Papa: i credenti rifiutino la “corruzione” violenta della religione e “coltivino” la ragione
di Franco Pisano / inviato
Benedetto XVI ripete il concetto di Regensburg sulla ragione illuminata dalla fede. Sul Monte Nebo afferma “l’inseparabile vincolo che unisce la Chiesa al popolo ebreo”. Appello perché ai cristiani iracheni sia garantito “il fondamentale diritto di pacifica coesistenza con i propri concittadini”.
Amman (AsiaNews) – Cristiani e musulmani debbono assumersi “la sfida a coltivare per il bene, nel contesto della fede e della verità, il vasto potenziale della ragione umana”: ciò mostrerà che la religione non “è necessariamente una causa di divisione nel nostro mondo” e che anzi essa “viene sfigurata quando viene costretta a servire l’ignoranza e il pregiudizio, il disprezzo, la violenza e l’abuso”. Al secondo giorno del suo viaggio in Terra Santa , in una Giordania della quale a più riprese ha lodato tolleranza e iniziative per il dialogo e l’educazione, Benedetto XVI ha affrontato uno dei temi che gli sono più cari, quello del rapporto tra fede e ragione e del compito che, anche in tale quadro, spetta alle religioni: affermare, accanto all’amore per Dio, la dignità e il valore di ogni essere umano. Al tempo stesso è tornto a ribadire “l’inseparabile vincolo che unisce la Chiesa al popolo ebreo”.
Mattinata ricca di appuntamenti, quella di oggi, cominciata con la visita al Monte Nebo, quello dal quale Mosé poté vedere la Terra promessa, proseguita con la benedizione della prima pietra della futura università del Patriarcato latino a Madaba e finita con la visita alla moschea al-Hussein bin-Talal di Amman.
Il Monte Nebo, dove il Papa ha cominciato la giornata, è una altura di circa 800 metri. Qui, racconta il capitolo conclusivo del Deuteronomio, Mosè ebbe la visione della Terra Promessa, ma nella quale il profeta non poté entrare. Nelle giornate nitide - ma oggi il cielo era un po’ velato - si vede il Mar Morto, una parte della valle del Giordano, Gerico, Betlemme e anche Gerusalemme. “Lasciatemi guardare”, ha detto Benedetto VI ai fotografi che lo chiamavano, prima di salire sulla terrazza che domina la valle.
“Sin dai primi tempi – ha detto poi - i cristiani sono venuti in pellegrinaggio ai luoghi associati alla storia del Popolo eletto, agli eventi della vita di Cristo e della Chiesa nascente”. “L’antica tradizione del pellegrinaggio ai luoghi santi – ha sottolineato - ci ricorda inoltre l’inseparabile vincolo che unisce la Chiesa al popolo ebreo. Sin dagli inizi, la Chiesa in queste terre ha commemorato nella propria liturgia le grandi figure dell’Antico Testamento, quale segno del suo profondo apprezzamento per l’unità dei due Testamenti. Possa l’odierno nostro incontro ispirare in noi un rinnovato amore per il canone della Sacra Scrittura ed il desiderio di superare ogni ostacolo che si frappone alla riconciliazione fra Cristiani ed Ebrei, nel rispetto reciproco e nella cooperazione al servizio di quella pace alla quale la Parola di Dio ci chiama!”.
A Madaba, dove è presente una consistente minoranza cristiana, per lo più ortodossa, Benedetto XVI è passato attraverso il quartiere cristiano per andare nella spianata ove sorgerà l’università, voluta dall’attuale patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, che qui è nato, nel 1940. Nel lodare una iniziativa che serve “per lo sviluppo personale e per la pace ed il progresso nella regione”, il Papa ha sottolineato che “la religione, come la scienza e la tecnologia, come la filosofia ed ogni espressione della nostra ricerca della verità, possono corrompersi. La religione viene sfigurata quando viene costretta a servire l’ignoranza e il pregiudizio, il disprezzo, la violenza e l’abuso. Qui non vediamo soltanto la perversione della religione, ma anche la corruzione della libertà umana, il restringersi e l’obnubilarsi della mente. Evidentemente, un simile risultato non è inevitabile. Senza dubbio, quando promuoviamo l’educazione proclamiamo la nostra fiducia nel dono della libertà. Il cuore umano può essere indurito da un ambiente ristretto, da interessi e da passioni. Ma ogni persona è anche chiamata alla saggezza e all’integrità, alla scelta basilare e più importante di tutte del bene sul male, della verità sulla disonestà, e può essere sostenuta in tale compito”.
