30/09/2013, 00.00
LIBANO-IRAQ
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Patriarca Sako: Cristiani d'Oriente, uniti e fermi nella fede davanti alla sfida dell'estremismo religioso

di Joseph Mahmoud
In visita pastorale in Libano, il patriarca caldeo di Baghdad denuncia le discriminazioni a cui i cristiani sono sottomessi e rivendica il contributo che essi hanno dato insieme ai musulmani per la storia, la cultura, i diritti umani nel Medo oriente. Senza i cristiani non vi è modernità araba. Un appello per i vescovi ortodossi rapiti e un ringraziamento al Libano, modello di convivenza.

Baabda (AsiaNews) - I cristiani d'Oriente, le diverse confessioni, devono essere uniti se non vogliono subire una "morte lenta". Essi sono parte del tessuto storico e culturale del Medio Oriente e hanno lavorato e sofferto con i loro fratelli musulmani per la "comune dignità e coesistenza". Il loro riconoscimento come cittadini a pieno titolo è la via per un mondo arabo moderno. Sono alcuni dei temi che il patriarca caldeo di Baghdad, Mar Louis Sako ha trattato nell'omelia della messa celebrata ieri nella cattedrale di S. Raffaele e a Baabda. Il patriarca, in visita pastorale alle comunità caldee del Libano, ha salutato il nunzio apostolico, mons. Gabriele Caccia, esprimendogli tutta la stima per quanto papa Francesco sta compiendo per la pace in Medio Oriente. Alla messa erano presenti il presidente libanese, Michel Sleiman, oltre a membri cristiani, sunniti e sciiti del parlamento, insieme a molti ambasciatori.

Rifacendosi all'Esortazione apostolica "Ecclesia in Medio Oriente" di Benedetto XVI, Mar Sako ha chiesto a tutti i cristiani di "rimanere fermi" nelle loro radici, educando i figli alla fede ricevuta e potenziando il lavoro ecumenico di unità fra le confessioni cristiane: senza unità, ha sottolineato, "non abbiamo futuro".

"Questa unità - ha continuato - mantiene la nostra presenza e continuità, i nostri diritti e il nostro ruolo... Non c'è futuro per noi se rimaniamo delle piccole chiese regionali, chiuse in se stesse. La riforma è un dovere. La riforma è una questione di vita o di morte lenta!".

Fra le sfide che il mondo cristiano del Medio Oriente deve affrontare, egli ha elencato alcune "discriminazioni": la libertà di convertirsi a senso unico [solo da altre religioni verso l'islam]; le leggi sullo statuto personale; "l'opacità sulla storia cristiana, facendo credere alla media dei musulmani che i cristiani sono stranieri, generando nelle giovani generazioni cristiane un senso di alienazione che li porta ad emigrare".

Ma soprattutto egli ha messo in luce "i movimenti estremisti religiosi e l'invito da parte di alcuni di loro di umiliare i non musulmani, esigendo pubblicamente di non partecipare alle loro gioie e dolori". Ciò, aggiunge il patriarca, "ci lascia preoccupati e inorriditi".

"Noi cristiani - ha spiegato - siamo parte essenziale e integrale del tessuto dell'Oriente, della sua cultura e storia; le nostre radici sono profonde e si distengono per 2000 anni e non possono essere strappate. Noi manteniamo la patria nei nostri cuori e molti di noi hanno sacrificato la loro vita affianco ai loro fratelli musulmani, per consolidare i calori di libertà, sovranità, dignità e coesistenza. Vogliamo vivere nelle nostre nazioni, nel nostro Paese, senza discriminazioni fra maggioranza e minoranza; non vogliamo emigrare; vogliamo vivere in dignità come cittadini godendo dei nostri diritti e esercitando i nostri doveri".

"Non c'è soluzione araba - ha detto - se non adottando [il diritto a] l'unica cittadinanza, dato che i Paesi arabi sono un miscuglio di popoli, nazionalità, culture, lingue religioni, ideologie".

Il patriarca ha poi parlato della situazione regionale e in particolare "di ciò che succede in Siria... Noi desideriamo che i combattimenti si fermino e che la Siria e la regione non scivoli sempre più nel caos e nella violenza".

"Chiediamo a tutti - ha aggiunto - di usare razionalità, dialogo e comprensione per giungere alle necessarie riforme e a un processo politico inclusivo. La lotta non risolve il problema, ma approfondisce e porta morte e distruzione".

" L'Occidente - ha poi sottolineato - deve aiutare ad avere rispetto per i diritti umani, allo stesso livello con cui li garantisce ai suoi cittadini".

Mar Sako ha anche rivolto un appello per la liberazione dei due vescovi ortodossi di Aleppo, rapiti da mesi vicino alla Turchia, in una zona nelle mani dei ribelli fondamentalisti. "Chiedo a tutte le persone di buona volontà - ha detto - di lavorare per il rilascio dei due vescovi, mons. Yohanna Ibrahim e mons. Boulos Yazigi, e tutte le persone rapite".

Un ultimo pensiero è stato per il Libano, che già Benedetto XVI - nell'Esortazione apostolica -  ha indicato come modello per il Medio Oriente e per il mondo. "Saluto il Libano, la sua unicità, originalità e generosità nell'abbracciare tutti con calore e collaborazione, ciò che lo rende splendente in tutta la regione, un elemento che consola e un segno di speranza. Io spero che le nazioni arabe seguiranno il suo esempio".

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