Papa: nella “grande confusione” di oggi, il sacerdote insegni la verità, cioè Cristo
Nel corso dell’udienza generale, Benedetto XVI si dice vicino alle vittime del terremoto che ha colpito la Cina. Nel suo compito di insegnare, il sacerdote “non inventa, non crea e non annuncia proprie idee, ma Cristo”.
Città del Vaticano (AsiaNews) - Insegnare “nel nome di Cristo presente la verità che è Cristo stesso” a un mondo nel quale c’è “una grande confusione” e filosofie contrastanti sulle scelte fondamentali e sul significato stesso della vita. E’ il primo compito che caratterizza il sacerdozio, un “ministero” che Benedetto XVI ha illustrato oggi agli oltre 20mila fedeli presenti all’udienza generale, nel corso della quale il Papa ha anche avuto un particolare pensiero per le popolazioni cinesi colpite dal terremoto di oggi.
“Il mio pensiero – ha detto in proposito, al termine dell’udienza - va alla Cina e alle popolazioni colpite da un forte terremoto, che ha causato numerose perdite in vite umane, feriti e ingenti danni. Prego per le vittime e sono spiritualmente vicino alle persone provate da così grave calamità; per esse imploro da Dio sollievo nella sofferenza e coraggio in queste avversità. Auspico che non verrà a mancare la comune solidarietà”.
Nel discorso per le persone presenti in piazza san Pietro, Benedetto XVI ha parlato dell’approssimarsi della conclusione dell’Anno sacerdotale, evidenziando come “insegnare, santificare, governare, nella loro profonda distinzione e unità sono le tre azioni del Cristo risorto che oggi, attraverso la sua Chiesa, insegna, crea fede e unisce il suo popolo, crea presenza della verità, costruisce comunione, e santifica”.
Per il sacerdote, si tratta di “agire in persona Christi Capiti”, agire in rappresentanza di Gesù. Questi tre compiti del sacerdote “nella loro distinzione e nella loro profonda unità sono una specificazione di questa azione efficace e sono la personificazione del Cristo stesso che agisce, crea presenza nella verità”. “Ma, cosa si intende per rappresentanza? Nel linguaggio comune, ricevere una delega significa essere presenta, agire al posto di qualcuno che è assente dall’azione concreta”. Tutto questo non vale per il sacerdote, “perché Cristo non è mai assente nella Chiesa, anzi, è totalmente presente”, è “una persona che si rende presente e compie cose che il sacerdote da solo non potrebbe fare”, come la presenza nell’eucaristia e il perdono nella confessione.
Il primo compito, evidenziato oggi da Benedetto XVI “è insegnare. Oggi, in piena emergenza educativa, questo compito risulta particolarmente importante. Viviamo in una grande confusione sulle scelte fondamentali della nostra vita”, su “quali sono i valori realmente pertinenti. Filosofie contrastanti nascono e scompaiono, e non ricordiamo da cosa veniamo, per che cosa siamo fatti, dove andiamo”. Al sacerdote spetta rendere nei nostri tempi la luce della Parola, egli “non propone mai se stesso, il proprio pensiero o la propria dottrina, ma, come Cristo, rivela all’umanità il volto del Padre, la profonda comunione d’amore che Dio vive in se stesso e la ‘via’ che conduce a Lui, così il sacerdote è chiamato ad indicare agli uomini la realtà e la presenza di Dio, vivo ed operante nel mondo, annunciando tutto ciò che Dio stesso ha rivelato di sé, che la tradizione ci ha consegnato e che il magistero autentico ha ininterrottamente interpretato”.
Il sacerdote, dunque, “non inventa, non crea e non annuncia proprie idee, ma Cristo”, ma “il sacerdote non è neutro, non è un portavoce che legge”. Egli deve “educare con quel libro non scritto che è la sua vita”, “il sacerdote che annuncia la Parola di Cristo deve anche dire io non vivo da me e per me ma vivo da Cristo e per Cristo. La sua vita deve identificarsi con Cristo e così la parola non propria diventa tuttavia una parola profondamente personale”. In tale prospettiva, “quella del sacerdote non di rado potrebbe sembrare una vox clamans in deserto”, ma proprio in questo consiste, nel “non essere mai omologato od omologabile” a una moda culturale a una filosofia.
Il Signore, ha concluso il Papa, “ha affidato al sacerdote un grande compito: essere annunciatore al mondo della verità che salva”. San Giovanni Maria Vianney seppe “resistere alla pressioni sociali e culturali del suo tempo per condurre le anime a Dio. Il popolo cristiano ne era edificato e riconosceva in lui la luce della verità: è ciò che si dovrebbe sempre riconoscere nel sacerdote: la voce del buon pastore”.
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