Papa: la "cultura dello scarto, applicata anche a Dio" all'origine dei tanti conflitti che feriscono il mondo
Città del Vaticano (AsiaNews) - La "cultura dello scarto, applicata anche a Dio" è all'origine dei tanti fatti, dal fondamentalismo al rifiuto verso chi è costretto a lasciare la sua terra, che contrastano il desiderio di pace che c'è nel mondo. E' questa la chiave di lettura che papa Francesco ha dato delle vicende internazionali dell'anno appena concluso nel discorso rivolto nella Sala Regia del Palazzo apostolico ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno.
In questa occasione tradizionale per il papa di esaminare la situazione mondiale, Francesco ha fatto un lungo elenco di conflitti dal Medio Oriente, alla Nigeria, dal Pakistan alla Libia, "vera e propria guerra mondiale combattuta a pezzi". Ha ricordato gli attentati di Parigi, e anche gli stupri. Ma non solo ombre. Nel lungo discorso del Papa ci sono le luci dei nuovi rapporti tra Stati Uniti e Cuba, la trattativa sul nucleare iraniano, la volontà di chiudere Guantanamo, la lotta contro l'Ebola, il dialogo interreligioso in Turchia, la pacifica convivenza tra fedi diverse in Albania.
Il discorso del Papa è partito dall'immagine del Natale, dove accanto agli angeli che annunciano la pace, c'è la "drammatica realtà" del rifiuto. "Gli stessi racconti della Natività ci mostrano il cuore indurito dell'umanità, che fatica ad accogliere il Bambino. Fin da subito anche Lui viene scartato, lasciato fuori al freddo, costretto a nascere in una stalla poiché non c'era posto nell'alloggio (cfr Lc 2,7). E se così è stato trattato il Figlio di Dio, quanto più lo sono tanti nostri fratelli e sorelle! C'è un'indole del rifiuto che ci accomuna, che induce a non guardare al prossimo come ad un fratello da accogliere, ma a lasciarlo fuori dal nostro personale orizzonte di vita, a trasformarlo piuttosto in un concorrente, in un suddito da dominare. Si tratta di una mentalità che genera quella cultura dello scarto che non risparmia niente e nessuno: dalle creature, agli esseri umani e perfino a Dio stesso. Da essa nasce un'umanità ferita e continuamente lacerata da tensioni e conflitti di ogni sorta".
"Nei racconti evangelici dell'infanzia ne è emblema il re Erode, che sentendo minacciata la propria autorità dal Bambino Gesù fa uccidere tutti gli infanti di Betlemme. Il pensiero corre subito al Pakistan, dove un mese fa oltre cento bambini sono stati trucidati con inaudita ferocia. Alle loro famiglie desidero rinnovare il mio personale cordoglio e l'assicurazione della mia preghiera per i tanti innocenti che hanno perso la vita. A una dimensione personale del rifiuto, si associa così inevitabilmente una dimensione sociale, una cultura che rigetta l'altro, recide i legami più intimi e veri, finendo per sciogliere e disgregare tutta quanta la società e per generare violenza e morte. Ne abbiamo una triste eco in numerosi fatti della cronaca quotidiana, non ultima la tragica strage avvenuta a Parigi alcuni giorni fa".
"Constatiamo con dolore le conseguenze drammatiche di questa mentalità del rifiuto e della «cultura dell'asservimento» nel continuo dilagare dei conflitti. Come una vera e propria guerra mondiale combattuta a pezzi, essi toccano, seppure con forme e intensità diverse, varie zone del pianeta, a partire dalla vicina Ucraina, divenuta drammatico teatro di scontro e per la quale auspico che, attraverso il dialogo, si consolidino gli sforzi in atto per fare cessare le ostilità". Dialogo serve anche tra israeliani e palestinesi alla ricerca di una pace "che permetta tanto al popolo palestinese che a quello israeliano di vivere finalmente in pace, entro confini chiaramente stabiliti e riconosciuti internazionalmente, così che 'la soluzione di due Stati' diventi effettiva".
