Secondo quanto riportato dalla Csna, la cooperazione tra la Cina e i suoi partner internazionali per Chang’e 8 darà priorità a tre tipi di missione: esplorazione della superficie lunare attraverso veicoli spaziali, che includono anche iniziative congiunte; missioni per la ricerca, l’estrazione e il raccoglimento di campioni tramite robot lunari; altri progetti di cooperazione scientifica avanzata con la produzione di carico scientifico utile alla Missione Chang’e 8 e complementare al carico utile cinese.
I Paesi interessati sono stati invitati a inviare le proprie proposte entro la fine dell’anno, mentre una selezione finale verrà compiuta entro settembre 2024.
L’apertura alla partecipazione di Paesi terzi alla missione Chang’e 8 costituisce un’iniziativa di portata strategica immensa per Pechino. L’obiettivo è incrementare il riconoscimento internazionale del proprio programma spaziale. La Cina, esclusa dalla Stazione spaziale internazionale (Iss) per via dei timori statunitensi legati all’apparato militare del Partito comunista, ha bisogno di creare un contesto entro il quale la Cina possa essere riconosciuta come potenza spaziale e possa dunque partecipare alla legiferazione per i principi dell’esplorazione e dello sfruttamento dello spazio.
Nella stessa direzione va anche l’intenzione – annunciata ieri da Pechino - di espandere la propria stazione spaziale a tre a sei moduli nei prossimi anni, offrendo così agli astronauti di altre nazioni una piattaforma alternativa alla Stazione spaziale internazionale (che si avvicina alla fine del suo ciclo di vita).
Le attività legate allo spazio diventano sempre più eterogenee e questo rende le normative internazionali in materia una materia urgente, osteggiata però da una profonda frammentazione di sistemi e priorità legali. Essere protagonisti della legiferazione sullo spazio, significa dunque stabilirne le regole per il suo sfruttamento, un’opportunità a cui pechino non può rinunciare.
Pechino ha mosso il primo passo verso lo spazio nel 1964, nel pieno della guerra fredda. Da allora è diventata uno dei pochi Paesi a raggiungere Marte e l’unico a raggiungere il lato oscuro della Luna grazie alla missione Chang’e 4. Non solo, grazie all’iniziativa Space Innovation Corridor, che consente ai Paesi partecipante di accedere ai satelliti o di ottenere la possibilità di effettuare lanci nello spazio, la scienza spaziale costituisce anche un aspetto estremamente rilevante della Belt and Road Initiative. Oggi, dunque, il programma spaziale costituisce un elemento chiave della politica di Xi Jinping che lo ritiene parte integrante del sogno cinese (中国梦) vista la sua rilevanza per la sicurezza, lo sviluppo e il prestigio del Paese.
Foto: Wikipedia / China News Service
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