Papa: nuove norme contro la corruzione in Vaticano
I dirigenti e gli amministratori del Vaticano non possono aver subito condanne o essere sotto processo per reati fiscali, non possono avere beni di qualsiasi genere nei paradisi fiscali e non possono ricevere doni di valore superiore a 40 euro.
Città del Vaticano (AsiaNews) – I dirigenti e gli amministratori del Vaticano non possono aver subito condanne o essere sotto processo per reati fiscali, non possono avere beni di qualsiasi genere nei paradisi fiscali e non possono ricevere doni di valore superiore a 40 euro. E’ la nuova mossa di papa Francesco contro la corruzione, in ogni sua forma. Entra in vigore oggi, infatti, la Lettera apostolica in forma di Motu Proprio “recante disposizioni sulla trasparenza nella gestione della finanza pubblica”.
Le nuove disposizioni fanno espresso riferimento all’adesione della Santa Sede alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (Convenzione di Merida) e al Motu Proprio del 2020 recante «Norme sulla trasparenza, il controllo e la concorrenza dei contratti pubblici della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano», ma, spiegano, “la corruzione può manifestarsi in modalità e forme differenti anche in settori diversi da quello degli appalti e per questo le normative e le migliori prassi a livello internazionale prevedono per i soggetti che ricoprono ruoli chiave nel settore pubblico particolari obblighi di trasparenza ai fini della prevenzione e del contrasto, in ogni settore, di conflitti di interessi, di modalità clientelari e della corruzione in genere”.
In concreto, si richiede a tutti i livelli dirigenziali della Santa Sede - cardinali capi dicastero, vicedirettori con contratto dirigenziale quinquennale - a tutti coloro che hanno funzioni di amministrazione attiva giurisdizionali o di controllo e vigilanza e a tutti coloro che svolgono funzioni di amministrazione attiva, funzioni giurisdizionali o di controllo, di firmare una dichiarazione - al momento dell’assunzione e rinnovata ogni due anni - assicurando di non aver riportato condanne definitive, di non essere sottoposti a processi penali pendenti o a indagini per corruzione, frode, terrorismo, riciclaggio, sfruttamento dei minori, evasione fiscale. E, richiesta di particolare significato, di non aver beneficiato di indulto, amnistia o grazia, e di non essere stati assolti per prescrizione.
Ugualmente debbono assicurare di non avere, anche per interposta persona, contanti o investimenti o partecipazioni in società e aziende in Paesi ad alto rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, in paradisi fiscali e che tutti i beni di loro proprietà o anche solo detenuti, provengono da attività lecite. A meno che il dichiarante o i suoi consanguinei entro il terzo grado siano residenti in detti Paesi o vi abbiano stabilito il domicilio per “comprovate ragioni familiari, di lavoro o di studio” e tali disponibilità, come pure i compensi di qualunque genere percepiti, siano state dichiarate alle autorità fiscali competenti.
Di particolare rilievo, poi, l’assicurazione “di non detenere” partecipazioni o “interessenze” in società o aziende che operino con finalità contrarie alla Dottrina sociale della Chiesa.
Il Motu Proprio, inoltre, introduce il divieto di “accettare o sollecitare, per sé o per soggetti diversi dall’Ente nel quale prestano servizio, in ragione o in occasione del proprio ufficio, doni, regali o altre utilità di valore superiore a euro quaranta”.
La violazione delle nuove disposizioni rappresenta un “grave illecito” per il quale la Santa Sede può richiedere di risarcire il danno e può portare anche al licenziamento. E infine, “Ove ne abbia ragionevole motivo, la Segreteria per l’Economia, avvalendosi delle strutture a ciò preposte nella Santa Sede o nello Stato della Città del Vaticano, può eseguire controlli, sulla veridicità delle dichiarazioni presentate”. (FP)
04/04/2016 13:33
10/02/2023 12:18