"Il Medio Oriente è purtroppo attraversato anche da altri conflitti, che si protraggono ormai da troppo tempo e i cui risvolti sono agghiaccianti anche per il dilagare del terrorismo di matrice fondamentalista in Siria ed in Iraq. Tale fenomeno è conseguenza della cultura dello scarto applicata a Dio. Il fondamentalismo religioso, infatti, prima ancora di scartare gli esseri umani perpetrando orrendi massacri, rifiuta Dio stesso, relegandolo a un mero pretesto ideologico. Di fronte a tale ingiusta aggressione, che colpisce anche i cristiani e altri gruppi etnici e religiosi della Regione, occorre una risposta unanime che, nel quadro del diritto internazionale, fermi il dilagare delle violenze, ristabilisca la concordia e risani le profonde ferite che il succedersi dei conflitti ha provocato. In questa sede faccio perciò appello all'intera comunità internazionale, così come ai singoli Governi interessati, perché assumano iniziative concrete per la pace e in difesa di quanti soffrono le conseguenze della guerra e della persecuzione e sono costretti a lasciare le proprie case e la loro patria". Un pensiero particolare, in proposito, Francesco ha rivolto ai cristiani, senza i quali il Medio Oriente sarebbe "sfigurato e mutilato! Nel sollecitare la comunità internazionale a non essere indifferente davanti a tale situazione, auspico che i leader religiosi, politici e intellettuali specialmente musulmani, condannino qualsiasi interpretazione fondamentalista ed estremista della religione, volta a giustificare tali atti di violenza".
Il pensiero del Papa è andato poi alla Nigeria, dove ha ricordato anche "il tragico fenomeno dei sequestri di persone, sovente di giovani ragazze rapite per essere fatte oggetto di mercimonio". "Un esecrabile commercio che non può continuare". Ancora in Africa Francesco ha ricordato i conflitti in Libia, Repubblica Centrafricana, Sudan e Sud Sudan, il Corno d'Africa e la Repubblica democratica del Congo. Anche per tali situazioni Francesco ha auspicato "un impegno comune dei singoli governi e della comunità internazionale affinché si ponga fine ad ogni sorta di lotta, di odio e di violenza e ci si impegni in favore della riconciliazione, della pace e della difesa della dignità trascendente della persona".
"Non bisogna poi dimenticare che le guerre portano con sé un altro orrendo crimine che è lo stupro. È una gravissima offesa alla dignità della donna, che non solo viene violata nell'intimità del suo corpo, ma pure nella sua anima, con un trauma che difficilmente potrà essere cancellato e le cui conseguenze sono anche di carattere sociale. Purtroppo, si verifica che anche laddove non c'è guerra troppe donne ancor oggi soffrono violenza nei loro confronti".
"Tutti i conflitti bellici rivelano il volto più emblematico della cultura dello scarto, a causa delle vite che deliberatamente vengono calpestate da parte di chi detiene la forza. Vi sono però forme più sottili e subdole di rifiuto, che egualmente alimentano tale cultura. Penso anzitutto al modo con cui vengono spesso trattati i malati, isolati ed emarginati come i lebbrosi di cui parla il Vangelo. Tra i lebbrosi del nostro tempo vi sono le vittime di questa nuova e tremenda epidemia di Ebola, che, specialmente in Liberia, Sierra Leone e Guinea, ha già falcidiato oltre seimila vite. Desidero oggi pubblicamente elogiare e ringraziare quegli operatori sanitari che, insieme a religiosi e volontari, prestano ogni possibile cura ai malati e ai loro familiari, soprattutto ai bambini rimasti orfani. In pari tempo, rinnovo il mio appello a tutta la comunità internazionale perché venga assicurata un'adeguata assistenza umanitaria ai pazienti e vi sia un impegno comune per debellare il morbo".
"Accanto alle vite scartate a causa delle guerre o delle malattie, vi sono quelle di numerosi profughi e rifugiati". Persone in fuga dai conflitti che non vanno "in cerca di un futuro migliore, ma semplicemente di un futuro, poiché rimanere nella propria patria può significare una morte certa. Quante persone perdono la vita in viaggi disumani, sottoposte alle angherie di veri e propri aguzzini avidi di denaro?". "Vi è poi un altro dato allarmante: molti migranti, soprattutto nelle Americhe, sono bambini soli, più facile preda dei pericoli, necessitando di maggiore cura, attenzione e protezione". "Giunti spesso senza documenti in terre sconosciute di cui non parlano la lingua, è difficile per i migranti venire accolti e trovare lavoro. Oltre alle incertezze della fuga, essi sono costretti ad affrontare anche il dramma del rifiuto. È dunque necessario un cambio di atteggiamento nei loro confronti, per passare dal disinteresse e dalla paura ad una sincera accettazione dell'altro". "Nel ringraziare quanti, anche al costo della vita, si adoperano per portare soccorso ai rifugiati e ai migranti, esorto tanto gli Stati quanto le Organizzazioni internazionali ad agire con impegno per risolvere tali gravi situazioni umanitarie e a fornire ai Paesi di origine dei migranti aiuti per favorirne lo sviluppo socio-politico e il superamento dei conflitti interni, che sono la causa principale di tale fenomeno".
