Papa: la fede, "la" risposta a un mondo in crisi
Città del Vaticano (AsiaNews) - La fede è "la" risposta a un mondo nel quale "vero" sembra essere solo ciò che è sperimentalmente verificabile, mentre tutto il resto riguarda le convinzioni personali, e nel quale non c'è posto per "la verità grande, la verità che spiega l'insieme della vita personale e sociale", che anzi "è guardata con sospetto". La fede è "la luce" che apre all'incontro con l'amore originario e "affidabile" di Dio, in cui appare il senso e la bontà della nostra vita, capace, quindi, di "valorizzare la ricchezza delle relazioni umane, la loro capacità di mantenersi, di essere affidabili, di arricchire la vita comune". Essa "non allontana dal mondo e non risulta estranea all'impegno concreto dei nostri contemporanei. Senza un amore affidabile nulla potrebbe tenere veramente uniti gli uomini. L'unità tra loro sarebbe concepibile solo come fondata sull'utilità, sulla composizione degli interessi, sulla paura, ma non sulla bontà di vivere insieme, non sulla gioia che la semplice presenza dell'altro può suscitare".
Perché la fede, è il filo conduttore della "Lumen fidei", prima enciclica firmata da papa Francesco, ma frutto di un lavoro che egli stesso ha definito "a quattro mani" che "aveva cominciato papa Benedetto XVI" per l'Anno della fede. "Lui me l'ha consegnata, è un documento forte. Il grande lavoro lo ha fatto lui". Documento corposo, 93 pagine nell'edizione italiana, suddiviso in quattro capitoli
Il documento inizia con una costatazione: la fede, che un tempo era "una luce che illumina tutto il percorso della strada", nell'epoca moderna si è pensato "potesse bastare per le società antiche, ma non servisse per i nuovi tempi, per l'uomo diventato adulto, fiero della sua ragione, desideroso di esplorare in modo nuovo il futuro". Che, anzi, la fede sarebbe "una illusione di luce", "un salto nel vuoto che compiamo per mancanza di luce, spinti da un sentimento cieco; o come una luce soggettiva, capace forse di riscaldare il cuore, di portare una consolazione privata, ma che non può proporsi agli altri come luce oggettiva e comune per rischiarare il cammino".
"È urgente perciò recuperare il carattere di luce proprio della fede, perché quando la sua fiamma si spegne anche tutte le altre luci finiscono per perdere il loro vigore. La luce della fede possiede, infatti, un carattere singolare, essendo capace di illuminare tutta l'esistenza dell'uomo (n. 2)". Il recupero parte da Abramo, "padre della nostra fede". Egli ha ascoltato la parola di Dio, ha risposto alla sua chiamata, si è fidato della sua promessa. E "la Parola di Dio, anche se porta con sé novità e sorpresa, non risulta per nulla estranea all'esperienza del Patriarca. Nella voce che si rivolge ad Abramo, egli riconosce un appello profondo, inscritto da sempre nel cuore del suo essere (n. 11)". "Quel Dio che chiede ad Abramo di affidarsi totalmente a Lui si rivela come la fonte da cui proviene ogni vita. In questo modo la fede si collega con la Paternità di Dio, dalla quale scaturisce la creazione: il Dio che chiama Abramo è il Dio creatore, Colui che « chiama all'esistenza le cose che non esistono » (Rm 4,17), Colui che « ci ha scelti prima della creazione del mondo... predestinandoci a essere suoi figli adottivi » (Ef 1,4-5) (n. 11)".
Abramo, dunque, si fida di Dio e "Gesù è la manifestazione piena dell'affidabilità di Dio", "la vita di Gesù appare come il luogo dell'intervento definitivo di Dio, la suprema manifestazione del suo amore per noi". "La nostra cultura ha perso la percezione di questa presenza concreta di Dio, della sua azione nel mondo. Pensiamo che Dio si trovi solo al di là, in un altro livello di realtà, separato dai nostri rapporti concreti. Ma se fosse così, se Dio fosse incapace di agire nel mondo, il suo amore non sarebbe veramente potente, veramente reale" (n. 17). La Risurrezione, invece, fa di Gesù un "testimone affidabile" dell'azione di Dio nella storia. Per questo "crediamo a Gesù" e "crediamo in Gesù" accogliendolo nella nostra vita. Grazie alla fede, l'uomo si salva, perché si apre a un Amore che lo precede e lo trasforma dall'interno. "Il credente impara a vedere se stesso a partire dalla fede che professa: la figura di Cristo è lo specchio in cui scopre la propria immagine realizzata. E come Cristo abbraccia in sé tutti i credenti, che formano il suo corpo, il cristiano comprende se stesso in questo corpo, in relazione originaria a Cristo e ai fratelli nella fede. L'immagine del corpo non vuole ridurre il credente a semplice parte di un tutto anonimo, a mero elemento di un grande ingranaggio, ma sottolinea piuttosto l'unione vitale di Cristo con i credenti e di tutti i credenti tra loro (cfr Rm 12,4-5). I cristiani sono "uno" (cfr Gal 3,28), senza perdere la loro individualità, e nel servizio agli altri ognuno guadagna fino in fondo il proprio essere" (n. 22).
