Papa: la famiglia migrante, un "valore positivo" del quale facilitare l'integrazione
Nel messaggio per la 93ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, Benedetto XVI sottolinea le difficoltà che incontra chi lascia il proprio Paese. La lotta al traffico di esseri umani, con donne e bambini possibili vittime di sfruttamento anche sessuale. Sono peggiorate le condizioni delle famiglie dei rifugiati.
Città del Vaticano (AsiaNews) La famiglia migrante rappresenta un "valore positivo", che da un lato rende necessario predisporre interventi "legislativi, giuridici e sociali per facilitare l'integrazione" e combattere il traffico di esseri umani e dall'altro richiede alle famiglie immigrate un atteggiamento aperto e positivo verso la società che li accoglie, per costruire insieme una comunità integrata, che sia "casa comune" di tutti. Si sviluppa sul tema "La famiglia migrante" il messaggio di Benedetto XVI per la 93ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che sarà celebrata il 14 gennaio 2007, reso pubblico oggi.
Preoccupato per le "condizioni peggiorate" delle famiglie dei rifugiati, oltre che per la condizione di tutti coloro che per diversi motivi debbono lasciare il Paese d'origine, il Papa "incoraggia la ratifica degli strumenti internazionali legali tesi a difendere i diritti dei migranti, dei rifugiati e delle loro famiglie".
Il messaggio papale indica nel "dramma della Famiglia di Nazaret, obbligata a rifugiarsi in Egitto", "la dolorosa condizione di tutti i migranti, specialmente dei rifugiati, degli esuli, degli sfollati, dei profughi, dei perseguitati. Intravediamo le difficoltà di ogni famiglia migrante, i disagi, le umiliazioni, le strettezze e la fragilità di milioni e milioni di migranti, profughi e rifugiati".
"Tante scrive il Papa - sono le difficoltà che incontra la famiglia del migrante. La lontananza fra i suoi membri e il mancato ricongiungimento sono spesso occasione di rottura degli originari legami. Si instaurano rapporti nuovi e nascono nuovi affetti; si dimenticano il passato e i propri doveri, posti a dura prova dalla lontananza e dalla solitudine. Se non si assicura alla famiglia immigrata una reale possibilità di inserimento e di partecipazione, è difficile prevedere un suo sviluppo armonico".
Benedetto XVI ricorda poi la Convenzione internazionale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, entrata in vigore il l° luglio 2003, "riconosce il valore della famiglia anche per quel che riguarda l'emigrazione, fenomeno ormai strutturale delle nostre società". La Chiesa, aggiunge, "incoraggia la ratifica" degli accordi che difendono i diritti dei migranti, dei rifugiati e delle loro famiglie, ed offre, varie strutture di aiuto.
Benedetto XVI osserva poi che "già molto si sta lavorando per l'integrazione delle famiglie degli immigrati, anche se tanto resta da fare. Esistono effettive difficoltà connesse ad alcuni 'meccanismi di difesa' della prima generazione immigrata, che rischiano di costituire un impedimento per un'ulteriore maturazione dei giovani della seconda generazione. Ecco perché si rende necessario predisporre interventi legislativi, giuridici e sociali per facilitare tale integrazione. Negli ultimi tempi prosegue il messaggio - è aumentato il numero delle donne che lasciano il proprio Paese d'origine alla ricerca di migliori condizioni di vita, in vista di più promettenti prospettive professionali. Non poche però sono quelle donne che finiscono vittime del traffico di esseri umani e della prostituzione".
Una particolare sottolineature, nel documento papale, è dedicata alle famiglie dei rifugiati, "le cui condizioni sembrano peggiorate rispetto al passato, anche per quanto riguarda proprio il ricongiungimento dei nuclei familiari. Nei campi loro destinati, alle difficoltà logistiche, a quelle personali legate ai traumi e allo stress emozionale per le tragiche esperienze vissute, si unisce qualche volta persino il rischio del coinvolgimento di donne e bambini nello sfruttamento sessuale, come meccanismo di sopravvivenza. In questi casi occorre un'attenta presenza pastorale che, oltre all'assistenza capace di lenire le ferite del cuore, offra un sostegno da parte della comunità cristiana in grado di ripristinare la cultura del rispetto e di far riscoprire il vero valore dell'amore. Occorre incoraggiare chi è interiormente distrutto a recuperare la fiducia in se stesso. Bisogna poi impegnarsi perché siano garantiti i diritti e la dignità delle famiglie e venga assicurato ad esse un alloggio consono alle loro esigenze. Ai rifugiati va chiesto di coltivare un atteggiamento aperto e positivo verso la società che li accoglie, mantenendo una disponibilità attiva alle proposte di partecipazione per costruire insieme una comunità integrata, che sia 'casa comune' di tutti".
La riflessione di Benedetto XVI tocca infine il problema degli studenti di altri Paesi, "che si ritrovano lontani da casa, senza un'adeguata conoscenza della lingua, talora privi di amicizie e in possesso non raramente di borse di studio insufficienti. Ancor più grave diviene la loro condizione quando si tratta di studenti sposati. Con le sue Istituzioni la Chiesa si sforza di rendere meno dolorosa la mancanza del sostegno familiare di questi giovani studenti, e li aiuta ad integrarsi nelle città che li accolgono, mettendoli in contatto con famiglie pronte ad ospitarli e a facilitarne la reciproca conoscenza. Come ho avuto modo di dire in altra occasione, venire in aiuto degli studenti esteri è 'un importante campo d'azione pastorale. Infatti, i giovani che lasciano il proprio Paese per motivo di studio vanno incontro a non pochi problemi e soprattutto al rischio di una crisi d'identità' (L'Osservatore Romano, 15 dicembre 2005)". (FP)