"Ma accanto ai migranti, ai profughi e ai rifugiati, vi sono tanti altri «esiliati nascosti» (Angelus, 29 dicembre 2013), che vivono all'interno delle nostre case e delle nostre famiglie. Penso soprattutto agli anziani e ai diversamente abili, come pure ai giovani. I primi sono oggetto di rifiuto quando vengono ritenuti un peso e «presenze ingombranti» (ibid.), mentre gli ultimi sono scartati negando loro concrete prospettive lavorative per costruirsi il proprio avvenire. D'altra parte non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro (cfr Discorso ai partecipanti all'incontro mondiale dei Movimenti Popolari, 28 ottobre 2014), e che rende il lavoro una forma di schiavitù".
"La famiglia stessa è poi non di rado fatta oggetto di scarto, a causa di una sempre più diffusa cultura individualista ed egoista che rescinde i legami e tende a favorire il drammatico fenomeno della denatalità, nonché di legislazioni che privilegiano diverse forme di convivenza piuttosto che sostenere adeguatamente la famiglia per il bene di tutta la società".
"Tra le cause di tali fenomeni vi è una globalizzazione uniformante che scarta le culture stesse, recidendo così i fattori propri dell'identità di ciascun popolo che costituiscono l'imprescindibile eredità alla base di un sano sviluppo sociale. In un mondo uniformato e privo d'identità è facile cogliere il dramma e lo scoraggiamento di molte persone, che hanno letteralmente perso il senso del vivere. Tale dramma è aggravato dalla perdurante crisi economica, che genera sfiducia e favorisce la conflittualità sociale".
Ma "all'inizio di un nuovo anno non vogliamo però che il nostro sguardo sia dominato dal pessimismo, dai difetti e dalle mancanze di questo nostro tempo. Vogliamo anche ringraziare Dio per ciò che ci ha donato, per i benefici che ci ha elargito, per i dialoghi e gli incontri che ci ha concesso e per alcuni frutti di pace che ci ha dato la gioia di assaporare. Una eloquente testimonianza che la cultura dell'incontro è possibile, l'ho sperimentata nel corso della mia visita in Albania, una Nazione piena di giovani, che sono speranza per il futuro. Nonostante le ferite sofferte nella storia recente, il Paese è caratterizzato dalla «pacifica convivenza e collaborazione tra gli appartenenti a diverse religioni» (Discorso alle Autorità, Tirana, 21 settembre 2014) in un clima di rispetto e fiducia reciproca tra cattolici, ortodossi e musulmani. È un segno importante che una fede in Dio sincera apre all'altro, genera dialogo e opera per il bene, mentre la violenza nasce sempre da una mistificazione della religione stessa, assunta a pretesto di progetti ideologici che hanno come unico scopo il dominio dell'uomo sull'uomo. Parimenti, nel recente viaggio in Turchia, storico ponte fra Oriente e Occidente, ho potuto constatare i frutti del dialogo ecumenico e interreligioso, nonché l'impegno verso i profughi provenienti dagli altri Paesi del Medio Oriente. Ho ritrovato tale spirito di accoglienza anche in Giordania, che ho visitato all'inizio del mio pellegrinaggio in Terra Santa, come pure attraverso le testimonianze giunte dal Libano, al quale auspico di superare le attuali difficoltà politiche".
"Un esempio a me molto caro di come il dialogo possa davvero edificare e costruire ponti viene dalla recente decisione degli Stati Uniti d'America e di Cuba di porre fine ad un silenzio reciproco durato oltre mezzo secolo e di riavvicinarsi per il bene dei rispettivi cittadini". In tale prospettiva il Papa ha menzionato le iniziative in corso in Burkina Faso, Filippine, Colombia e Venezuela. "Auspico anche - ha detto ancora - che si possa presto pervenire ad un'intesa definitiva tra l'Iran e il cosiddetto Gruppo 5+1 circa l'utilizzo dell'energia nucleare per scopi pacifici, apprezzando gli sforzi finora compiuti. Accolgo, poi, con soddisfazione la volontà degli Stati Uniti di chiudere definitivamente il carcere di Guantánamo, rilevando la generosa disponibilità di alcuni Paesi ad accogliere i detenuti. Infine, desidero esprimere il mio apprezzamento ed incoraggiamento per quei Paesi che si stanno attivamente impegnando per favorire lo sviluppo umano, la stabilità politica e la convivenza civile tra i loro cittadini".
Ricordando che quest'anno l'Onu compie 70 anni, Francesco ha citato quanto Paolo VI ebbe a dire, nel 1965, al Palazzo di vetro: «il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell'intera umanità». "È anche - ha concluso - la mia fiduciosa invocazione per questo nuovo anno, che peraltro vedrà il prosieguo di due importanti processi: la redazione dell'Agenda di Sviluppo post-2015, con l'adozione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, e l'elaborazione di un nuovo Accordo sul clima. Il loro presupposto indispensabile è la pace, la quale, prima ancora che dalla fine di ogni guerra, sgorga dalla conversione del cuore".