Pechino all’Ue: ancora un no a pressioni sulla giunta birmana
In Cina l’inviato speciale dell’Unione europea in Myanmar incontra alcuni esponenti del governo, che ribadiscono: la Birmana è un “affare interno”, non interferiremo. Ma Pechino è considerata l’unica a poter esercitare efficace pressione sul regime di Naypydaw. E finora i successi ottenuti nei negoziati con i generali sono stati solo apparenti.
Pechino (AsiaNews) - La Cina ribadisce all’Unione Europea il suo “no” ad interferire nella crisi birmana e ad esercitare pressioni dirette sulla giunta militare, perché attui riforme democratiche. Si conclude così la visita di due giorni a Pechino dell’inviato speciale Ue per il Myanmar, Piero Fassino, che tra il 18 al 19 dicembre ha incontrato a Pechino l’assistente del ministro cinese degli Esteri, He Yafei, e il capo del Dipartimento internazionale del Partito comunista, Wang Jiarui. Scopo del viaggio, conquistare l’appoggio del gigante asiatico per risolvere la crisi nell’ex Birmania. La Cina è una dei pochi alleati del regime di Naypydaw ed è considerata la sola realmente in grado di influenzare le politiche del generalissimo Than Shwe.
Dalla repressione violenta delle proteste guidate dai bonzi buddisti a fine settembre, Pechino ha però sempre sostenuto - di fronte ad Onu, Asean ed Ue - che quella birmana è una “questione interna”, la cui soluzione spetta al “popolo birmano”. “Durante i miei incontri - dichiara oggi l’inviato Ue – le autorità cinesi hanno chiarito che il futuro circa la crisi birmana è nelle mani dei birmani stessi”. Tuttavia Fassino ritiene “fondamentale” l’intervento della Cina. Ricorda l’“importante ruolo” giocato da Pechino nella fase iniziale della crisi, che ha portato ai colloqui tra l’inviato speciale Onu Ibrahim Gambari e membri della giunta, come pure alla nomina di Aung Kyi a ministro per i rapporti con la leader democratica Aung San Suu Kyi, da anni agli arresti domiciliari.
Peccato che entrambi i “successi” si siano rivelati inconsistenti e solo di facciata. Le richieste dell’Onu, tra cui liberare la Suu Kyi e dare impulso al processo di riconciliazione nazionale, includendo i settori sociali birmani, sono state attuate solo in parte: il premio Nobel è ancora ai domiciliari, mentre la giunta ha già avvertito che nei lavori per la stesura della nuova Costituzione non entrerà l’opposizione politica. Nyan Win, portavoce del partito di Suu Kyi, Lega nazionale delle democrazia, ha inoltre denunciato lo “stallo” dei colloqui tra Aung Kyi e la “Signora”. Dopo i primi tre incontri nei mesi scorsi, al momento non esiste un programma per l’immediato futuro, né un’agenda da discutere.
Dopo un primo rifiuto per il 2007, Fassino ha fatto richiesta alle autorità birmane di poter visitare il Paese tra febbraio e marzo prossimo. I generali devono ancora rispondere.
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