“La chiamata all’integrità morale viene percepita dalla persona genuinamente religiosa dato che il Dio della verità, dell’amore e della bellezza non può essere servito in alcun altro modo. La fede matura in Dio serve grandemente per guidare l’acquisizione e la giusta applicazione della conoscenza. La scienza e la tecnologia offrono benefici straordinari alla società ed hanno migliorato grandemente la qualità della vita di molti esseri umani. Senza dubbio questa è una delle speranze di quanti promuovono questa Università, il cui motto è Sapientia et Scientia. Allo stesso tempo, la scienza ha i suoi limiti. Non può dar risposta a tutte le questioni riguardanti l’uomo e la sua esistenza. In realtà, la persona umana, il suo posto e il suo scopo nell’universo non può essere contenuto all’interno dei confini della scienza”. “L’uso della conoscenza scientifica abbisogna della luce orientatrice della sapienza etica. Tale sapienza ha ispirato il giuramento di Ippocrate, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, la Convenzione di Ginevra ed altri lodevoli codici internazionali di comportamento. Pertanto, la sapienza religiosa ed etica, rispondendo alle questioni sul senso e sul valore, giocano un ruolo centrale nella formazione professionale. Conseguentemente, quelle università dove la ricerca della verità va di pari passo con la ricerca di quanto è buono e nobile offrono un servizio indispensabile alla società”.
Questo rapporto tra fede e ragione, col conseguente rispetto dell’uomo, affrontato da Benedetto XVI nella conferenza di Regensburg del 2006, fu causa di un “malinteso” con parte del mondo islamico ed ancora oggi i Fratelli musulmani, che in Giordania sono il maggiore, seppur numericamente non grande, partito di opposizione, stanno boicottando la visita, in quanto continuano a chiedere “le scuse” del Papa. Che, da parte sua, oggi è tornato ad affrontare il tema, in occasione della visita alla moschea “al-Hussein bin-Talal” di Amman. Inaugurata tre anni fa da re Abdullah II, con i suoi 5.500 posti è la più grande della Giordania. La struttura comprende sale di lettura, biblioteche, sale per riunioni ed è contigua all’Hashemite History Museum, anch’esso visitato dal Papa. In quest’ultimo c’è, tra l’altro la Lettera di Maometto (scritta su pelle di gazzella) all’imperatore Eraclio I di Bisanzio, prima del 629, nella quale gli chiede di convertirsi all’Islam, richiesta fatta più o meno nello stesso periodo ad altri sovrani dell’epoca.
Davanti alla moschea, accolto dal principe Ghazi Bin Muhammed Bin Talal - uno dei promotori della Lettera dei 138 “saggi” musulmani – e rivolgendosi ad una platea che comprende capi religiosi, corpo diplomatico e rettori di università. il Papa ha osservato che, oggi, “alcuni asseriscono che la religione è necessariamente una causa di divisione nel nostro mondo; e per tale ragione affermano che quanto minor attenzione vien data alla religione nella sfera pubblica, tanto meglio è. Certamente, il contrasto di tensioni e divisioni fra seguaci di differenti tradizioni religiose, purtroppo, non può essere negato. Tuttavia, non si dà anche il caso che spesso sia la manipolazione ideologica della religione, talvolta a scopi politici, il catalizzatore reale delle tensioni e delle divisioni e non di rado anche delle violenze nella società? A fronte di tale situazione, in cui gli oppositori della religione cercano non semplicemente di tacitarne la voce ma di sostituirla con la loro, il bisogno che i credenti siano fedeli ai loro principi e alle loro credenze è sentito in modo quanto mai acuto. Musulmani e Cristiani, proprio a causa del peso della nostra storia comune così spesso segnata da incomprensioni, devono oggi impegnarsi per essere individuati e riconosciuti come adoratori di Dio fedeli alla preghiera, desiderosi di comportarsi e vivere secondo le disposizioni dell’Onnipotente, misericordiosi e compassionevoli, coerenti nel dare testimonianza di tutto ciò che è giusto e buono, sempre memori della comune origine e dignità di ogni persona umana, che resta al vertice del disegno creatore di Dio per il mondo e per la storia”.
