23/10/2019, 10.18
VATICANO
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Papa: i contrasti nella Chiesa si risolvono con dialogo e discernimento

“La Chiesa è chiamata a essere sempre con le porte aperte, così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa”. In Cile si cerchi nel dialogo una soluzione alla crisi.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Il “metodo ecclesiale per la risoluzione dei conflitti” è fondato sul dialogo e sul discernimento compiuto alla luce dello Spirito. “È lo Spirito, infatti, che aiuta a superare le chiusure e le tensioni e lavora nei cuori perché giungano, nella verità e nel bene, all’unità”. Lo ha ricordato papa Francesco nella catechesi per l’udienza generale di oggi, al termine della quale ha lanciato un appello perché in Cile si cerchi nel dialogo una soluzione alla crisi.

Alle 20mila persone presenti in piazza san Pietro, continuando il ciclo di catechesi sugli Atti degli Apostoli, Francesco ha incentrato la sua meditazione sul tema: «Dio ha aperto ai pagani la porta della fede» (At 14,27). La missione di Paolo e Barnaba e il concilio di Gerusalemme (Brano biblico: dagli Atti degli Apostoli, 15, 7-11).

“Il libro degli Atti degli Apostoli narra che San Paolo, dopo l’incontro trasformante con Gesù, viene accolto dalla Chiesa di Gerusalemme grazie alla mediazione di Barnaba e inizia ad annunciare Cristo. Però, a causa dell’ostilità di alcuni, è costretto a trasferirsi a Tarso, la sua città natale, dove Barnaba lo raggiunge per coinvolgerlo nel lungo viaggio della Parola di Dio”, che è narrato dagli Atti. “Luca ci mostra che questo viaggio comincia in seguito a una forte persecuzione (cfr At 11,19); ma questa, invece di provocare una battuta d’arresto per l’evangelizzazione, diventa un’opportunità per allargare il campo dove spargere il buon seme della Parola. I cristiani non si spaventano, devono fuggire, ma portano la Parola”.

“Paolo e Barnaba arrivano dapprima ad Antiochia di Siria, dove si fermano un anno intero per insegnare e aiutare la comunità a mettere radici (cfr At 11,26). Antiochia diventa così il centro di propulsione missionaria, grazie alla predicazione con cui i due evangelizzatori incidono sui cuori dei credenti, che qui vengono chiamati per la prima volta «cristiani» (cfr At 11,26)”.

“Emerge dal Libro degli Atti la natura della Chiesa, che non è una roccaforte, ma una tenda capace di allargare il suo spazio (cfr Is 54,2) e di dare accesso a tutti. La Chiesa è ‘in uscita’ o non è Chiesa, è in cammino, è allargata sempre, è «una Chiesa con le porte aperte» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 46), «chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. [...]La Chiesa è chiamata a essere sempre con le porte aperte, così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa» (ibid., 47)”.

“Però questa novità delle porte aperte ai pagani scatena una controversia molto animata. Alcuni giudei affermano la necessità della circoncisione per la salvezza. Dicono: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati» (At 15,1)”. “Per dirimere la questione, Paolo e Barnaba consultano il consiglio degli Apostoli e degli anziani a Gerusalemme, e ha luogo quello che è ritenuto il primo concilio della storia della Chiesa, il concilio o assemblea di Gerusalemme, cui fa riferimento Paolo nella Lettera ai Galati (2,1-10). Viene affrontata una questione teologica, spirituale e disciplinare molto delicata: il rapporto tra la fede in Cristo e l’osservanza della Legge di Mosè. Decisivi nel corso dell’assemblea sono i discorsi di Pietro e Giacomo, «colonne» della Chiesa-madre (cfr At 15,7-21; Gal 2,9). I due  invitano a non imporre la circoncisione ai pagani, ma a chiedere loro soltanto di rigettare l’idolatria e tutte le sue espressioni. Tale decisione, ratificata con la cosiddetta lettera apostolica inviata ad Antiochia, rappresenta anche il pensiero che Paolo esprime nelle sue lettere: «In Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione», ma «la fede che si rende operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6) o «l’essere nuova creatura» (Gal 6,15).

“Cosa dice a noi il racconto dell’assemblea di Gerusalemme? Esso ci offre una luce importante sulle modalità con cui affrontare le divergenze e ricercare la «verità nella carità» (Ef 4,15). Ci ricorda che il metodo ecclesiale per la risoluzione dei conflitti si basa sul dialogo fatto di ascolto attento e paziente e sul discernimento compiuto alla luce dello Spirito. È lo Spirito, infatti, che aiuta a superare le chiusure e le tensioni e lavora nei cuori perché giungano, nella verità e nel bene, all’unità. Questo testo ci aiuta a comprendere la sinodalità. Interessante come scrivono gli apostoli, cominciano la lettera dicendo ‘lo Spirito Santo e noi crediamo che…’”. “Chiediamo al Signore di rafforzare in tutti i cristiani, specialmente nei vescovi e nei presbiteri, il desiderio e la responsabilità della comunione. Ci aiuti a vivere il dialogo, l’ascolto e l’incontro con i fratelli nella fede e con i lontani, per gustare e manifestare la fecondità della Chiesa, chiamata ad essere in ogni tempo «madre gioiosa» di molti figli (cfr Sal 113,9)”.

E’ stato al termine dell’incontro che Francesco ha detto di seguire “con preoccupazione quanto sta accadendo in Cile. Mi auguro – ha aggiunto - che, ponendo fine alle violente manifestazioni, attraverso il dialogo ci si adoperi per trovare soluzioni alla crisi e far fronte alle difficoltà che l’hanno generata, per il bene dell’intera popolazione”.

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