Fuori dalla presenza dello Spirito, è impossibile confessare il Signore. Perciò "la fede ha una forma necessariamente ecclesiale, si confessa dall'interno del corpo di Cristo, come comunione concreta dei credenti. È da questo luogo ecclesiale che essa apre il singolo cristiano verso tutti gli uomini" (n. 22). Perciò "la fede non è un fatto privato, una concezione individualistica, un'opinione soggettiva", ma nasce dall'ascolto ed è destinata a pronunciarsi e a diventare annuncio.
Ma "la fede senza verità non salva". Il legame tra fede e verità parte dall'affermazione che "poiché Dio è affidabile, è ragionevole avere fede in Lui, costruire la propria sicurezza sulla sua Parola". "Richiamare la connessione della fede con la verità è oggi più che mai necessario, proprio per la crisi di verità in cui viviamo. Nella cultura contemporanea si tende spesso ad accettare come verità solo quella della tecnologia: è vero ciò che l'uomo riesce a costruire e misurare con la sua scienza, vero perché funziona, e così rende più comoda e agevole la vita. Questa sembra oggi l'unica verità certa, l'unica condivisibile con altri, l'unica su cui si può discutere e impegnarsi insieme. Dall'altra parte vi sarebbero poi le verità del singolo, che consistono nell'essere autentici davanti a quello che ognuno sente nel suo interno, valide solo per l'individuo e che non possono essere proposte agli altri con la pretesa di servire il bene comune. La verità grande, la verità che spiega l'insieme della vita personale e sociale, è guardata con sospetto. Non è stata forse questa - ci si domanda - la verità pretesa dai grandi totalitarismi del secolo scorso, una verità che imponeva la propria concezione globale per schiacciare la storia concreta del singolo? Rimane allora solo un relativismo in cui la domanda sulla verità di tutto, che è in fondo anche la domanda su Dio, non interessa più. È logico, in questa prospettiva, che si voglia togliere la connessione della religione con la verità, perché questo nesso sarebbe alla radice del fanatismo, che vuole sopraffare chi non condivide la propria credenza. Possiamo parlare, a questo riguardo, di un grande oblio nel nostro mondo contemporaneo. La domanda sulla verità è, infatti, una questione di memoria, di memoria profonda, perché si rivolge a qualcosa che ci precede e, in questo modo, può riuscire a unirci oltre il nostro "io" piccolo e limitato. È una domanda sull'origine di tutto, alla cui luce si può vedere la meta e così anche il senso della strada comune" (n. 25).
"In questa situazione, può la fede cristiana offrire un servizio al bene comune circa il modo giusto di intendere la verità?". La risposta è nel fatto che la fede è legata alla verità e all'amore, inteso non come "un sentimento che va e viene", ma come il grande amore di Dio Padre che ci trasforma interiormente e ci dona occhi nuovi per vedere la realtà. "La conoscenza della fede, per il fatto di nascere dall'amore di Dio che stabilisce l'Alleanza, è conoscenza che illumina un cammino nella storia. È per questo, inoltre, che, nella Bibbia, verità e fedeltà vanno insieme: il Dio vero è il Dio fedele". Allora "amore e verità non si possono separare" (n. 27), perché solo l'amore vero supera la prova del tempo e diventa fonte di conoscenza. E poiché la conoscenza della fede nasce dall'amore fedele di Dio, "verità e fedeltà vanno insieme".