“Oggi – ha proseguito - desidero far menzione di un compito che ho indicato in diverse occasioni e che credo fermamente Cristiani e Musulmani possano assumersi, in particolare attraverso il loro contributo all’insegnamento e alla ricerca scientifica, come pure al servizio alla società. Tale compito costituisce la sfida a coltivare per il bene, nel contesto della fede e della verità, il vasto potenziale della ragione umana. I Cristiani in effetti descrivono Dio, fra gli altri modi, come Ragione creatrice, che ordina e guida il mondo. E Dio ci dota della capacità a partecipare a questa Ragione e così ad agire in accordo con ciò che è bene. I Musulmani adorano Dio, Creatore del Cielo e della Terra, che ha parlato all’umanità. E quali credenti nell’unico Dio, sappiamo che la ragione umana è in se stessa dono di Dio, e si eleva al piano più alto quando viene illuminata dalla luce della verità di Dio. In realtà, quando la ragione umana umilmente consente ad essere purificata dalla fede non è per nulla indebolita; anzi, è rafforzata nel resistere alla presunzione di andare oltre ai propri limiti. In tal modo, la ragione umana viene rinvigorita nell’impegno di perseguire il suo nobile scopo di servire l’umanità, dando espressione alle nostre comuni aspirazioni più intime, ampliando, piuttosto che manipolarlo o restringerlo, il pubblico dibattito. Pertanto l’adesione genuina alla religione – lungi dal restringere le nostre menti – amplia gli orizzonti della comprensione umana. Ciò protegge la società civile dagli eccessi di un ego ingovernabile, che tende ad assolutizzare il finito e ad eclissare l’infinito; fa sì che la libertà sia esercitata in sinergia con la verità, ed arricchisce la cultura con la conoscenza di ciò che riguarda tutto ciò che è vero, buono e bello.
“Una simile comprensione della ragione, che spinge continuamente la mente umana oltre se stessa nella ricerca dell’Assoluto – ha proseguito - pone una sfida: contiene un senso sia di speranza sia di prudenza. Insieme, Cristiani e Musulmani sono sospinti a cercare tutto ciò che è giusto e retto. Siamo impegnati ad oltrepassare i nostri interessi particolari e ad incoraggiare gli altri, particolarmente gli amministratori e i leader sociali, a fare lo stesso al fine di assaporare la soddisfazione profonda di servire il bene comune, anche a spese personali. Ci viene ricordato che proprio perché è la nostra dignità umana che dà origine ai diritti umani universali, essi valgono ugualmente per ogni uomo e donna, senza distinzione di gruppi religiosi, sociali o etnici ai quali appartengano. Sotto tale aspetto, dobbiamo notare che il diritto di libertà religiosa va oltre la questione del culto ed include il diritto – specie per le minoranze – di equo accesso al mercato dell’impiego e alle altre sfere della vita civile”.
Ai presenti, infine, Benedetto XVI ha sottolineato la presenza di Emmanuel III Delly, patriarca di Baghdad. “La sua presenza richiama alla mente i cittadini del vicino Iraq, molti dei quali hanno trovato cordiale accoglienza qui in Giordania. Gli sforzi della comunità internazionale nel promuovere la pace e la riconciliazione, insieme con quelli dei leader locali, devono continuare in vista di portare frutto nella vita degli iracheni. Esprimo il mio apprezzamento per tutti coloro che sostengono gli sforzi volti ad approfondire la fiducia e a ricostruire le istituzioni e le infrastrutture essenziali al benessere di quella società. Ancora una volta, chiedo con insistenza ai diplomatici ed alla comunità internazionale da essi rappresentata, come anche ai leader politici e religiosi locali, di compiere tutto ciò che è possibile per assicurare all’antica comunità cristiana di quella nobile terra il fondamentale diritto di pacifica coesistenza con i propri concittadini”.
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