Papa: san Gregorio Magno, modello per i politici e per i pastori della Chiesa
Benedetto XVI ricorda l'impegno civile e le radici monastiche del grande papa, che aprendo ai "barbari", ha intuito il nascere di una nuova civiltà.
Benedetto XVI sottolinea molto la resistenza di Gregorio a divenire papa, forse pensando anche alla sua stessa elezione e, in precedenza, al suo lavoro a Roma come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Gregorio "cercò - aggiunge il papa - in ogni modo di sfuggire a quella nomina, ma dovette alla fine arrendersi e, lasciato a malincuore il chiostro, si dedicò alla comunità, consapevole di adempiere a un dovere e di essere un semplice "servo dei servi di Dio". "Non è veramente umile - egli scrive - colui che capisce di dovere stare alla guida degli altri per decreto della volontà divina e tuttavia disprezza questa preminenza. Se invece è sottomesso alle divine disposizioni e alieno dal vizio dell'ostinazione ed è già prevenuto con quei doni coi quali può giovare agli altri, quando gli viene imposta la massima dignità del governo delle anime, egli col cuore deve rifuggire da essa, ma pur contro voglia deve obbedire" (Regola pastorale, I, 6)".
Benedetto XVI ha poi elencato gli impegni di Gregorio Magno nel campo della liturgia, della riforma del clero, nel lavoro di integrazione fra le popolazioni barbare e quelle romane: "Con profetica lungimiranza, Gregorio intuì che una nuova civiltà stava nascendo dall'incontro tra l'eredità romana e i popoli cosiddetti "barbari", grazie alla forza di coesione e di elevazione morale del Cristianesimo. Il monachesimo si rivelava una ricchezza non solo per la Chiesa, ma per l'intera società. Di salute cagionevole ma di forte tempra morale, san Gregorio Magno svolse un'intensa azione pastorale e civile. Ha lasciato un vasto epistolario, mirabili omelie, un celebre commento al Libro di Giobbe e gli scritti sulla vita di san Benedetto, oltre a numerosi testi liturgici, famosi per la riforma del canto, che dal suo nome fu detto "gregoriano". Ma l'opera più celebre è senz'altro la Regola pastorale, che ha avuto per il clero la stessa importanza che ebbe la Regola di San Benedetto per i monaci del Medioevo".
Gregorio Magno ha ispirato anche il Concilio Vaticano II: "La vita del pastore d'anime ha ricordato il papa - deve essere una sintesi equilibrata di contemplazione e di azione, animata dall'amore che "tocca vette altissime quando si piega misericordioso sui mali profondi degli altri. La capacità di piegarsi sulla miseria altrui è la misura della forza di slancio verso l'alto" (II, 5) . A quest'insegnamento, sempre attuale, si sono ispirati i Padri del Concilio Vaticano II per delineare l'immagine del Pastore di questi nostri tempi". La preghiera finale è alla Vergine Maria "perché l'esempio e l'insegnamento di san Gregorio Magno sia seguito dai Pastori della Chiesa e anche dai responsabili delle istituzioni civili".
Dopo la preghiera dell'Angelus, Benedetto XVI ha rivolto ai pellegrini presenti alcuni saluti nelle diverse lingue. Ai tedeschi ha ricordato che la prossima settimana si recherà in pellegrinaggio in Germania; ai giovani polacchi ha augurato un buon inizio dell'anno scolastico. Ha poi salutato anche un gruppo di giovani impegnati nel Movimento dei Focolari, provenienti da diversi Paesi, esortandoli ad essere missionari verso gli altri giovani: "Cari amici, ha detto il papa, alla scuola di Maria Santissima siate fedeli discepoli di Gesù e conducete a Lui i vostri coetanei".