13/02/2013, 00.00
VATICANO
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Papa: il vero discepolo non serve se stesso o il "pubblico", ma il suo Signore

Ultima messa pubblica di Benedetto XVI, che ringrazia "tutti" e chiede "un particolare ricordo nella preghiera". Nella sua omelia pubblica evoca "colpe contro l'unità della Chiesa" e "divisioni nel corpo ecclesiale".

Città del Vaticano (AsiaNews) - "Il vero discepolo non serve se stesso o il "pubblico", ma il suo Signore". Ultima messa pubblica di Benedetto XVI,  che ringrazia "tutti" e chiede "un particolare ricordo nella preghiera". E' mercoledì delle Ceneri, "le circostanze" fanno svolgere in san Pietro il rito che la tradizione vorrebbe nella basilica di santa Sabina. Le spiega il Papa quando dice: "siamo numerosi intorno alla Tomba dell'Apostolo Pietro anche a chiedere la sua intercessione per il cammino della Chiesa in questo particolare momento, rinnovando la nostra fede nel Pastore Supremo, Cristo Signore".

Benedetto XVI parla di "ritorno al Signore" e di "testimonianza", di "cammino quaresimale che passa attraverso la croce", ma nella sua ultima omelia pubblica evoca "colpe contro l'unità della Chiesa" e "divisioni nel corpo ecclesiale" che deturpano il volto della Chiesa.

"La nostra testimonianza - aggiunge - sarà sempre più incisiva quanto meno cercheremo la nostra gloria e saremo consapevoli che la ricompensa del giusto è Dio stesso, l'essere uniti a Lui, quaggiù, nel cammino della fede, e, al termine della vita, nella pace e nella luce dell'incontro faccia a faccia con Lui per sempre".

Benedetto XVI appare provato. Segue con la passerella la lunga processione che dall'atrio percorre la navata della basilica. Ma la voce è chiara, riceve le ceneri dal cardinale Angelo Comastri, in quanto arciprete della basilica, le impone ai numerosi cardinali presenti, ad alcuni sacerdoti e fedeli, distribuisce la comunione. I cori sono l'unico suono che si ode. Per il resto è il silenzio ad accompagnare il Papa. I presenti "sentono" il momento. Solo un lungo, interminabile applauso, al termine della cerimonia, davanti alla commozione del Papa, evidente dopo l'indirizzo del card. Bertone che lo ringrazia "per averci dato il luminoso esempio di semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore, un lavoratore, però, che ha saputo in ogni momento realizzare ciò che è più importante: portare Dio agli uomini e portare gli uomini a Dio". Ma è un momento. "Grazie - dice - ma ritorniamo alla preghiera". L'applauso lo accompagna fin dopo che lascia la basilica.

La riflessione del Papa per l'inizio di questo "nuovo cammino quaresimale" si concentra su una frase che il profeta Gioele rivolge al popolo di Israele: «Così dice il Signore: ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti» (2,12). "Va sottolineata - dice - l'espressione «con tutto il cuore», che significa dal centro dei nostri pensieri e sentimenti, dalle radici delle nostre decisioni, scelte e azioni, con un gesto di totale e radicale libertà. Ma è possibile questo ritorno a Dio? Sì, perché c'è una forza che non risiede nel nostro cuore, ma che si sprigiona dal cuore stesso di Dio. E' la forza della sua misericordia".

Il "ritorno al Signore", ammonisce Benedetto XVI, è possibile in quanto  "è opera di Dio e frutto della fede che noi riponiamo nella sua misericordia. Ma questo ritornare a Dio diventa realtà concreta nella nostra vita solo quando la grazia del Signore penetra nell'intimo e lo scuote donandoci la forza di «lacerare il cuore». E' ancora il profeta a far risuonare da parte di Dio queste parole: «Laceratevi il cuore e non le vesti» (v.13). In effetti, anche ai nostri giorni, molti sono pronti a "stracciarsi le vesti" di fronte a scandali e ingiustizie - naturalmente commessi da altri -, ma pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio "cuore", sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta".

"Quel «ritornate a me con tutto il cuore», poi, è un richiamo che coinvolge non solo il singolo, ma la comunità", perché "la dimensione comunitaria è un elemento essenziale nella fede e nella vita cristiana. Cristo è venuto «per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» ".

"Vivere la Quaresima in una più intensa ed evidente comunione ecclesiale, superando individualismi e rivalità, è un segno umile e prezioso per coloro che sono lontani dalla fede o indifferenti".

E "il «ritornare a Dio con tutto il cuore» nel nostro cammino quaresimale - sottolinea - passa attraverso la Croce, il seguire Cristo sulla strada che conduce al Calvario, al dono totale di sé. E' un cammino in cui imparare ogni giorno ad uscire sempre più dal nostro egoismo e dalle nostre chiusure, per fare spazio a Dio che apre e trasforma il cuore".

Il Papa indica in proposito il "Discorso della montagna" nel quale "Gesù fa riferimento a tre pratiche fondamentali previste dalla Legge mosaica: l'elemosina, la preghiera e il digiuno; sono anche indicazioni tradizionali nel cammino quaresimale per rispondere all'invito di «ritornare a Dio con tutto il cuore». Ma Gesù sottolinea come sia la qualità e la verità del rapporto con Dio ciò che qualifica l'autenticità di ogni gesto religioso. Per questo Egli denuncia l'ipocrisia religiosa, il comportamento che vuole apparire, gli atteggiamenti che cercano l'applauso e l'approvazione. Il vero discepolo non serve se stesso o il "pubblico", ma il suo Signore, nella semplicità e nella generosità: «E il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,4.6.18)". (FP)

 

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