Oggi, però, la verità "è ridotta spesso ad autenticità soggettiva del singolo, valida solo per la vita individuale. Una verità comune ci fa paura, perché la identifichiamo con l'imposizione intransigente dei totalitarismi. Se però la verità è la verità dell'amore, se è la verità che si schiude nell'incontro personale con l'Altro e con gli altri, allora resta liberata dalla chiusura nel singolo e può fare parte del bene comune. Essendo la verità di un amore, non è verità che s'imponga con la violenza, non è verità che schiaccia il singolo. Nascendo dall'amore può arrivare al cuore, al centro personale di ogni uomo. Risulta chiaro così che la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l'altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall'irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti" (n. 34).
D'altra parte, la luce della fede, in quanto unita alla verità dell'amore, non è aliena al mondo materiale. "Essa illumina anche la materia, confida nel suo ordine, conosce che in essa si apre un cammino di armonia e di comprensione sempre più ampio. Lo sguardo della scienza riceve così un beneficio dalla fede: questa invita lo scienziato a rimanere aperto alla realtà, in tutta la sua ricchezza inesauribile. La fede risveglia il senso critico, in quanto impedisce alla ricerca di essere soddisfatta nelle sue formule e la aiuta a capire che la natura è sempre più grande. Invitando alla meraviglia davanti al mistero del creato, la fede allarga gli orizzonti della ragione per illuminare meglio il mondo che si schiude agli studi della scienza" (n. 34).
La fede, dunque, come "via", che, proprio per questo "riguarda anche la vita degli uomini che, pur non credendo, desiderano credere e non cessano di cercare. Nella misura in cui si aprono all'amore con cuore sincero e si mettono in cammino con quella luce che riescono a cogliere, già vivono, senza saperlo, nella strada verso la fede. Essi cercano di agire come se Dio esistesse, a volte perché riconoscono la sua importanza per trovare orientamenti saldi nella vita comune, oppure perché sperimentano il desiderio di luce in mezzo al buio, ma anche perché, nel percepire quanto è grande e bella la vita, intuiscono che la presenza di Dio la renderebbe ancora più grande" (n. 35).
E "poiché la fede è una luce, ci invita a inoltrarci in essa, a esplorare sempre di più l'orizzonte che illumina, per conoscere meglio ciò che amiamo. Da questo desiderio nasce la teologia cristiana. È chiaro allora che la teologia è impossibile senza la fede e che essa appartiene al movimento stesso della fede" (n. 36). Essa, poi, "condivide la forma ecclesiale della fede". "Ciò implica, da una parte, che la teologia sia al servizio della fede dei cristiani, si metta umilmente a custodire e ad approfondire il credere di tutti, soprattutto dei più semplici. Inoltre, la teologia, poiché vive della fede, non consideri il Magistero del Papa e dei Vescovi in comunione con lui come qualcosa di estrinseco, un limite alla sua libertà, ma, al contrario, come uno dei suoi momenti interni, costitutivi, in quanto il Magistero assicura il contatto con la fonte originaria, e offre dunque la certezza di attingere alla Parola di Cristo nella sua integrità" (n. 36).
Questo riguarda anche l'evangelizzazione. Chi si è aperto all'amore di Dio, "non può tenere questo dono per sé". "La trasmissione della fede, che brilla per tutti gli uomini di tutti i luoghi, passa anche attraverso l'asse del tempo, di generazione in generazione". C'è quindi un legame tra fede e memoria, perché l'amore di Dio mantiene uniti tutti i tempi. Ed è anche "impossibile credere da soli", perché la fede non è "un'opzione individuale", apre l'io al "noi" e avviene sempre "all'interno della comunione della Chiesa". Per questo "chi crede non è mai solo".
Un "mezzo speciale" con il quale avviene la trasmissione della fede sono i sacramenti. "In essi si comunica una memoria incarnata, legata ai luoghi e ai tempi della vita, associata a tutti i sensi; in essi la persona è coinvolta, in quanto membro di un soggetto vivo, in un tessuto di relazioni comunitarie. Per questo, se è vero che i Sacramenti sono i Sacramenti della fede, si deve anche dire che la fede ha una struttura sacramentale" (n. 40).
E la fede è "una". E' "una", in primo luogo, "per l'unità del Dio conosciuto e confessato", "è una perché si rivolge all'unico Signore, alla vita di Gesù, alla sua storia concreta che condivide con noi", "è una perché è condivisa da tutta la Chiesa, che è un solo corpo e un solo Spirito" (n. 47). E "dato che la fede è una sola, deve essere confessata in tutta la sua purezza e integrità. Proprio perché tutti gli articoli di fede sono collegati in unità, negare uno di essi, anche di quelli che sembrerebbero meno importanti, equivale a danneggiare il tutto". "Come servizio all'unità della fede e alla sua trasmissione integra, il Signore ha dato alla Chiesa il dono della successione apostolica. Per suo tramite, risulta garantita la continuità della memoria della Chiesa ed è possibile attingere con certezza alla fonte pura da cui la fede sorge" (n. 48).
