Papa: tra scienza e fede non c’è opposizione, malgrado alcune passate “incomprensioni”
Benedetto XVI illustra all’udienza generale la figura di sant’Alberto Magno, uomo di cultura “prodigiosa”. Il ricordo di Enrico Medi e degli scienziati che “hanno portato avanti le loro ricerche ispirati da stupore e gratitudine” verso il Creatore.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Tra fede e scienza “non vi è opposizione, nonostante alcuni episodi di incomprensione che si sono verificati nella storia”: in quanto “il mondo naturale è un libro scritto da Dio, che noi leggiamo in base ai vari approcci offerti dalle scienze”. E’ il “dialogo” tra scienza e fede, tema caro a Benedetto XVI, del quale il Papa è tornato a parlare, oggi, nel discorso rivolto alle 11mila persone presenti in piazza san Pietro per l’udienza generale.
Occasione per riproprre il tema è stata data al Papa dall’illustrazione della figura di sant’Alberto Magno, “uno dei più grandi maestri della teologia scolastica”. Il titolo di “grande”, ha ricordato, “indica la vastità e la profondità della sua dottrina, che egli associò alla santità della vita”.
Nacque in Germania all’inizio del XIII secolo, e studiò a Padova, sede di una delle più famose università del Medioevo. Si dedicò alle cosiddette “arti liberali”: grammatica, retorica, dialettica, aritmetica, geometria, astronomia e musica, manifestando un interesse per le scienze naturali, che sarebbe diventato “il campo prediletto della sua specializzazione”. A Padova frequentò i domenicani, ai quali poi si unì, “vincendo anche resistenze familiari”.
Dedicatosi all’insegnamento, frequentò anche l’università di Parigi e, nel 1248 fu incaricato di aprire uno studio teologico a Colonia, che divenne la sua città di adozione. “Da Parigi portò con sé a Colonia un allievo eccezionale, Tommaso d’Aquino”.
Nel 1254 Alberto fu eletto Provinciale della Provincia teutonica dei domenicani. Papa Alessandro VI lo volle come consulente teologo e lo nominò vescovo di Ratisbona. Dal 1260 al 1264 Alberto svolse questo ministero con infaticabile dedizione, riuscendo a portare pace e concordia nella città, a riorganizzare parrocchie e conventi, e a dare nuovo impulso alle attività caritative. “Fu soprattutto uomo di riconciliazione e di pace”; ”si prodigò durante lo svolgimento del II Concilio di Lione, nel 1274, convocato dal Papa Gregorio X per favorire l’unione tra la Chiesa latina e quella greca, dopo la separazione del grande scisma d’Oriente del 1054; egli chiarì il pensiero di Tommaso d’Aquino, che era stato oggetto di obiezioni e persino di condanne del tutto ingiustificate”. Morì nel suo convento della Santa Croce a Colonia nel 1280, fu beatificato nel 1622, e canonizzato nel 1931, da Pio XI, che lo proclamò Dottore della Chiesa e patrono dei cultori delle scienze naturali. E’ chiamato anche “Doctor universalis” proprio per la vastità dei suoi interessi e del suo sapere. Sant’Alberto fu infatti “grande uomo di Dio e insigne studioso non solo delle verità della fede, ma di moltissimi altri settori del sapere”, “la sua cultura ha qualcosa di prodigioso”.
Anche se “i metodi scientifici adoperati da sant’Alberto Magno non sono quelli che si sarebbero affermati nei secoli successivi”, egli “ha ancora molto da insegnare anche a noi. Soprattutto ci mostra che tra fede e scienza non vi è opposizione, nonostante alcuni episodi di incomprensione che si sono registrati nella storia. Un uomo di fede e di preghiera, quale fu sant’Alberto Magno, può coltivare serenamente lo studio delle scienze naturali”, “scoprendo le leggi proprie della materia, poiché tutto questo concorre ad alimentare la sete e l’amore di Dio. La Bibbia ci parla della creazione come del primo linguaggio attraverso il quale Dio, che è somma intelligenza, che è Logos, ci rivela qualcosa di sé. Il libro della Sapienza, per esempio, afferma che i fenomeni della natura, dotati di grandezza e di bellezza, sono come le opere di un artista, attraverso le quali, per analogia, noi possiamo conoscere l’Autore del creato”.
Quanti scienziati, infatti, “hanno portato avanti le loro ricerche ispirati da stupore e gratitudine di fronte al mondo che, ai loro occhi di studiosi e di credenti, appariva e appare come l’opera buona di un Creatore sapiente e amorevole. Lo studio scientifico si trasforma allora in un inno di lode. Lo aveva ben compreso un grande astrofisico dei nostri tempi, di cui è stata introdotta la causa di beatificazione, Enrico Medi”.
Sant’Alberto Magno, insomma, “ci ricorda che tra scienza e fede c’è amicizia, e che gli uomini di scienza possono percorrere, attraverso la loro vocazione allo studio della natura, un autentico e affascinante percorso di santità”.
Il Papa ha ricordato anche che al grande pensatore si deve il superamento della “diffidenza” con la quale il pensiero cristiano del suo tempo guardava alle opere di Aristotele, che “dimostravano la forza della ragione, spiegavano con lucidità e chiarezza il senso e la struttura della realtà, la sua intelligibilità, il valore e il fine delle azioni umane”. Quella di sant’Alberto fu “un’autentica rivoluzione culturale”.
Sta qui uno dei grandi meriti di sant’Alberto: “con rigore scientifico studiò le opere di Aristotele, convinto che tutto ciò che è razionale è compatibile con la fede rivelata nelle Sacre Scritture, ha così contribuito alla formazione di una filosofia autonoma, distinta dalla teologia”. “Così è nata una chiara distinzione tra filosofia e teologia, che, in dialogo tra di loro, cooperano armoniosamente alla scoperta dell’autentica vocazione dell’uomo, assetato di verità e di beatitudine: ed è soprattutto la teologia, definita da sant’Alberto ‘scienza affettiva’, quella che indica all’uomo la sua chiamata alla gioia eterna, una gioia che sgorga dalla piena adesione alla verità”.
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