Papa: il sacerdote, colui che “parla di Dio al mondo e presenta il mondo a Dio”
Nella società secolarizzata, dice Benedetto XVI, il prete non è un operatore sociale, ma “l’uomo del sacro”, non soggetto alle mode culturali del tempo. la “vera libertà” nell’appartenenza a Dio. Il valore del “sacro celibato”
Città del Vaticano (AsiaNews) - Il sacerdote non è una specie di “operatore sociale”, ma “l’uomo del sacro”, che “parla di Dio al mondo e presenta il mondo a Dio”, che si sottrae alle mode del tempo e che, “in un contesto di diffusa secolarizzazione, che esclude progressivamente Dio dalla sfera pubblica, e, tendenzialmente, anche dalla coscienza sociale condivisa” esprima “quella libertà che solo la certezza dell’appartenenza a Dio è in grado di donare”. Benedetto XVI torna così a descrivere il sacerdote, nell’anno a lui dedicato, ribadendo anche il valore del “sacro celibato” in un momento nel quale, anche all’interno della Chiesa, si levano voci che ne chiedono la modifica, se non l’abolizione.
Incontrando oggi i partecipanti al convegno teologico internazionale promosso dalla Congregazione per il clero sul tema “Fedeltà di Cristo, Fedeltà del Sacerdote”, il Papa ha infatti parlato della “identità sacerdotale” definendola “determinante per l’esercizio del sacerdozio ministeriale nel presente e nel futuro. In un’epoca - ha aggiunto - come la nostra, così ‘policentrica’ ed incline a sfumare ogni tipo di concezione identitaria, da molti ritenuta contraria alla libertà e alla democrazia, è importante avere ben chiara la peculiarità teologica del Ministero ordinato per non cedere alla tentazione di ridurlo alle categorie culturali dominanti”. Nella società secolarizzata, spesso il sacerdote appare “estraneo” al sentire comune, “proprio per gli aspetti più fondamentali del suo ministero, come quelli di essere uomo del sacro, sottratto al mondo per intercedere a favore del mondo, costituito, in tale missione, da Dio e non dagli uomini (cfr Eb 5,1). Per tale motivo è importante superare pericolosi riduzionismi, che, nei decenni passati, utilizzando categorie più funzionalistiche che ontologiche, hanno presentato il sacerdote quasi come un “operatore sociale”, rischiando di tradire lo stesso Sacerdozio di Cristo”.
Oggi “c’è grande bisogno di sacerdoti che parlino di Dio al mondo e che presentino a Dio il mondo; uomini non soggetti ad effimere mode culturali, ma capaci di vivere autenticamente quella libertà che solo la certezza dell’appartenenza a Dio è in grado di donare”. Il sacerdote, infatti, è “proprietà” di Dio. “Questo suo ‘essere di un Altro’ deve diventare riconoscibile da tutti, attraverso una limpida testimonianza. Nel modo di pensare, di parlare, di giudicare i fatti del mondo, di servire e amare, di relazionarsi con le persone, anche nell’abito, il sacerdote deve trarre forza profetica dalla sua appartenenza sacramentale, dal suo essere profondo. Di conseguenza, deve porre ogni cura nel sottrarsi alla mentalità dominante, che tende ad associare il valore del ministro non al suo essere, ma alla sua funzione, misconoscendo, così, l’opera di Dio, che incide nell’identità profonda della persona del sacerdote, configurandolo a Sé in modo definitivo”.
”L’orizzonte dell’appartenenza ontologica a Dio costituisce, inoltre, la giusta cornice per comprendere e riaffermare, anche ai nostri giorni, il valore del sacro celibato, che nella Chiesa latina è un carisma richiesto per l’Ordine sacro (cfr Presbyterorum Ordinis, 16) ed è tenuto in grandissima considerazione nelle Chiese Orientali (cfr CCEO, can. 373). Esso è autentica profezia del Regno, segno della consacrazione con cuore indiviso al Signore e alle “cose del Signore” (1Cor 7,32), espressione del dono di sé a Dio e agli altri (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n.1579).”
”Gli uomini e le donne del nostro tempo - la conclusione di Benedetto XVI - ci chiedono soltanto di essere fino in fondo sacerdoti e nient’altro. I fedeli laici troveranno in tante altre persone ciò di cui umanamente hanno bisogno, ma solo nel sacerdote potranno trovare quella Parola di Dio che deve essere sempre sulle sue labbra (cfr Presbyterorum Ordinis, 4); la Misericordia del Padre, abbondantemente e gratuitamente elargita nel Sacramento della Riconciliazione; il Pane di Vita nuova, “vero cibo dato agli uomini” (cfr Inno dell’Ufficio nella Solennità del Corpus Domini del Rito romano).
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