Papa: nei Salmi il dolore diventa relazione, grido verso Dio
Francesco ha invitato a rispettare le regole contro il contagio. "Io vorrei fare, come faccio di solito, scendere e avvicinarmi a voi per salutarvi, ma con le nuove prescrizioni, meglio mantenere le distanze. Voi siete a distanza prudente, come si deve fare". E ribadendo l'importanza di usare tutte le cautele, che consentono di andare avanti con le udienze", ha concluso ribadendo che "se tutti, come buoni cittadini, compiamo le prescrizioni delle autorità, questo sarà un aiuto per finire con questa pandemia".
Città del Vaticano (AsiaNews) – Per la prima volta, papa Francesco è arrivato nell’Aula Paolo VI - dove si è tenuta l’udienza generale - percorrendo a piedi il corridoio centrale, ma senza salutare i fedeli, a causa delle misure per l’emergenza sanitaria in corso. E alla fine dell’udienza egli stesso ha spiegato: "Io vorrei fare, come faccio di solito, scendere e avvicinarmi a voi per salutarvi, ma con le nuove prescrizioni, meglio mantenere le distanze. Anche, gli ammalati li saluto dal cuore da qui. Voi siete a distanza prudente, come si deve fare". E ribadendo l'importanza di usare tutte le cautele, che consentono di andare avanti con le udienze", ha concluso ribadendo che "se tutti, come buoni cittadini, compiamo le prescrizioni delle autorità, questo sarà un aiuto per finire con questa pandemia".
In precedenza, nella catechesi, Francesco aveva parlato della preghiera, in particolare di quella espressa nei Salmi. “Tutti – ha detto tra l’altro - soffrono in questo mondo: sia che si creda in Dio, sia che lo si respinga”. Ma nei Salmi “il dolore diventa relazione: grido di aiuto che attende di intercettare un orecchio che ascolti. Non può rimanere senza senso, senza scopo. Anche i dolori che subiamo non possono essere solo casi specifici di una legge universale: sono sempre le ‘mie’ lacrime, che nessuno ha mai versato prima di me. Tutti i dolori degli uomini per Dio sono sacri”.
Il Libro dei Salmi, ha detto ancora, “comunica il ‘saper pregare’ attraverso l’esperienza del dialogo con Dio. Nei salmi troviamo tutti i sentimenti umani: le gioie, i dolori, i dubbi, le speranze, le amarezze che colorano la nostra vita. Il Catechismo afferma che ogni salmo «è di una sobrietà tale da poter essere pregato in verità dagli uomini di ogni condizione e di ogni tempo» (CCC, 2588). Leggendo e rileggendo i salmi, noi impariamo il linguaggio della preghiera. Dio Padre, infatti, con il suo Spirito li ha ispirati nel cuore del re Davide e di altri oranti, per insegnare ad ogni uomo e donna come lodarlo, ringraziarlo, supplicarlo, come invocarlo nella gioia e nel dolore, come raccontare le meraviglie delle sue opere e della sua Legge”.
“In sintesi, i salmi sono la parola di Dio che noi umani usiamo per parlare con Lui. In questo libro non incontriamo persone eteree, astratte, gente che confonde la preghiera con un’esperienza estetica o alienante. I salmi non sono testi nati a tavolino, ma invocazioni, spesso drammatiche, che sgorgano dal vivo dell’esistenza”. “Per pregare bene dobbiamo pregare come siamo, non truccare l’anima per pregare”. “Andare davanti al Signore come siamo, con le cose belle e anche con le cose brutte che nessuno conosce, ma noi dentro conosciamo”. Nei Salmi “sentiamo le voci di oranti in carne e ossa, la cui vita, come quella di tutti, è irta di problemi, di fatiche, di incertezze. Il salmista non contesta in maniera radicale questa sofferenza: sa che essa appartiene al vivere. Nei salmi, però, la sofferenza si trasforma in domanda. Tra le tante domande, ce n’è una che rimane sospesa, come un grido incessante che attraversa l’intero libro da parte a parte: ‘Fino a quando?’. Ogni dolore reclama una liberazione, ogni lacrima invoca una consolazione, ogni ferita attende una guarigione, ogni calunnia una sentenza di assoluzione. Ponendo in continuazione domande del genere, i salmi ci insegnano a non assuefarci al dolore, e ci ricordano che la vita non è salvata se non è sanata. L’esistenza dell’uomo è un soffio, la sua vicenda è fugace, ma l’orante sa di essere prezioso agli occhi di Dio, per cui ha senso gridare. La preghiera dei salmi è la testimonianza di questo grido: un grido molteplice, perché nella vita il dolore assume mille forme, e prende il nome di malattia, odio, guerra, persecuzione, sfiducia… Fino allo ‘scandalo’ supremo, quello della morte. La morte appare nel Salterio come la più irragionevole nemica dell’uomo: quale delitto merita una punizione così crudele, che comporta l’annientamento e la fine? L’orante dei salmi chiede a Dio di intervenire laddove tutti gli sforzi umani sono vani. Ecco perché la preghiera, già in sé stessa, è via di salvezza e inizio di salvezza”.
“Davanti a Dio non siamo degli sconosciuti, o dei numeri. Siamo volti e cuori, conosciuti ad uno ad uno, per nome. Nei salmi, il credente trova una risposta. Egli sa che, se anche tutte le porte umane fossero sprangate, la porta di Dio è aperta. Se anche tutto il mondo avesse emesso un verdetto di condanna, in Dio c’è salvezza. ‘Il Signore ascolta’: qualche volta nella preghiera basta sapere questo. Non sempre i problemi si risolvono. Chi prega non è un illuso: sa che tante questioni della vita di quaggiù rimangono insolute, senza via d’uscita; la sofferenza ci accompagnerà e, superata una battaglia, ce ne saranno altre che ci attendono. Però, se siamo ascoltati, tutto diventa più sopportabile. La cosa peggiore che può capitare è soffrire nell’abbandono, senza essere ricordati. Da questo ci salva la preghiera. Perché può succedere, e anche spesso, di non capire i disegni di Dio. Ma le nostre grida non ristagnano quaggiù: salgono fino a Lui, che ha cuore di Padre, e che piange Lui stesso per ogni figlio e figlia che soffre e che muore. Se rimaniamo nella relazione con Lui, la vita non ci risparmia le sofferenze, ma si apre a un grande orizzonte di bene e si incammina verso il suo compimento”.