La fede, poi, grazie alla sua connessione con l'amore, "si pone al servizio concreto della giustizia, del diritto e della pace. La fede nasce dall'incontro con l'amore originario di Dio in cui appare il senso e la bontà della nostra vita". "La luce della fede è in grado di valorizzare la ricchezza delle relazioni umane, la loro capacità di mantenersi, di essere affidabili, di arricchire la vita comune", "fa comprendere l'architettura dei rapporti umani, perché ne coglie il fondamento ultimo e il destino definitivo in Dio, nel suo amore, e così illumina l'arte dell'edificazione, diventando un servizio al bene comune. Sì, la fede è un bene per tutti, è un bene comune, la sua luce non illumina solo l'interno della Chiesa, né serve unicamente a costruire una città eterna nell'aldilà; essa ci aiuta a edificare le nostre società, in modo che camminino verso un futuro di speranza" (n. 51).
"Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia. Penso anzitutto all'unione stabile dell'uomo e della donna nel matrimonio". "In famiglia, la fede accompagna tutte le età della vita", "per questo è importante che i genitori coltivino pratiche comuni di fede nella famiglia, che accompagnino la maturazione della fede dei figli. Soprattutto i giovani, che attraversano un'età della vita così complessa, ricca e importante per la fede, devono sentire la vicinanza e l'attenzione della famiglia e della comunità ecclesiale nel loro cammino di crescita nella fede" (n. 53).
Ma la fede la fede "diventa luce per illuminare tutti i rapporti sociali". "Come esperienza della paternità di Dio e della misericordia di Dio, si dilata poi in cammino fraterno". "Nel procedere della storia della salvezza, l'uomo scopre che Dio vuol far partecipare tutti, come fratelli, all'unica benedizione, che trova la sua pienezza in Gesù, affinché tutti diventino uno". E grazie alla fede che "abbiamo capito la dignità unica della singola persona". "Al centro della fede biblica, c'è l'amore di Dio, la sua cura concreta per ogni persona, il suo disegno di salvezza che abbraccia tutta l'umanità e l'intera creazione e che raggiunge il vertice nell'Incarnazione, Morte e Risurrezione di Gesù Cristo. Quando questa realtà viene oscurata, viene a mancare il criterio per distinguere ciò che rende preziosa e unica la vita dell'uomo. Egli perde il suo posto nell'universo, si smarrisce nella natura, rinunciando alla propria responsabilità morale, oppure pretende di essere arbitro assoluto, attribuendosi un potere di manipolazione senza limiti" (n. 54).
La fede, inoltre, ci fa rispettare maggiormente la natura, "facendoci riconoscere in essa una grammatica" scritta da Dio e "una dimora a noi affidata perché sia coltivata e custodita; ci aiuta a trovare modelli di sviluppo che non si basino solo sull'utilità e sul profitto, ma che considerino il creato come dono, di cui tutti siamo debitori; ci insegna a individuare forme giuste di governo, riconoscendo che l'autorità viene da Dio per essere al servizio del bene comune. La fede afferma anche la possibilità del perdono, che necessita molte volte di tempo, di fatica, di pazienza e di impegno; perdono possibile se si scopre che il bene è sempre più originario e più forte del male, che la parola con cui Dio afferma la nostra vita è più profonda di tutte le nostre negazioni" (n. 55). E "quando la fede viene meno, c'è il rischio che anche i fondamenti del vivere vengano meno".
Il cristiano, infine, "sa che la sofferenza non può essere eliminata, ma può ricevere un senso, può diventare atto di amore, affidamento alle mani di Dio che non ci abbandona e, in questo modo, essere una tappa di crescita della fede e dell'amore. Contemplando l'unione di Cristo con il Padre, anche nel momento della sofferenza più grande sulla croce (cfr Mc 15,34), il cristiano impara a partecipare allo sguardo stesso di Gesù. Perfino la morte risulta illuminata e può essere vissuta come l'ultima chiamata della fede" (n. 56). "La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino. All'uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce" (. 57).