Papa: colui che maledice "merita l'inferno"
Città del Vaticano (AsiaNews) - "'Potare' un po' la nostra lingua, 'potare' un poco i commenti che facciamo verso gli altri o le esplosioni che ci portano all'insulto o alle arrabbiature facili". Nella messa celebrata stamattina nella Casa santa Marta - e segnata da "nostalgia argentina" per la presenza del personale delle ambasciate e dei consolati dell'Argentina in Italia e presso la Fao - papa Francesco è tornato a condannare le "chiacchiere" che mirano a denigrare l'altro.
Se a maggio aveva stigmatizzato "disinformazione, diffamazione e calunnia", oggi ha ricordato le parole di Gesù: colui che maledice "merita l'inferno". Il Papa, riferisce la Radio Vaticana, commentava le parole che Gesù rivolge agli apostoli, dopo le Beatitudini e l'affermazione di non essere venuto a dissolvere la Legge mosaica.
Colui che "entra nella vita cristiana", ha detto Francesco, "ha esigenze superiori a quelle degli altri", "non ha vantaggi superiori". E Gesù menziona alcune di queste esigenze e tocca in particolare "il tema del rapporto negativo con i fratelli". Colui che maledice, afferma Gesù, "merita l'inferno". Se nel proprio cuore c'è "qualcosa di negativo" verso il fratello "c'è qualcosa che non funziona e ti devi convertire, devi cambiare". "L'arrabbiatura è un insulto contro il fratello, è già qualcosa che si dà nella linea della morte", "lo uccide". Nella tradizione latina, ha osservato il Papa, c'è come una "creatività meravigliosa" nell'inventare epiteti. Ma, ha ammonito, "quando questo epiteto è amichevole va bene, il problema è quando c'è l'altro epiteto", quando c'è "il meccanismo dell'insulto", "una forma di denigrazione dell'altro".
"E non c'è bisogno di andare dallo psicologo per sapere che quando uno denigra l'altro è perché lui stesso non può crescere e ha bisogno che l'altro sia abbassato, per sentirsi un qualcuno". E' questo è "un meccanismo brutto". Gesù, ha evidenziato, "con tutta la semplicità dice": "Non parlate male l'uno dell'altro. Non denigratevi. Non squalificatevi". E ciò "perché in fondo tutti stiamo camminando sulla stessa strada", "tutti andiamo su quella strada che ci porterà alla fine". Quindi "se la cosa non va per una strada fraterna, tutti finiremo male: quello che insulta e l'insultato". "Se uno non è capace di dominare la lingua, si perde", e del resto "l'aggressività naturale, quella che ha avuto Caino con Abele, si ripete nell'arco della storia". Non è che siamo cattivi, "siamo deboli e peccatori". Ecco perché è "molto più semplice", "sistemare una situazione con un insulto, con una calunnia, con una diffamazione che sistemarla con le buone".
"Io vorrei chiedere al Signore che ci dia a tutti la grazia di fare attenzione maggiormente alla lingua, riguardo a quello che diciamo degli altri". E' "una piccola penitenza ma dà buoni frutti". "Delle volte uno rimane affamato" e pensa: "Che peccato che non ho gustato il frutto di un commento delizioso contro l'altro". Ma "alla lunga quella fame fruttifica e ci fa bene". Ecco perché dobbiamo chiedere al Signore questa grazia: adeguare la nostra vita "a questa nuova Legge, che è la Legge della mitezza, la Legge dell'amore, la Legge della pace, e almeno 'potare' un po' la nostra lingua, 'potare' un poco i commenti che facciamo verso gli altri o le esplosioni che ci portano all'insulto o alle arrabbiature facili. Che il Signore ci conceda a tutti questa grazia!".