Patriarca melkita di Damasco: Urgente il dialogo fra il governo e i giovani
di JPG
Nel messaggio dedicato ai musulmani per la fine del Ramadan, il patriarca cattolico afferma che “non è troppo tardi” per una “interazione” fra Bashar el Assad e i giovani dell’opposizione. Critiche ai governi arabi, sordi ai “dolori e alle aspirazioni dei loro popoli”; critiche anche a Stati Uniti ed Europa che vogliono dettare legge.
Damasco (AsiaNews) – Il patriarca greco-melkita cattolico Gregorios III (Laham), parlando della “primavera araba”, e rivolgendosi in modo indiretto al presidente Bashar al-Assad, chiede "interazione" tra il governo e le giovani generazioni attualmente nell'opposizione. Il suggerimento del patriarca è contenuto in un messaggio per i musulmani siriani, diffuso in occasione della festa del “Fitr” (la “rottura del digiuno”), che conclude il mese di Ramadan. La festa del Fitr inizia questa sera e continua per tre giorni.
Il patriarca parla degli eventi della "primavera araba", divenuti “un'estate calda”, in cui le "rivoluzioni [che] hanno insanguinato il mondo arabo e musulmano, distruggendo l'uomo, i cuori, i sentimenti, la fraternità e la compassione, così come le istituzioni pubbliche e private, causando migliaia di vittime, tra morti e feriti".
Nel messaggio Gregorios III dice cosa, secondo lui, avrebbe dovuto succedere, e critica l'atteggiamento dei governi arabi, come di quelli americano ed europei: "Ci aspettavamo che, in queste circostanze tragiche, il mondo arabo si muovesse, cioè che i Paesi arabi e musulmani convocassero un vertice dopo l’altro, per studiare i dolori e le aspirazioni dei loro popoli, e che ci fosse interazione con le rivoluzioni delle giovani generazioni. Insieme, avrebbero dovuto analizzare le cause ed i parametri di queste rivoluzioni, le loro dimensioni, le loro finalità, i loro rischi e le opportunità che possono rappresentare per noi tutti, invece di lasciare forze straniere ─ qualunque sia la loro intenzione ─ interferire ed immischiarsi nei nostri affari, dettarci le loro idee, minacciare i nostri governi, incitare i nostri presidenti alle dimissioni ed alla partenza dai loro Paesi, ed infliggere a quelli che sono stati i simboli dei nostri Paesi arabi la destituzione e processi umilianti".
Poi, rivolgendosi in apparenza all'insieme dei dirigenti dei Paesi arabi, ma in realtà soprattutto al presidente siriano, il patriarca scrive: "Non è mai troppo tardi! C'è ancora la possibilità, per i responsabili del nostro mondo arabo e musulmano, di prendere in considerazione seriamente tutti i slogan echeggiati nelle piazze delle nostre capitali, delle nostre città e dei nostri villaggi, per raccoglierli e farne un programma d'azione comune arabo – e perfino islamo-cristiano – in vista di un mondo migliore per i nostri popoli e soprattutto per le nostre giovani generazioni".
"Non possiamo – aggiunge – e non abbiamo il diritto di ignorare quelle voci, quegli slogan, quelle rivendicazioni, qualunque sia la loro motivazione palese o segreta. Il nostro mondo arabo – ne siamo convinti – ha bisogno di una rivoluzione intellettuale, spirituale e sociale". Poi Gregorios III precisa che questa rivoluzione non deve essere violenta, non deve seguire il modello che alcuni mezzi televisivi suggeriscono dall'inizio di quest'anno.
In una prospettiva futurista e con qualche "captatio benevolentiae" verso il capo dello Stato, il patriarca scrive che occorre lavorare "per una società araba civilizzata nella quale dovranno sparire le differenze sociali, confessionali ed etniche, nella quale possano realizzarsi le nostre speranze di giustizia, di uguaglianza, di dignità, di libertà religiosa ed individuale, nella quale la corruzione sia combattuta, le campagne siano sviluppate, una società che aiuti i poveri e le vittime di ingiustizie, specialmente nelle campagne e nelle zone sfavorite dalla natura o private di modernizzazione. Si tratta di lavorare insieme per la realizzazione dei requisiti della riforma politica, sociale e domestica che il presidente Bashar al-Assad ha promosso e continua a promuovere".
