18/03/2022, 14.05
VATICANO
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Papa: non la forza ma l'amore difende il bene comune

Parlando in Vaticano alla Fondazione "Gravissimum Educationis" Francesco ha invitato a un esame di coscienza sull'atteggiamento personale di fronte al conflitto in Ucraina: "Prego? Faccio digiuno? Faccio penitenza? O vivo spensieratamente, come viviamo normalmente le guerre lontane?”. E alle Giornata sociali cattoliche europee in corso a Bratislava scrive: questo dramma spinga anche a “rivedere lo stile e l’efficacia della politica”.

Città del Vaticano (AsiaNews) - “Non è lontana, la guerra: è alle porte di casa". E di fronte a questa consapevolezza "che cosa faccio io?”. È tornato a parlare anche oggi della “sconfitta dell’umanità” che il conflitto in Ucraina pone davanti agli occhi di tutti, papa Francesco. Lo ha fatto ricevendo in udienza nella Sala Clementina i partecipanti al Congresso internazionale «Educare alla democrazia in un mondo frammentato», promosso dalla Fondazione Pontificia Gravissimum Educationis e in corso presso l’Università Lumsa di Roma.

La guerra - ha sottolineato il papa - interpella in maniera particolare le istituzioni educative. “Pensiamo a tanti soldati – ha commentato - che sono inviati al fronte, giovanissimi, soldati russi, poveretti. Pensiamo a tanti soldati giovani ucraini; pensiamo agli abitanti, i giovani, le giovani, bambini, bambine… Questo succede vicino a noi. Il Vangelo ci chiede di non guardare da un’altra parte: il cristiano, quando si abitua a guardare da un’altra parte, lentamente diventa un pagano travestito da cristiano”. Papa Francesco ha ricordato che “qui a Roma, all’Ospedale Bambin Gesù, ci sono bambini feriti dai bombardamenti”. E ha invitato domandarsi che cosa stiamo facendo anche a livello personale di fronte a questa tragedia: ”Prego? Faccio digiuno? Faccio penitenza? O vivo spensieratamente, come viviamo normalmente le guerre lontane?”.

Alle realtà educative ha poi indicato “il totalitarismo e il secolarismo” come “degenerazioni della democrazia” con le quali oggi fare i conti. “Esercitando una sopraffazione ideologica - ha spiegato - lo Stato totalitario svuota di valore i diritti fondamentali della persona e della società, fino a sopprimere la libertà”. Ma anche “il secolarismo radicale, a sua volta ideologico, deforma lo spirito democratico in maniera più sottile e subdola: eliminando la dimensione trascendente, esso indebolisce, e a poco a poco annulla, ogni apertura al dialogo”.  

Per questo le istituzioni educative sono chiamate ad alimentare nei giovani la sete della democrazia: “Si tratta di aiutarli a capire e apprezzare il valore di vivere in un sistema democratico, sempre perfettibile ma capace di tutelare la partecipazione dei cittadini, la libertà di scelta, di azione e di espressione. E ad andare sulla strada dell’universalità contro l’uniformità. Il veleno è l’uniformità. E che i giovani imparino la differenza e anche la pratichino”.

Occorre poi insegnare ai giovani “che il bene comune è impastato con l’amore. Non può essere difeso con la forza militare. Una comunità o una nazione che voglia affermarsi con la forza lo fa a danno di altre comunità o altre nazioni, e diventa fomentatrice di ingiustizie, disuguaglianze e violenze. La via della distruzione è facile da imboccare, ma produce tante macerie; solo l’amore può salvare la famiglia umana. Su questo, stiamo vivendo l’esempio più brutto vicino a noi”. Ed educare i giovani a vivere l’autorità come servizio, perché “quando l’autorità va oltre i diritti della società, delle persone, diventa autoritarismo e diventa alla fine dittatura”.

Sulla guerra papa Francesco questa mattina era intervenuto anche in un messaggio inviato all’arcivescovo di Vilnius, mons. Gintaras Grušas, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), in occasione dell’apertura delle Giornate sociali cattoliche europee in corso a Bratislava. “Il grido straziante d’aiuto dei nostri fratelli ucraini – si legge nel testo diffuso dalla Sala stampa vaticana - ci spinge come Comunità di credenti non solo a una seria riflessione, ma a piangere con loro e a darci da fare per loro; a condividere l’angoscia di un popolo ferito nella sua identità, nella sua storia e tradizione. Il sangue e le lacrime dei bambini, le sofferenze di donne e uomini che stanno difendendo la propria terra o scappando dalle bombe scuotono la nostra coscienza. Ancora una volta l’umanità è minacciata da un abuso perverso del potere e degli interessi di parte, che condanna la gente indifesa a subire ogni forma di brutale violenza”.

Per il papa questo dramma deve spingere anche a “rivedere lo stile e l’efficacia dell’ars politica”. “La guerra, che lascia il mondo peggiore ed è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa alle forze del male” – conclude Francesco - possa suscitare una reazione di segno opposto, un impegno a rifondare un’architettura di pace a livello globale, dove la casa europea, nata per garantire la pace dopo le guerre mondiali, abbia un ruolo primario”.

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