Patriarca Rai: la Primavera araba deve diventare “Primavera dell’uomo”
Parigi (AsiaNews) - In visita ufficiale in Francia, il Patriarca maronita card. Bechara Rai ha tenuto una conferenza partendo dal titolo "La presenza cristiana in un contesto teocratico". L'evento si è tenuto il 10 aprile scorso presso l'Istituto cattolico di Parigi, nel quadro di un simposio dedicato a "Cristo e Cesare, l'opinione delle Chiese" organizzato dall'Istituto superiore di studi ecumenici (Iseo), in seno allo stesso istituto cattolico e guidato da p. Jacques-Noël Peres.
Il testo della lezione è attuale e formativo per due diverse ragioni. Esso sottolinea l'ambiguità della "Primavera araba", così come è percepita dalle Chiese orientali e fornisce, in aggiunta, le informazioni sul contenuto dei colloqui che il Patriarca Rai ha potuto intrattenere con diversi funzionari francesi e il presidente François Hollande in primis.
Tra i molti punti analizzati il Patriarca sottolinea che per riscattare, se non addirittura giustificare la violenza che ha caratterizzato la "Primavera araba", essa deve trasformarsi in una "Primavera dell'uomo". Il card. Rai analizza in profondità il cambio che è avvenuto nel regime egiziano e mette in guardia contro il pericolo dell'estremizzazione dell'islam moderato, in mancanza di una influenza significativa del pensiero politico cristiano, custode dei diritti inviolabili dell'uomo, in un ambiente teocratico - musulmano o ebreo - "spesso chiuso all'alterità".
L'ambiguità della Primavera araba
All'inizio del suo intervento parigino, il capo della Chiesa maronita ha affermato: "Da un lato, la Primavera araba si è rivelata una rivolta efficace contro i sistemi totalitari [...] Il diritto dei popoli di decidere da soli il proprio destino ritrova, in questo modo, tutta la sua grandezza". Da un altro lato, il più oscuro, il crollo dei sistemi totalitari ha spianato in alcuni casi la strada del potere all'estremismo islamico, sotto il manto della democrazia e delle riforme politiche. [...] "Noi - ha aggiunto il card. Rai - sosteniamo che le riforme politiche e la democrazia debbano essere opera delle popolazioni interessate, in base alle loro rispettive aspirazioni. In questi Paesi, la cosiddetta maggioranza 'silenziosa' deve potersi esprimere liberamente. La sua moderazione è una necessità".
Tornando alle fondamenta del contributo cristiano allo sviluppo integrale delle loro società, il Patriarca Rai ha inoltre precisato senza mezze misure: "È grazie a Gesù che il cristiano si mostra sensibile alla dignità della persona umana e alla libertà religiosa che ne consegue. È a causa dell'amore per Dio e per l'umanità, glorificando la doppia natura di Cristo e l'amore per la vita eterna, che i cristiani hanno edificato scuole, ospedali e istituti di ogni genere, dove tutti vengono accolti senza discriminazione alcuna (cf. Mt 25, 31 ss). Ed è per questi motivi che i cristiani dimostrano una particolare attenzione ai diritti fondamentali della persona umana. Peraltro non è affatto giusto affermare che questi diritti non sono altro che diritti 'cristiani' dell'uomo. Essi sono semplicemente i punti cardine della dignità della persona umana e di tutti i cittadini a prescindere dalle origini, dalle convinzioni religiose e dalle loro scelte politiche". (Ecclesia in Medio Oriente n. 25).
Arabismo e il pluralismo
Il Patriarca maronita ha precisato che nella storia, durante il periodo della cosiddetta "Nahda", il Rinascimento arabo, "i cristiani hanno introdotto due nozioni fondamentali: l'arabismo e la pluralità". "L'arabismo - ha continuato - è quello dell'uomo, non della religione: esso è relativo alla modernità, non al fanatismo e al declino. La pluralità è quella relativa all'uomo e alla collettività, in quanto pilastro di uno Stato civile moderno, non quello delle comunità e delle entità frantumate, a scapito dell'unità nazionale e politica. Il pilastro esistenziale primario e immutabile dell'arabismo e della pluralità, è l'uomo nella sua dignità, nella sua libertà e nei suoi diritti. È con questo spirito che i cristiani hanno avviato l'azione politica ed è attraverso la porta dell'umanesimo che hanno integrato l'arabismo. Questo spirito è ancora valido e buono per un ruolo nuovo all'interno della "Primavera araba", che potrebbe beneficiarne fino a diventare "Primavera dell'uomo", mettendo fine al dispotismo, alla repressione, alla dominazione, al soffocamento delle libertà e alla corruzione".
I doveri dell'Occidente
Partendo da questo presupposto, conclude il Patriarca, è compito delle potenze occidentali "mantenere una presenza cristiana effettiva e influente nelle nazioni del Medio oriente, a dispetto della crescente influenza dei gruppi fondamentalisti e jihadisti che potrebbero spingere i mussulmani, in maggioranza moderati, verso un fondamentalismo che è minaccia per la pace nel mondo".
La comunità internazionale, continua il cardinale, deve al tempo stesso "lottare contro l'emarginazione dei cristiani e assicurarsi che siano ben integrati nel contesto della vita sociale, culturale e politica dei loro Paesi di origine". "Non si tratta affatto - insiste il Patriarca - di affidare a una maggioranza il compito di proteggere una minoranza, ma di un diritto fondamentale comune a tutti, senza distinzione e senza discriminazione alcuna". Essa deve "contenere il sanguinoso conflitto fra sunniti e sciiti e lottare contro la divisione delle nazioni in mini-Stati confessionali, che rappresenta una minaccia per la pace di tutto il Medio oriente, con ripercussioni su scala mondiale [...]; mettere in atto una politica di accoglienza su base umanitaria, quando è necessario, ma senza favorire in alcun caso l'emigrazione dei cristiani dalle terre d'Oriente, quanto piuttosto aiutarli a rafforzare il loro legame attraverso progetti di sviluppo specifici".
Per inciso, il Patriarca è indignato per il fatto che "in Siria non si è più in grado di capire quali siano le ragioni della violenza e della guerra fra le due fazioni in lotta. Non vediamo altro che massacri, distruzioni e fuga di cittadini. Le nazioni di Oriente e Occidente non fanno altro che fomentare la guerra senza alcun appello alle parti in lotta a favore della pace, del dialogo e dei negoziati". "In questi tempi di crisi - conclude il Patriarca - e di ricerca della verità, la nostra speranza è quella di vedere che il Libano si faccia portatore del suo ruolo di messaggero [di pace e convivenza]". Parlando in particolare di questa realtà, il Beato papa Giovanni Paolo II ha affermato che "il Libano è più di un Paese: è un messaggio di libertà e un modello di pluralismo per l'Oriente e l'Occidente".