10/04/2009, 00.00
VATICANO
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Papa: contempliamo il volto che ha cambiato il mondo, rispondendo all’odio con l’amore

Al termine della Via Crucis Benedetto XVI ricorda quanti, “affascinati” da Gesù, lo hanno seguito e che, non uccidendo, ma lasciandosi uccidere, sono divenenuti martiri. E anche oggi quante persone “uniscono i loro patimenti a quelli del Crocifisso e diventano apostoli di un vero rinnovamento spirituale e sociale!”.
Roma (AsiaNews) - E’ un invito a contemplare il “volto sfigurato dell’Uomo dei dolori”, che “si riflette in quello di ogni persona umiliata ed offesa, ammalata e sofferente, sola, abbandonata e disprezzata” ed è “l’apice della rivelazione dell’amore di Dio per ciascuno di noi” la riflessione di Benedetto XVI al termine della Via Crucis che, come ogni Venerdì santo, si è svolta stasera nella cornice impareggiabilmente suggestiva del Colosseo. Alla fine della quale, ancora una volta, ha ricordato le vittime del terrremoto in Abruzzo.
 
Di fronte al monumento che per tradizione simboleggia le persecuzioni subite dai primi cristiani, il Papa - che ha seguito il rito in ginocchio dal rilievo che fronteggia il Colosseo - ha ricordato quelle “schiere di uomini e donne” che nel corso dei secoli, da quell’amore “si sono lasciati affascinare” e “hanno seguito Lui, facendo a loro volta, come Lui e grazie al suo aiuto, della propria vita un dono ai fratelli. Sono i santi ed i martiri, molti dei quali restano a noi sconosciuti”. E anche oggi quante persone “uniscono i loro patimenti a quelli del Crocifisso e diventano apostoli di un vero rinnovamento spirituale e sociale!”.
 
Di persecuzioni e di martiri già si era sentita l’eco, durante il lento cammino della croce, accompagnato dalla preghiera di decine di migliaia di fedeli, nelle meditazioni di mons. Thomas Menamparampil, vescovo di Guwahati, in quell’India che, negli ultimi mesi ha conosciuto la violenza cieca contro i fedeli di Gesù.
 
Ma nella Via Crucis già si intravede la Pasqua, per la quale il Papa ha fatto gli auguri ai presenti e la fine di Cristo, che “avrebbe dovuto segnare il trionfo definitivo dell’odio e della morte sull’amore e sulla vita”, “ha cambiato il mondo non uccidendo gli altri, ma lasciandosi uccidere appeso ad una croce”.
 
Questo il testo integrale delle parole del Papa:
 
Al termine del drammatico racconto della Passione, l’evangelista san Marco annota: " Il centurione, che si trovava di fronte a lui avendolo visto spirare in quel modo disse: "Davvero quest’uomo era Figlio di Dio !" (Mc 15, 39). Non può non sorprenderci la professione di fede di questo soldato romano, che aveva assistito al succedersi delle varie fasi della crocifissione. Quando le tenebre della notte si apprestavano a scendere su quel Venerdì unico nella storia, quando ormai il sacrificio della Croce si era consumato e i presenti si affrettavano per poter celebrare regolarmente la Pasqua ebraica, le poche parole, carpite dalle labbra di un anonimo comandante della truppa romana, risuonarono nel silenzio dinanzi a quella morte molto singolare. Questo ufficiale della truppa romana, che aveva assistito all’esecuzione di uno dei tanti condannati alla pena capitale, seppe riconoscere in quell’Uomo crocifisso il Figlio di Dio, spirato nel più umiliante abbandono. La sua fine ignominiosa avrebbe dovuto segnare il trionfo definitivo dell’odio e della morte sull’amore e sulla vita. Ma così non fu! Sul Golgota si ergeva la Croce da cui pendeva un uomo ormai morto, ma quell’Uomo era il "Figlio di Dio", come ebbe a confessare il centurione - "vedendolo morire così", precisa l’evangelista.
 
La professione di fede di questo soldato ci viene riproposta ogni volta che riascoltiamo il racconto della Passione secondo san Marco. Questa sera anche noi, come lui, ci soffermiamo a fissare il volto esanime del Crocifisso, al termine di questa tradizionale Via Crucis, che ha riunito, grazie ai collegamenti radiotelevisivi, molta gente da ogni parte del mondo. Abbiamo rivissuto la vicenda tragica di un Uomo unico nella storia di tutti i tempi, che ha cambiato il mondo non uccidendo gli altri, ma lasciandosi uccidere appeso ad una croce. Quest’Uomo, apparentemente uno di noi, che mentre viene ucciso perdona i suoi carnefici, è il "Figlio di Dio", che - come ci ricorda l’apostolo Paolo - " non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo… umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce" (Fil 2,6-8).
 
La dolorosa passione del Signore Gesù non può non muovere a pietà anche i cuori più duri, poiché costituisce l’apice della rivelazione dell’amore di Dio per ciascuno di noi. Osserva san Giovanni: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16). E’ per amore nostro che Cristo muore in croce! Lungo il corso dei millenni, schiere di uomini e donne si sono lasciati affascinare da questo mistero e hanno seguito Lui, facendo a loro volta, come Lui e grazie al suo aiuto, della propria vita un dono ai fratelli. Sono i santi ed i martiri, molti dei quali restano a noi sconosciuti. Anche in questo nostro tempo, quante persone, nel silenzio della loro quotidiana esistenza, uniscono i loro patimenti a quelli del Crocifisso e diventano apostoli di un vero rinnovamento spirituale e sociale! Cosa sarebbe l’uomo senza Cristo? Osserva sant’Agostino: "Ti saresti trovato sempre in uno stato di miseria, se Lui non ti avesse usato misericordia. Non saresti ritornato a vivere, se Lui non avesse condiviso la tua morte. Saresti venuto meno, se Lui non fosse venuto in tuo aiuto. Ti saresti perduto, se Lui non fosse arrivato" ( Discorso 185,1). Perché allora non accoglierLo nella nostra vita?
 
Fermiamoci questa sera a contemplare il Suo volto sfigurato: è il volto dell’Uomo dei dolori, che si è fatto carico di tutte le nostre angosce mortali. Il suo volto si riflette in quello di ogni persona umiliata ed offesa, ammalata e sofferente, sola, abbandonata e disprezzata. Versando il suo sangue, Egli ci ha riscattati dalla schiavitù della morte, ha spezzato la solitudine delle nostre lacrime, è entrato in ogni nostra pena ed in ogni nostro affanno.
 
Fratelli e sorelle! Mentre svetta la Croce sul Golgota, lo sguardo della nostra fede si proietta verso l’alba del Giorno nuovo ed assaporiamo già la gioia e il fulgore della Pasqua. " Se siamo morti con Cristo, - scrive san Paolo - crediamo che anche vivremo con Lui" (Rm 6,8). Con questa certezza, continuiamo il nostro cammino. Domani, Sabato Santo, veglieremo pregando insieme a Maria, la Vergine Addolorata, preghiamo soprattutto con tutti i sofferenti della terra terremotata dell’Aquila, preparandoci così a celebrare, nella solenne Veglia pasquale, il prodigio della risurrezione del Signore.
 
Fin d’ora auguro a tutti: Buona Pasqua nella luce del Signore risorto!
 
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