Pechino ammorbidisce i toni in vista del 1° luglio
Anche i democratici aprono spazi di dialogo con il governo e con Pechino
Hong Kong (AsiaNews/SCMP) Alla vigilia della marcia di protesta del 1 luglio, la Cina mostra qualche timida apertura verso il movimento democratico, promettendo di dare un visto per Pechino a un attivista di Tiananmen. Negli ultimi tempi, i rapporti tra Pechino e la popolazione di Hong Kong erano divenuti sempre più tesi. L'ultimo passo è stata la decisione della Cina di bloccare ogni riforma politica, frenando la richiesta (voluta dall'80% della popolazione) per l'elezione diretta del governatore e il suffragio universale nel territorio. Negli ultimi mesi alcune personalità avevano anche denunciato alcuni attentati contro la libertà di espressione.
L'ammorbidimento è evidente nella decisione di concedere un visto d'ingresso all'attore e regista John Shum Kin-fun. Shum è una delle figure chiave dell'Operation yellow bird (Operazione uccello giallo), una rete clandestina che ha aiutato attivisti e dissidenti del movimento democratico di Tiananmen a fuggire dalla Cina per scampare alla repressione del governo. Solo due settimane fa, le autorità cinesi avevano detto che l'Operation yellow bird era il principale ostacolo per il ritorno in patria degli esponenti del movimento democratico. In questi giorni un funzionario del governo centrale presente a Hong Kong ha assicurato al regista il rinnovo a breve del permesso di rientro. Va detto comunque che per ora il visto è stato solo "promesso". Ad altri importanti attivisti politici come Martin Lee Chun-ming, ex presidente del Partito democratico è ancora vietato entrare in Cina. Ma nei giorni scorsi Tung Chee-hwa impopolare a Hong Kong per la sua arrendevolezza verso Pechino ha incontrato esponenti del Partito e del movimento democratico e questo è parso a molti un altro segno di distensione. Anche il battagliero mons. Joseph Zen Ze-kiun, vescovo di Hong Kong, ha avuto colloqui con funzionari cinesi presenti nel territorio.
Anche da parte dei democratici c'è desiderio di non inasprire la situazione. Per questo il movimento democratico ha deciso di modificare il tema della marcia del 1 luglio: non più il suffragio universale, ma una serie di rivendicazioni più generiche come "combatti per la democrazia", "difendi la libertà", "riaccendi la speranza", "ricostruisci Hong Kong". Ma alcuni esponenti del movimento temono che i cittadini di Hong Kong possano interpretare questo nuovo approccio come un cedimento verso Pechino. Joseph Cheng Yu-shek, professore alla City University di Hong Kong e a capo del movimento Power for Democracy, ha dichiarato: "Non abbiamo assolutamente cambiato posizione. Siamo determinati a combattere per il suffragio universale. Manifestiamo i nostri intenti in modo più positivo ed efficace". In particolare, i democratici hanno rinunciato a usare lo slogan "restituire il potere al popolo", che ha suscitato le ire di Pechino. Lee Cheuk-yan, della Confederazione dei sindacati, ha comunque sollecitato i cittadini di Hong Kong a non rinunciare alla manifestazione a causa dell'apparente "riconciliazione" tra Pechino e i democratici.
Secondo un sondaggio nel sito del South China Morning Post, prestigioso quotidiano di Hong Kong, il 51% dei visitatori ha detto che parteciperà alla marcia del 1 luglio. (ThR)
29/06/2020 10:43