Patriarca copto "in ritiro per protesta" contro discriminazioni dei cristiani
Il Cairo (AsiaNews) Il patriarca copto Shenouda III ha deciso di rinchiudersi in volontario ritiro per protestare contro le discriminazioni dei musulmani verso i cristiani in Egitto. "La reclusione del patriarca andrà avanti" ha riferito il suo segretario "fino a quando egli troverà con il governo una soluzione soddisfacente per la sua coscienza". Oggi le autorità egiziane hanno rilasciato 13 copti arrestati, ma gli altri 21 si sono visti prolungata la carcerazione per 2 settimane.
Fonti copte ufficiose affermano che Shenouda uscirà dal monastero di Anba Bishoy (nordest del Cairo), dove si è autoesiliato, solo quando saranno rilasciati i 34 copti arrestati l'8 dicembre in seguito a scontri con la polizia. Quel giorno circa 3 mila cristiani sono scesi in piazza in tutto il paese per protestare contro la sparizione secondo la comunità copta, un rapimento a scopo di conversione islamica - della moglie di un prete. Dopo alcuni giorni la donna è ritornata a casa sua dicendo di "essere nata cristiana" e di volerlo restare ""fino alla morte". Davanti alla cattedrale di san Marco del Cairo si sono scontrati dimostranti copti e polizia. Bilancio: alcuni feriti e 37 cristiani arrestati, ancor oggi in carcere. Per loro Shenouda ha deciso l'estrema protesta dell'esilio volontario.
Wafaa Constantine Messih - questo il nome della donna - 47 anni, moglie di padre Joseph, parroco copto ortodosso della chiesa di Abul-Matamir a Beheira, nord del Cairo, sarebbe stata rapita per essere convertita all'islam. La donna è stata trovata in casa di una famiglia musulmana vicina. La signora cristiana, che è ingegnere agricolo, lavora in un'azienda. Secondo i cristiani del posto il padrone l'ha rapita, sedotta e ricattata con l'intento di farla diventare musulmana. Il marito, sacerdote ortodosso, è malato di diabete e rischia l'amputazione di entrambe le gambe a causa della sua malattia.
I musulmani hanno smentito il rapimento della moglie del prete. Ma una volta tornata a casa - tra l'altro in condizioni fisiche precarie (non completamente sobria e ha impiegato 2 giorni prima di parlare) la moglie del sacerdote ha dichiarato di "essere nata cristiana e di voler continuare ad esserlo fino alla morte", come riferito dal procuratore generale del posto Maher Abdel Wahed.
La vicenda del rapimento di Costantine non è un caso isolato: secondo Emil Zaki, presidente dell'associazione dei copti in America, "la situazione dei cristiani in Egitto sta peggiorando ogni minuto e sono regolarmente attaccati dai musulmani. Di fronte alle persecuzioni anti-cristiane il regime di Mubarak non solo fa finta di niente" denuncia Zaki "ma in molti casi contribuisce ad aumentare le violenze contro i copti".
Nei mesi scorsi il patriarca Shenouda III aveva affermato di "essere in possesso di numerose denunce di rapimenti di giovani donne cristiane", con ogni probabilità convertite a forza e con minacce all'islam. Il prelato aveva chiesto alla polizia di adottare "misure serie" contro le violenze denunciate: "Non vogliamo che questi fatti tragici accadano di nuovo" aveva detto il patriarca "Ne abbiamo avuto abbastanza". (LF)