"Vogliamo – conclude – essere i costruttori di una società migliore nella quale prevalga la civiltà della pace, della fraternità e dell'amore tra le diverse e numerose confessioni che vivono accanto le une dalle altre da secoli".
Il patriarca parla degli eventi della "primavera araba", divenuti “un'estate calda”, in cui le "rivoluzioni [che] hanno insanguinato il mondo arabo e musulmano, distruggendo l'uomo, i cuori, i sentimenti, la fraternità e la compassione, così come le istituzioni pubbliche e private, causando migliaia di vittime, tra morti e feriti".
Nel messaggio Gregorios III dice cosa, secondo lui, avrebbe dovuto succedere, e critica l'atteggiamento dei governi arabi, come di quelli americano ed europei: "Ci aspettavamo che, in queste circostanze tragiche, il mondo arabo si muovesse, cioè che i Paesi arabi e musulmani convocassero un vertice dopo l’altro, per studiare i dolori e le aspirazioni dei loro popoli, e che ci fosse interazione con le rivoluzioni delle giovani generazioni. Insieme, avrebbero dovuto analizzare le cause ed i parametri di queste rivoluzioni, le loro dimensioni, le loro finalità, i loro rischi e le opportunità che possono rappresentare per noi tutti, invece di lasciare forze straniere ─ qualunque sia la loro intenzione ─ interferire ed immischiarsi nei nostri affari, dettarci le loro idee, minacciare i nostri governi, incitare i nostri presidenti alle dimissioni ed alla partenza dai loro Paesi, ed infliggere a quelli che sono stati i simboli dei nostri Paesi arabi la destituzione e processi umilianti".
Poi, rivolgendosi in apparenza all'insieme dei dirigenti dei Paesi arabi, ma in realtà soprattutto al presidente siriano, il patriarca scrive: "Non è mai troppo tardi! C'è ancora la possibilità, per i responsabili del nostro mondo arabo e musulmano, di prendere in considerazione seriamente tutti i slogan echeggiati nelle piazze delle nostre capitali, delle nostre città e dei nostri villaggi, per raccoglierli e farne un programma d'azione comune arabo – e perfino islamo-cristiano – in vista di un mondo migliore per i nostri popoli e soprattutto per le nostre giovani generazioni".
"Non possiamo – aggiunge – e non abbiamo il diritto di ignorare quelle voci, quegli slogan, quelle rivendicazioni, qualunque sia la loro motivazione palese o segreta. Il nostro mondo arabo – ne siamo convinti – ha bisogno di una rivoluzione intellettuale, spirituale e sociale". Poi Gregorios III precisa che questa rivoluzione non deve essere violenta, non deve seguire il modello che alcuni mezzi televisivi suggeriscono dall'inizio di quest'anno.
In una prospettiva futurista e con qualche "captatio benevolentiae" verso il capo dello Stato, il patriarca scrive che occorre lavorare "per una società araba civilizzata nella quale dovranno sparire le differenze sociali, confessionali ed etniche, nella quale possano realizzarsi le nostre speranze di giustizia, di uguaglianza, di dignità, di libertà religiosa ed individuale, nella quale la corruzione sia combattuta, le campagne siano sviluppate, una società che aiuti i poveri e le vittime di ingiustizie, specialmente nelle campagne e nelle zone sfavorite dalla natura o private di modernizzazione. Si tratta di lavorare insieme per la realizzazione dei requisiti della riforma politica, sociale e domestica che il presidente Bashar al-Assad ha promosso e continua a promuovere".
"Vogliamo – conclude – essere i costruttori di una società migliore nella quale prevalga la civiltà della pace, della fraternità e dell'amore tra le diverse e numerose confessioni che vivono accanto le une dalle altre da secoli".
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