Papa: la liturgia è uscire dalla preghiera individuale ed entrare nel "noi" universale, nel Corpo di Cristo
Città del Vaticano (AsiaNews) - La celebrazione liturgica trasforma il nostro "io" in un "noi", essa "non è un nostro fare, è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa, ha la sua storia, la sua tradizione, la sua creatività", in essa "nessuno è straniero, la liturgia cristiana è per sua natura cattolica, proviene dal tutto e conduce al tutto, in unità col papa e con i vescovi, in unione con tutti gli uomini, con tutti i tempi": questa è, insegna Benedetto XVI "una delle ragioni per cui essa non può essere modificata dalla comunità o dagli esperti. ma deve essere fedele alle forme della Chiesa universale".
Continuando a dedicare alla "scuola di preghiera" la catechesi per l'udienza generale, oggi alle 20mila persone presenti in piazza san Pietro il Papa ha continuato a illustrare la "fonte privilegiata" della preghiera, che è la liturgia, "partecipazione alla preghiera di Cristo, rivolta al Padre nello Spirito Santo. Nella liturgia ogni preghiera cristiana trova la sua sorgente e il suo termine".
La riflessione del Papa è partita dal principio che "la vita di preghiera consiste nell'essere stabilmente alla presenza di Cristo, averne coscienza, avere un rapporto con Dio come si vivono i rapporti abituali della nostra vita, quelli con i familiari più cari, con i veri amici; anzi quella con il Signore è la relazione che dona luce a tutte le altre nostre relazioni". Con il battesimo siamo stati ''inseriti in Cristo, abbiamo iniziato ad essere una sola cosa con lui, e solo nella comunione con il figlio possiamo dire 'Abba'- padre", e "solo in comunione con Cristo possiamo conoscere Dio come Padre vero", per questo "la preghiera cristiana consiste nel guardare costantemente in maniera sempre nuova a Cristo, parlare con lui, stare in silenzio con lui, agire e soffrire con lui, solo identificandomi con lui, essendo una sola cosa con lui riscopro la mia identità di figlio".
Ma, dato "il legame inscindibile tra Cristo e la Chiesa", "Cristo lo conosciamo come persona vivente nella Chiesa, che è il suo corpo". Così, "attraverso la liturgia impariamo in maniera graduale la lingua della Chiesa". "Devo immergermi progressivamente nelle parole della Chiesa, con la mia preghiera, con la mia vita, con la mia sofferenza, con la mia gioia, con il mio pensiero. E' un cammino che ci trasforma. Penso allora che queste riflessioni ci permettano di rispondere alla domanda che ci siamo fatti all'inizio: come imparo a pregare, come cresco nella mia preghiera? Guardando al modello che ci ha insegnato Gesù, il Padre nostro, noi vediamo che la prima parola è «Padre» e la seconda è «nostro». La risposta, quindi, è chiara: apprendo a pregare, alimento la mia preghiera, rivolgendomi a Dio come Padre e pregando-con-altri, pregando con la Chiesa, accettando il dono delle sue parole, che mi diventano poco a poco familiari e ricche di senso. Il dialogo che Dio stabilisce con ciascuno di noi, e noi con Lui, nella preghiera include sempre un «con»; non si può pregare Dio in modo individualista. Nella preghiera liturgica, soprattutto l'Eucaristia, e - formati dalla liturgia - in ogni preghiera, non parliamo solo come singole persone, bensì entriamo nel «noi» della Chiesa che prega. E dobbiamo trasformare il nostro «io» entrando in questo «noi»".
La liturgia allora non è una specie di "auto-manifestazione" di una comunità, ma è invece "l'uscire dal semplice «essere-se-stessi», essere chiusi in se stessi". È "entrare nella grande comunità vivente, nella quale Dio stesso ci nutre. La liturgia implica universalità", "non è mai solamente l'evento di una comunità singola, con una sua collocazione nel tempo e nello spazio. E' importante che ogni cristiano si senta e sia realmente inserito in questo «noi» universale, che fornisce il fondamento e il rifugio all'«io», nel Corpo di Cristo che è la Chiesa".
"La Chiesa - ha concluso - si rende visibile in molti modi: nell'azione caritativa, nei progetti di missione, nell'apostolato personale che ogni cristiano deve realizzare nel proprio ambiente. Però il luogo in cui la si sperimenta pienamente come Chiesa è nella liturgia: essa è l'atto nel quale crediamo che Dio entra nella nostra realtà e noi lo possiamo incontrare, lo possiamo toccare. È l'atto nel quale entriamo in contatto con Dio: Egli viene a noi, e noi siamo illuminati da Lui. Per questo, quando nelle riflessioni sulla liturgia noi centriamo la nostra attenzione soltanto su come renderla attraente, interessante e bella, rischiamo di dimenticare l'essenziale: la liturgia si celebra per Dio e non per noi stessi; è opera sua; è Lui il soggetto; e noi dobbiamo aprirci a Lui e lasciarci guidare da Lui e dal suo Corpo che è la Chiesa".
Nel saluto in italiano, infine, Benedetto XVI ha ricordato la sua visita di domani a Loreto e ha chiesto ai fedeli di pregare per il buon esito del Sinodo sulla nuova evangelizzazione e per l'Anno della fede.